Molto diffuso negli anni 80 e 90, Mastermind è un gioco da tavola per due giocatori.
La sfida è questa: un giocatore, detto codificatore, crea una combinazione segreta di quattro chiodini colorati. L’avversario, detto decifratore, ha a disposizione 10 tentativi per indovinarla.
A ogni tentativo, il decifratore ottiene degli indizi dal codificatore: un chiodino nero per ogni pezzo giusto per colore e posizione; un chiodino bianco per ogni pezzo giusto solo per colore; uno spazio vuoto per ogni pezzo sbagliato.
Dopo la prima combinazione, creata completamente a caso, il decifratore deve elaborare un’ipotesi solida e rivederla continuamente in base ai nuovi indizi ottenuti.
Ogni mossa lascia la sua traccia tangibile sotto forma di indizio e ha valore perché viene interpretata in relazione alle precedenti. Non esistono quindi mosse sbagliate in senso assoluto. Bisogna avere la pazienza di riconoscerle e rivedere il proprio ragionamento per arrivare alla soluzione giusta.
Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio la torre di Pisa, dice Gianni Rodari.
Vi va di giocare?
The contest goes this way: a player, the codemaker, chooses a secret pattern of four code pegs. The rival, the codebreaker, has 10 tries to guess it.
At every play, the codebreaker gets evidences from codemaker: a black key peg indicates a correct color code peg placed in the right position; a white key peg indicates a correct color code peg placed in the wrong position; an empty small hole indicates a wrong code peg.
For the codebreaker, the first try is totally random; then he have to develop a solid pattern theory and ceaselessly check it according to the new evidences.
Every play leaves an evidence and that’s worth as compared with previous plays. There are no wrong plays. You have to patiently recognize them and review your hypothesis to find the solution and win.
Mistakes are useful, as necessary as our daily bread and often even beautiful: for instance, the tower of Pisa, Gianni Rodari says.
Shall you play?
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