Non so se a vent’anni dalla sua scomparsa è già stato detto tutto su Massimo Troisi, certo è che ci ritroviamo qui a parlare ancora, a ipotizzare quello che avrebbe potuto essere il curriculum del grande artista di San Giorgio a Cremano se non ci fosse stato quel maledetto 4 giugno 1994. Dei paragoni, degli accostamenti fatti, alquanto azzardati e assurdi, si è già detto in precedenza e non mi va di tornarci sopra, l’unico lato positivo da sottolineare riguarda l’ammissione di aver perduto un protagonista assoluto della scena e il desiderio di vederlo proiettato, seppur minimamente, in qualche “attore” contemporaneo, se non altro per una comunanza geografica più che artistica. Massimo Troisi non ha lasciato eredi per il semplice motivo che nessuno ha potuto ripercorrere la sua esperienza. È una questione di corredo genetico, di condizioni ambientali, di intelletto unici e ineguagliabili. Dobbiamo accettarlo. Se si vuole ripartire, ricominciare, si può solo farlo da lui e con lui. Sì, è proprio il caso di dire: “Massimo Troisi, ricomincio da te!”.
Massimo appare per la prima volta sugli schermi cinematografici italiani il 5 maggio 1981, lo avevamo già visto in tv, era in compagnia dei compagni del trio La Smorfia (Lello Arena e Enzo De Caro) nella edizione originale del fortunato programma Non Stop, andato in onda il 20 ottobre 1977 sulla Rete Uno della RAI. Adesso Massimo si cimenta con la macchina da presa, prova a trasportare su pellicola molte delle sue idee e intuizioni messe in scena durante il periodo de La Smorfia. Il punto di partenza dell’attore e autore di San Giorgio a Cremano è sicuramente la volontà di combattere i luoghi comuni, di testimoniare i cambiamenti radicali avvenuti in primis nella città di Napoli e poi in Italia, nonché il convincimento che si può fare un atto politico di denuncia e di critica senza bisogno di calcare la mano, con levità, ridendoci sopra e accompagnando lo spettatore in una riflessione pur sempre amara ma condita con un’ironia intelligentissima, mai banale. Massimo si mostra subito come l’esatto opposto dei noiosi e boriosi artisti (o sedicenti tali) di fine anni ’60 e anni ’70, tutti intrisi di ideologia, un’ideologia asfittica, esangue, incartata su se stessa, piena di slogan urlati e furore narcisistico. Questo ragazzo dai capelli ricci e neri, magro, con il volto scavato, non allucca, non fa ammuina per convincere, soggiogare e dare prova di se stesso, il suo ingresso è titubante, timido, quasi avesse paura di disturbare. Ed eccolo così spuntare nella sua prima scena cinematografica, emergendo da un palazzo puntellato, all’indomani del sisma che ha colpito la Campania in quella triste domenica del 23 novembre 1980. Non è la solita immagine oleografica napoletana che si presenta allo spettatore, anche la colonna sonora è di un autore nuovo, Pino Daniele, che ha già rinnovato la tradizione musicale popolare partenopea. Ci accorgiamo subito della novità. Massimo già nella prima inquadratura ha compiuto una rivoluzione estetica: qualcuno lo chiama, a gran voce, è il suo vecchio compagno d’arte Lello Arena che lo stana dal buio del palazzo, altrimenti, forse, non l’avremmo visto scendere e rispondere:
Lello arriva sotto la casa di Gaetano e inizia a urlare.
Lello: Gaetano, Gaetà, Gaetano, Gaetà, Gaetanoooo, Gaetààà, Gaetanooooooooooo, Gaetààà…
Scende Gaetano correndo e vistosamente arrabbiato.
Gaetano: Ahooooo, ma che sanghe ’ra miseria allucche a ffà ’e chesta manera? Ca sta ’a gente malata, gente ca dorme… te facesse nu musso accussì. Ma che vvuò?
Lello: Vulevo sapè che stive facenno
Gaetano: Niente, steve guardanno ’o telegiornale, se permetti. ’A nu certo punto pure ’o presentatore s’è fermato. Ha detto ’no, nun’è possibile, ccà nun se po’ faticà, iate a vedè chi è stu curnuto c’allucche ’e chesta manera. T’è fa canoscere ’ra tutti quanti.
Massimo/Gaetano viene invitato da Lello ad andare al cinema con gli amici, ma lui è indeciso, non sa che fare, o meglio, non lo vuole nemmeno sapere. È uscito di casa, costretto a farlo, e questo lo indispettisce, anche se, davanti a una discussione degli amici sui sogni che hanno per tema la guerra, si incuriosisce e interviene:
Gaetano: Io m’ ’a sonno tutt’ ’e notte… mo’ tengo 26 anni, m’aggia fatte tutte ’e guerre, quelle puniche, d’indipendenza, prima guerra mondiale, seconda…’o fatto bello è che nun aggio mai sparato a nisciuno. Ogni vota che sto pe sparà a qualcheduno ’o colpo o s’inceppa o mi cade davanti al fucile…giustamente ’o nemico mi vede e s’incattivisce pecchè dice tu mi volevi sparà, mo te faccio vedè io … brangt brangt e mi spara… Secondo me è po’ fatto che io soffro d’insonnia, pecché tutte ’e notte me vaco a durmì verso le due, le tre e chiaramente chi si va ’a dormì primma ’e me e si sogna pure isso ’a guerra e se sceglie le armi migliori… io arrivo ’e 2 e trovo tutt’o scarto ’e chille ca sè so ghiute ’a durmì ’e dieci, l’undici.
Gaetano/Massimo non va al cinema, Lello resta con lui e riesce a conoscere quali sono le intenzioni del suo amico:
Gaetano: Io dimane parto. Cioè dimane me ne vaco a Firenze, addu, addu zia Antonia…
Lello: E ’nata vota Firenze, e ’nata vota zia Antonia, e poi nu parti mai.
Gaetano: Cioè, se ti sto dicendo che parto, parto… e poi me ne vaco Rafè, nu c’i’a faccio cchiù! Chell ch’è stato è stato… basta, ricomincio da tre…
Lello: Da zero!…
Gaetano: Eh?…
Lello: Da zero: ricomincio da zero.
Gaetano: Nossignore, ricomincio da… cioè… tre cose me so’ riuscite dint’a vita, pecché aggia perdere pure chest? Aggia ricomincià da zero? Da tre!