Vista sul mare dal pontile di Tonfano (Marina di Pietrasanta)
Tra le Apuane e il Tirreno è Versilia. La Versilia è la più cara regione d’Italia e non lo sa, tanto è semplice. Nemmeno a dirglielo ci fa caso. Riposa lunga tra il suo mare e il suo monte, ogni tanto si fa tutta rosea. Poi s’immerge in un’estasi cheta.
Versilia è la espressione più amorosa dello spirito di Toscana. Tutti gli alberi e le strade di Toscana, e anche il confine curvo del cielo, sono d’un pallido argento: ulivi e pioppi e polvere leggera sui marmi, vene nel cielo come sui mari calmi. Diafane aurore sorgono dalle Apuane, scendono al piano e scivolano in canali fino all’orlo del mare.
Il mare è largo immobile come lo sguardo d’Iddio, anche se va in tempesta, anche se il ciclone con le sue trombe lo mischia alle nubi e lo rovescia in cielo. Un gran coro d’acque si muove nelle onde, che vengono a ornare di tanti sorrisi la spiaggia.
Le ville stanno come aiuole in faccia al mare lungo il viale litoraneo, e dietro è la pineta, pini dal tronco color di rosa, ma secchi, vero legno, non c’è niente di carnale, come in tante altre vegetazioni: tutto color verde o color marrone; appena l’aria e il sole vi si impastano, quelle piante nessuno potrebbe pensare che sono nutrite da questa terra grassa dove s’agitano vermi e lucertole e tanti umori vanno in fermento. Certo i pini si sono districati dal marmo ove stavano prigionieri per tanti secoli quando il mare era sopra tutto.
Ora nel marmo sono rimaste le venature contorte dei loro rami, brune nel marmo bianco, gialle nel nero; qua e là vedi anche il nodo del seme. Perfino gli uccelli sui rami sembrano avere piuma di pinuglioli, rametti secchi per zampe, e che non facciano nemmeno il nido ma lo scavino nelle pigne.
Tutta la gran pineta che va da Marina di Massa a Viareggio, a intervalli, poi da Viareggio fin quasi a Migliarino accompagna il mare, ha quest’anima ostinatamente vegetale: e sotto i pini alti crescono l’erica, le felci, arbusti di lecci a cespuglio. (Questo è un carattere europeo. Le foreste di tutte le altre parti del mondo sono pervase da spirito animale e carnoso).
Se uno scoiattolo s’affaccia sull’orlo della via, sembra un mucchietto di pigne caduto da un baroccio.
La strada che conduce a Viareggio dalla parte di Pisa è la più bella del mondo. Il tratta tra Migliarino e Torre del Lago, è un giardino stregato. Platani, poi lecci, poi un breve tratto di acacie introduce al rettilineo dei regali cipressi.
Viareggio – Viale dei Tigli all’altezza della Lecciona nel 1939 – foto tratta da Nuova Viareggio Ieri -N.08-agosto 1993
Quando l’esaltazione del viatore sta per arrivare al parossismo. tutt’a un tratto l’accordo cambia, senza modulare ci troviamo di fronte a uno scenario di pini, più morbidi qui di quelli del cuore di Versilia (la vera Versilia comincia per i viareggini al canale di Burlamacca, ma il cuore ne è tra il Lido di Camaiore e le foci del Cinquale); al centro di queste ondate verdi è il Tombolo e l’ingresso dell’autostrada. Poi da Torre del Lago, tigli e pini e tigli ancora, con una sola breve mutazione alla Lecciona. Ma questa strada raggiunge il massimo della sua magia, della sua compatta follia, viaggiando di notte.
Viareggio – Viale dei Tigli all’altezza della Lecciona nel 2013
Soprattutto i cipressi prendono dal lume delle stelle e dai fari della macchina una vita sublime e fredda, fatta di vertigine immobile. Perché i cipressi che nell’ombra ancora lontana ti accennavano, al tocco della nostra luce subito si fanno immoti, paion nati di polvere rappresa, alberi lunari pietrificati da millenni.
Invece più in là le chiome dei pini incipriate dai raggi si agitano come acconciature di dame nelle festa del Re.
Questo, come ho detto, è l’arrivo alla Versilia dal sud.
Arrivandoci dalla parte di nord, cioè da Marina di Massa, altro è il tono. L’accordo caratteristico di quella regione è dato dalla distesa che fa da foce al Cinquale. Dopo Ronchi e il Poveromo (pinastri, prato, trionfo di piuglioli, sentor di palude) sbocchi in una immobilità vegetale, fuori del tempo. Quanto dall’altra parte è fantasmagoria e fiaba, tanto di qua è spirito sacro e immutabile primordio.
( Massimo Bontempelli, tratto da “Stato di grazia”, 1931 )
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