Massimo PIATTELLI PALMARINI, Jerry FODOR, Gli errori di Darwin, traduzione italiana di Virginio B. SALA, Supervisione scientifica di Massimo PIATTELLI PALMARINI, Feltrinelli, Milano 2010
Posto, dunque, che la tesi principale da dimostrare sia quella esposta, che cioè non è la se-lezione naturale a governare l'evoluzione delle specie, la prima fortezza da assediare è senz'altro quella adattamentista. Anzitutto per smentire che la teoria evoluzionistica abbia un carattere uni-dimensionale o eminentemente unidimensionale: mutazioni genetiche casuali si proiettano sui fe-notipi, che a loro volta si adattano all'ambiente (o non si adattano, provocando l'estinzione). Ciò che qui viene ampiamente negato è quello che poeticamente è stato chiamato la "genetica della cesta di semi". E realmente, è stato dimostrato che la gamma dei fenotipi è ampiamente filtrata da vincoli endogeni e che la selezione esogena non opera mai su tratti isolati. Ora, se tutto ciò non ci mette ancora nelle condizioni di escludere del tutto che la selezione naturale sia determinante per l'evoluzione delle specie, tuttavia possiamo avanzare un paio di deduzioni, sia pure in via provviso-ria. Concesso che la gamma dei fenotipi sia filtrata da ben precisi vincoli endogeni, ciò può accade-re perché tale meccanismo non è né cieco né casuale, come peraltro vorrebbe l'ortodossia neo-darwiniana; maggiore è il peso della selezione endogena, minore risulterà il rilievo di quella eso-gena adattamentista. Ma con quale incidenza? Con quali risvolti sulla coerenza dei processi di se-lezione naturale? A tele proposito, è il caso di evidenziare la rilevanza di un certo numero di pro-cessi che noi semineremo per così dire a spaglio, ma che nel libro vengono accuratamente argo-mentati. È appena il caso di rilevare che questi processi non solo sfuggono alle spiegazioni adatta-tive, ma piuttosto le contraddicono apertamente; si tratta della selezione senza adattamento, l'assimilazione genetica, la plasticità genotipica e fenotipica, la contingenza, le esplosioni improvvi-se di nuove forme, gli elementi trasponibili, le regolazioni epigenetiche, l'intercambiabilità delle relazioni a fattori interni ed esterni. Data la prominenza e la frequenza di questi processi, possia-mo dire che il paradigma della selezione naturale a questo punto "scricchiola". Quelli appena no-minati sono in effetti casi normativi ormai ben conosciuti, ampiamente documentati in letteratura da parte di vari studiosi. È pertanto opportuno chiedersi a questo punto se un siffatto numero di casi non mini dalle fondamenta la selezione naturale proprio in quanto modello, in quanto para-digma. In effetti, sì; secondo quanto emerge dal libro, possiamo senz'altro ammettere una spiega-zione storica della genealogia della specie, ignorando però quali meccanismi con precisione abbia-no determinato la speciazione, poiché la selezione naturale presenta molti e gravi difetti e nelle mani degli autori del libro sembra essersi "sbriciolata" assumendo appunto le sembianze della Sto-ria naturale. Si può inoltre pensare l'evoluzione solo nei termini di un processo locale; infine, ciò che conta è la relazione tra un organismo e la sua ecologia effettiva. La selezione naturale potreb-be avere qualche chance se solo si potesse ammettere la validità della concetto di "selezione-per", la quale presuppone però la presenza operosa di una qualche intelligenza, di una mente. D'altronde è stato lo stesso Darwin a fare l'esempio dell'allevatore. Pensare che esista un mecca-nismo del tutto naturalistico di selezione per i tratti fenotipici ci fa tuttavia sconfinare nell'adattamentismo, da cui è fin troppo facile scivolare nell'equivoco: da una parte vengono invo-cate solo spiegazioni naturalistiche, ma poi si propone il modello dell'allevatore. Se, come sembra, non è possibile comprendere il mondo attuale senza fare ricorso a mondi controfattuali, è chiaro che da questo punto di vista è necessario ammettere ciò che maggiormente è sensibile ai contro-fattuali ossia le menti. Da questo equivoco si viene fuori o per la semplice ammissione dell'esistenza di una mente ordinatrice oppure negando con altrettanta semplicità l'adattamentismo, la selezione-per e da ultimo la selezione naturale. Dunque, quali siano le leggi che regolino il complicatissimo meccanismo dell'evoluzione non è dato saperlo. Gli stessi scienziati Piattelli Palmarini e Fodor si rifiutano categoricamente di proporre un nuovo paradigma. La Comu-nità scientifica, dal canto suo, esprime le proprie posizioni in merito nel mutuo disaccordo, tra quanti accettano le leggi della selezione naturale e dell'adattamentismo così come sono uscite dall'ingegno dello stesso Darwin e quanti, invece, hanno piena consapevolezza del fatto che la se-lezione naturale e l'adattamentismo non siano in grado, da sole, di rendere conto dell'evoluzione, salvo poi considerare questi che noi abbiamo definito casi normativi alla stregua di eccezioni che per così dire servono per "salvare i fenomeni". Il darwinismo è dunque divenuto un chiché buono per tutte sensibilità e per tutte le stagioni? In effetti, sembrerebbe di sì. Il darwinismo conserva gran parte della propria vitalità e ancora oggi se ne possono trarre molte cose buone e fruttuose per la scienza. E tuttavia c'è di più; un di più cui possiamo essere ammessi chiamando in causa le leggi della matematica e quelle fisico-chimiche, le quali sono in grado di fornire al livello di genera-lizzazione più alto utili indizi circa l'evoluzione, ma che sono allo stesso tempo estranei alla sele-zione naturale e all'adattamentismo. Come è possibile che tanti organismi differenti si siano evolu-ti seguendo (alla cieca?) le leggi di potenza del quarto, ossia facendo in modo che tutti i sistemi biologici possedessero quattro dimensioni? Può essere questo il frutto della selezione naturale e dell'adattamento? Con ogni probabilità la risposta a quest'ultima domanda non può che essere e-lusiva, così come rimane in uno stato di assoluta incertezza la questione di fondo che anima tutte le ricerche di Piattelli Palmarini e Fodor: se ci sia dato sapere o no quali siano i meccanismi della speciazione. Non lo sappiamo, dunque, ma assieme a loro è nondimeno nostro dovere affidarci al-la ricerca, avere fede che questi nodi verranno sciolti in un futuro, confidiamo, non troppo lonta-no. Magari convogliando le ricerche che verranno nell'ampio alveo di un darwinismo riconsiderato alla luce della vetusta dottrina di Georges Louis Leclerc conte di Buffon e della sua Histoire naturel-le générale et particulière avec la description du Cabinet du Roy associandole nondimeno a severi studi interdisciplinari riguardo le leggi della matematica e di quelle fisico-chimiche, s'intende. Massimiliano Magnano