Una storia che cattura il lettore dalla prima all’ultima pagina, ambientata in una Kinshasa che, come ben sappiamo,è ricettacolo di ogni forma di corruzione: da quella politica, a tutti i livelli, a quella che s’innesta persino nelle piccole modestissime cose del quotidiano tra la povera gente.
E un protagonista, Célio Matemona, che legge la realtà (e quindi anche la “fame”, icona eterna di questo Paese) attraverso la “matematica”.
Matematica, che ha appreso e fatta propria con molta passione, grazie a un vecchio manuale appartenuto a suo padre e trovato per caso, dopo la sua morte, avvenuta nel conflitto del ’77.
E tutto, ogni aspetto del reale, da quel momento in avanti, viene letto dal giovane, con grande idealismo, attraverso formule matematiche, che lui considera quasi magiche.
Ma che, alla resa dei conti, non si dimostreranno affatto tali contro il ruvido e inattaccabile muro dell'esistenza.
C’è persino una modesta ascesa, lui disoccupato e quindi povero in canne, nel campo della politica.
E questo con relativa strumentalizzazione di chi lo sceglie e lo propone e di cui Célio è comunque consapevole fin dall’inizio, supponendo d’avere la meglio nel gioco delle parti.
Ma la resa dei conti di quest'esperienza,nel finale, lascia l’amaro in bocca e conferma l’impotenza di poter riuscire a cambiare le cose in quel genere di contesto.
Tra le righe, tuttavia, nonostante tutto sembrerebbe sconfessarlo, In Koli Jean Bofane, l’autore,congolese di nascita ma residente in Belgio da anni, classe ’54, vorrebbe essere provocatorio e suggerire a se stesso e agli altri, agli stessi congolesi, che cambiare è possibile se si dribblano le tentazioni del potere e la corruzione.
E se si lavora tutti, con convinzione, per la giustizia e l’onestà.
Sconfessando così quel pessimismo, che è divenuto ormai di maniera.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)