Massimo Troisi è nato a San Giorgio a Cremano, comune alle porte di Napoli, il 19 Febbraio 1953 ed è cresciuto in una famiglia molto numerosa che comprendeva, a oltre ai suoi genitori e 5 fratelli, anche gli zii coi loro 5 figli e due nonni, che egli definiva “i capocomici”. Egli, infatti, prendeva ispirazione per molti dei suoi sketch da fatti accaduti in famiglia, quali gli aneddoti che la madre raccontava tornando dal mercato o episodi che avevano come protagonisti appunto i suoi nonni.
Ha cominciato a fare l’attore sin dall’adolescenza in un teatro parrocchiale insieme ad alcuni amici di infanzia, tra cui Lello Arena, e presto affittarono un garage dove mettevano in scena spettacoli ispirati alla maschera di Pulcinella. Costretto a recarsi negli Stati Uniti per un intervento al cuore, continua nella sua attività comica nel gruppo chiamato “La Smorfia”, costituito da lui, Lello Arena e Enzo Decaro. Il grande successo arriverà poi grazie al cinema, prima con “Ricomincio da tre” e poi con “Scusate il ritardo”, per culminare con “Il postino”, grazie al quale ottenne il successo internazionale che non ha potuto assaporare a causa della prematura morte, avvenuta per quei problemi cardiaci che non ha mai risolto del tutto.
Accostato sin dall’esordio cinematografico ad artisti come Totò ed Eduardo De Filippo, Troisi respinse sempre il paragone con loro perché “questa è gente che è stata trenta-quaranta anni e quindi ci ha lasciato un patrimonio”. Altro paragone ricevuto fu quello con Pulcinella, e questo mi sembra più adatto per l’estremo acume caratteristico di entrambi, nonostante sia necessario fare una distinzione molto importante: Pulcinella, nel suo atteggiamento essenzialmente di denuncia e non sottomissione verso il potere, opera una finzione di caratteristiche comportamentali che possono essere le più varie, quali ad esempio la stoltezza, la ruffianeria o l’introversione, e che gli permettono di raggiungere il suo scopo attraverso vere e proprie trame astute; l’altro invece utilizza un fattore che realmente gli appartiene e che è la timidezza. Troisi è un Pulcinella timido, impacciato, il quale non ha mai il coraggio di dire esplicitamente le cose come stanno ma che usa giri di parole, spesso aventi contenuto paradossale, per mandare il suo messaggio; il suo scopo è quello di ridicolizzare il destinatario della sua denuncia, in un modo così arguto che non lascia spazio a obiezioni e repliche.
Un Pulcinella napoletano che usa la lingua napoletana per comunicare, perché è l’unica lingua in cui afferma di saper esprimersi (famosa in questo senso l’intervista fattagli da Isabella Rossellini), ma con cui riesce a valicare i confini partenopei perché sa farsi capire, sa ridurre a semplicità concetti importanti per renderli fruibili a tutti. Troisi ha dimostrato che non vi è bisogno di parlare lo stesso idioma per comunicare, e che al tempo stesso possono esserci limiti insormontabili alla comprensione pur parlando la stessa lingua: i politici usano l’italiano per il loro “politichese” e i cittadini non li capiscono, Troisi parla solo il napoletano e si fa capire da tutti, usa ciò che può essere una barriera per infrangere le barriere.
La morte è arrivata che non aveva ancora finito di girare l’ultimo film, “Il postino”, di cui non ha voluto rimandare le riprese nonostante avesse bisogno di un trapianto cardiaco, dando questa spiegazione: “a questo film voglio consegnare fino all’ ultimo palpito del mio vecchio cuore”. In special modo verso la fine della pellicola, infatti, sul corpo e sul viso di Troisi si vedono i segni della malattia, primo tra tutti lo smagrimento, che tuttavia come detto non sono stati più forti della sua voglia di continuare a lavorare; io vedo “Il postino” come l’ultimo atto di una persona che vuole lasciare ogni cosa che ha nella sua arte per regalarla a chi guarda, all’umanità, rendendola in tal modo ancora più bella e commovente, e in effetti Massimo ci ha dato tutto, fino all’ultimo battito del suo cuore.