Ammetto di essermi sintonizzata su Rai3 con un cospicuo ritardo, stavolta. Sono stata trattenuta su un altro canale da un manipolo di nani, elfi e hobbit che prendevano orchi a calci nel sedere (non amo il fantasy, ma devo ammetterlo: tra l’antipatia di De Carlo e gli occhioni di Legolas non è stato poi così difficile scegliere).
“Avete scritto un racconto assolutamente miserabile!”
Quando i titoli di coda hanno suggellato la fine (temporanea) delle peripezie di Frodo, sono tornata a Rai3, dove i quattro finalisti della puntata erano già stati scelti. Non ho visto i provini, quindi non ho ben capito di cosa parlassero i loro romanzi (fatta eccezione per i due dell’elevator pitch).
I quattro fortunati erano, nell’ordine: una centralinista di origini lettoni che vive a Granarolo (dove c’è il latte della Lola); un medico un po’ suonato ma simpatico; un magazziniere sulla quarantina; un assistente sociale romano. Come di consueto, sono stati divisi in coppie e spediti in missione per conto di Masterpiece (i primi due in carcere; i secondi due, più sfortunati, in un torpedone di ultras del Napoli). Di ritorno dalla gita, come sempre, scatta il racconto in trenta minuti col maxi-desktop alle spalle, aggravato, questa volta, dai tre giudici che polemizzavano in tempo reale sulle scelte lessicali.
Andre’, e fattela una risata.
La centralinista e il medico producono due testi dignitosi, se non altro in virtù della situazione appena descritta; gli altri due, di certo non aiutati dal tema assegnato (un racconto in terza persona sull’unica donna a bordo del pullman), risultano un po’ più sottotono: De Carlo può finalmente lasciarsi andare a un profluvio di freddi insulti, tra i quali emerge e riecheggia un impietoso “Miserabili!”. La lettone passa il turno, il medico è bocciato; gli altri due, a detta dei giudici, hanno fatto talmente schifo che il verdetto resta aperto e si va per voti basandosi sui romanzi presentati al provino: alla fine la spunta l’assistente sociale romano, nonostante i numerosi errori di ortografia del racconto (al punto che De Carlo dubita apertamente che il romanzo presentato l’abbia scritto lui).
I due selezionati incontrano quindi il coach, sempre più insopportabile a ogni puntata; stavolta ha in mano una sigaretta (spenta, per mantenere equilibrati il fascino maledetto e il politically correct) e ha già pronto il suo aperitivo di insulti per i finalisti, che apostrofa come “sfigati” prima di instradarli verso l’elevator pitch: stavolta il quarto giudice è Andrea Vitali che, dopo due minuti di malcelata insofferenza trascorsi con i due scrittori, sceglie la donna come vincitrice della puntata.
Al termine di questo quarto episodio, ho solo tre commenti:
1) Sembra che l’ossessione per l’autobiografismo stia un po’ scemando, per fortuna;
2) pesa un po’ l’assenza di romanzi (e autori) di genere, che avrebbero reso un po’ più eterogeneo il programma;
3) sarà possibile che al quarto episodio, dopo l’elevator pitch, i due autori debbano SEMPRE fingersi sorpresi quando scoprono che l’ultimo giudice aveva già letto per intero il loro romanzo?
We are watching you!