Magazine Cultura
Mi fa una certa impressione pensare che poco meno di quarant’anni fa ho condiviso con Massimo Gori una giornata per me indimenticabile. Lui non era ancora nei Latte Miele, ma come spiega nel corso dell’intervista li seguiva già, e dopo poco tempo ne sarebbe divenuto membro effettivo. Era il 30 maggio 1972 e la band genovese aveva l’onere e onore di “aprire” per i Van Der Graaf Generator che di li a poco sarebbero diventati il gruppo storico e seminale che tutti conoscono. Ho ritrovato- e conosciuto - Massimo Gori il 21 gennaio 2012, al ProgLiguria, e sul palco abbiamo scambiato qualche parola dopo la sua esibizione con gli UT. E dopo pochi giorni, allo Studio Maia, in una sessione di registrazione di “Ora Che”, il progetto benefico a favore degli alluvionati di Genova, abbiamo pianificato uno scambio di battute via mail, che propongo a seguire.
L’INTERVISTA
Parto dal fondo, e cioè da quel Prog Liguria appena terminato, occasione in cui abbiamo scambiato qualche battuta sul palco, alla fine dell’esibizione degli UT. Che cosa è accaduto dopo quel concerto, dal momento che hai lasciato la formazione? Innanzitutto è importante precisare che io faccio parte dei Latte e Miele, fino dal 1974. La mia collaborazione con gli UT ( che sono ottimi musicisti ), come con altre formazioni, è o è stata sempre in veste di session man. In questo senso avevo in piedi alcune trattative ( al di fuori del circuito prog) , una delle quali si è concretizzata poco dopo il concerto di La Spezia. Ho dovuto fare una scelta e le due cose erano purtroppo incompatibili. Il prog è la musica che amo, ma chi, come me, fa il musicista di professione, sa che con questo genere in Italia non è possibile guadagnare abbastanza per vivere di musica. Recentemente lo stesso Tony Pagliuca ha reso noto, in una lettera su face book, che il suo sostentamento principale era un sussidio della S.I.A.E. Che commento potresti fare su una manifestazione del genere, ricca di contenuti ma con pubblico numericamente poco importante? Si può fare qualcosa per mettere in evidenza e dare nuovo lustro a quella che io chiamo “musica di qualità”? Si può fare qualcosa sicuramente, ma il mercato italiano è troppo piccolo numericamente perché i generi di nicchia possano essere sufficientemente rappresentativi. Quando andiamo all’estero riempiamo teatri e spazi che in Italia sarebbero impensabili. Poi non esiste una sufficiente informazione mediatica per far scoprire altri generi musicali oltre quelli nazional-popolari. Un po’ di storia. Come ti ho raccontato, il mio primo concerto da adolescente, il 30 maggio del ’72 fu quello dei Latte e Miele, nell’occasione gruppo spalla dei Van der Graaf, al Teatro Alcione. Tu non eri ancora presente, ma hai vissuto momenti successivi, significativi di quell’esperienza. Come collocheresti la band- parlo di valori e contenuti- nel contesto musicale del prog. storico? Al concerto c’ero anche io, dietro al palco. Io ed Alfio eravamo vicini di casa fin dall’età di cinque anni, abbiamo iniziato a suonare insieme, e ho sempre collaborato con la band, fino dagli esordi, ma ero molto giovane e i miei volevano (giustamente ) che finissi gli studi. Appena ne ho avuto la possibilità, sono entrato in pianta stabile nella formazione, che è quella attuale (con Alfio Vitanza, Oliviero Lacagnina e Giancarlo Dellacasa ). Se dovessi dare una collocazione ai Latte e Miele sarei in difficoltà. Abbiamo sempre amato, ad esempio, le colonne sonore cinematografiche. Il nostro ultimo, “Marco Polo, sogni e viaggi”, risente molto di questa impostazione “immaginifica”, ricollocandosi per certi aspetti,vicino al primo “Passio Secundum Mattheum”. In generale abbiamo sempre lavorato molto più sul concetto di insieme che sui lunghi virtuosismi individuali. La tua carriera ha avuto momenti rilevanti e di piena soddisfazione, ma… esiste qualche rammarico per un treno che non hai voluto prendere per eccessiva cautela? Direi di no, mi sono sempre buttato in tutte le iniziative che mi hanno stimolato. A volte funziona, a volte no. Spesso ho fatto settimane di prove per un progetto che, sulla carta, doveva decollare, poi , all’ultimo, l’impresario allarga le braccia e ti dice che “… è un momento difficile”. Sono trent’anni che mi sento ripetere questa frase, per cui ci sono abituato. Mi indichi un episodio, un aneddoto o una conoscenza musicale che ricordi con piacere particolare? Stavamo partecipando al festival di Sanremo nel 1980, eravamo nella hall dell’albergo in attesa che venissero a prenderci per le prove in teatro. Ricordo che sentii, in una stanza adiacente, qualcuno che suonava un blues al pianoforte, in maniera straordinaria. Ci affacciamo ed era Billy Preston! Uno che aveva suonato con i Beatles e i Rolling Stones si stava divertendo , con grande semplicità, in mezzo a gente che andava e veniva con i bagagli. Qualcuno deve aver pensato che fosse il pianista dell’albergo! Il nostro tastierista si sedette vicino lui e cominciarono una improvvisazione a quattro mani. Ricordo ancora la semplicità e l’umiltà di un personaggio che ha suonato in dischi che hanno fatto la storia, e collaborato con molti artisti italiani che si sentivano delle star perché avevano venduto qualche copia in più degli altri, e il paragone fu scioccante. Se dovessi fare un bilancio dello stato attuale della musica che giudizio potresti dare, tra businnes, talenti, opportunità e occasioni. Non mi piace niente. Il primo problema, secondo me, è che per la mia generazione incidere un disco era un traguardo che arrivava dopo una lunga gavetta,e arrivare alla televisione era il coronamento di anni di lavoro. Oggi disco e televisione sono trampolini di lancio per ragazzi che non hanno mai fatto nient’altro che provini e un po’ di karaoke. Vengono buttati nei cosiddetti “talent show”, durano al massimo una o due stagioni e poi scompaiono. Cosa ti da più soddisfazione tra l’esibirti on stage, le partecipazioni televisive, le produzioni musicali e le composizioni di successo? Suonare dal vivo per me è un’esperienza irrinunciabile. Amo molto il lavoro in studio, ma l’adrenalina del concerto per me non ha paragoni. Ogni volta è come se fosse la prima, stessa emozione, stessa tensione. Vedere tanti artisti, tutti assieme, alla Studio Maia, in piena sintonia, in occasione della realizzazione del progetto “Ora Che”, è stato un vero piacere perché è la dimostrazione del vero valore del gioco di squadra. Ma perché i team riescono a dare il meglio solo in occasione delle emergenze? Non si potrebbe sfruttare la forza del gruppo anche nella normalità? Bisognerebbe che il mercato della musica fosse abbastanza vasto da dare spazio a tutti, ma non è così. Per cui ci sono invidie più o meno celate, rivalità e interessi individuali che solo in certe occasioni si riesce a superare. Esiste ancora una “scuola genovese”, o meglio, esistono tipologie e generi musicali omogenei in funzione della regione di provenienza? Oggi non credo più che si possa far questo discorso. Internet, e la conseguente possibilità di collaborare con artisti che vivono molto lontano dalla tua città, ha contribuito a diluire certe caratteristiche. Cosa possiamo aspettarci da Massimo Gori per il prossimo futuro? E chi può dirlo ? Io mi ritengo un musicista versatile, più che un virtuoso. Ho imparato a suonare diversi generi musicali e in situazioni diverse, per cui potrebbe capitare di vedermi in un serissimo concerto prog un giorno, e il giorno dopo a suonare disco anni 70 in un locale. Mi piace sperimentare!
Biografia Chitarrista, bassista, vocalista e autore di testi, è sulla scena del Prog e non solo dal 1974, anno in cui entra a far parte dei Latte e Miele, dopo una indispensabile gavetta in altri gruppi minori. Ha maturato altre esperienze significative suonando con nomi importanti della scena italiana, tra i quali Antonello Venditti, e Dario Baldan Bembo, alternandosi sia al basso che alla chitarra a seconda delle occasioni. Importante anche al sua esperienza televisiva: è stato per quattro anni quotidianamente sugli schermi di Rai 1 a fianco di Mariateresa Ruta in programmi come “Uno mattina “ e “ Sala Giochi”. Ha scritto testi per numerosi artisti e produzioni discografiche, e sue sono le parole di “Quelli come noi”, brano portato dai New Trolls a Sanremo. Recente la sua collaborazione con Gianni Belleno nel progetto “Il cuore dei New Trolls” che ha gettato le basi della collaborazione negli Ut, riconfermando una amicizia e una stima reciproca che in questa nuova avventura non mancherà di dare i suoi frutti.
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