Oggi la poesia è necessaria più che mai. Si tratta di una sorta di umanesimo “discosto”, uno sguardo appuntito sull’ignoranza, la beata ignoranza del reale. La poesia guarda e consegna questo sguardo a chi occhi non ha, a chi non ne vuole avere. Ferisce e custodisce. Accompagna e separa.
La poesia è, dunque, una terra da abitare entro i confini di un progetto che ci riguarda come poeti, come uomini. “Land” vuole essere, appunto, progetto di visione e di attenzione, vedetta dell’oltre; anche l’oltre dalla poesia che sconfina dal proprio statuto e s’insinua nella vita, nella marginalità, nella potenzialità di tutti i linguaggi. Compito - questo della visione - della poesia tutta; di chi la fa e di chi la legge. Il lettore consegna il testo alle possibilità dell’umano; lo scaglia verso la durezza del presente; infine trascina il poeta lontano dalla propria solitudine e lo riconsegna al compito dell’agire.
Land, in questa fase, è aperto alle possibilità, alle eventualità. Un cannocchiale puntato ai margini, ai confini dell’impero. (Sebastiano Aglieco)
Qui non c’è acqua ma soltanto roccia
Roccia e non acqua e la strada di sabbia
La strada che serpeggia lassù fra le montagne
Che sono montagne di roccia senz’acqua.
Eliot, La terra desolata