Materiali da LAND: Mauro Ferrari

Da Narcyso

E’ un libro di critica, questo di Mauro Ferrari, riassuntivo di una nuova stagione di tanta poesia italiana che fa fatica a imporsi. Nomi fatti emergere come dalla nebbia di una disattenzione, di uno strascicarsi di tendenze, di pesanti eredità che Mauro cerca di inquadrare utilizzando un robustissimo strumentario critico e una riflessione a monte sul senso del fare poesia oggi.
Il libro si apre con il racconto di una storia antica: “L’immagine della fuga di Enea diventa così, ai nostri occhi di stremati epigoni di tutto, il simbolo della necessità di farsi carico della rottura dell’assedio con i giusti strumenti, quelli del coraggio, della pietas e della virgiliana techné, per portare in salvo, nel giusto modo, le giuste cose, facendo una cernita anche dolorosa ma necessaria”, p. 8.
Uno dei temi più urgenti, in effetti, è quello della costituzione di un canone, ma qui non riduttivamente inteso – nel senso di un elenco autorizzato – quanto, piuttosto, di un doppio problema: ri/definire l’oggetto, gli strumenti, la techné della poesia, e il suo compito. “La poesia è stata, di volta in volta, diverse cose: non c’è dubbio che tutti noi che facciamo versi rimpiangiamo, in un certo senso, il tempo in cui era la poesia ad esprimere la verità”, p. 15. La poesia, insomma, ha il compito di parlare delle cose che si conoscono, perché “di ciò di cui non si può parlare, bisogna tacere” (L. Wittgenstein). La poesia presuppone “un atto di volontà per allentare i gioghi imposti dal nostro essere umani, affinando il nostro linguaggio per arricchire l’esprimibile e allontanare così il confine dell’inespresso: ricerca tecnica ed insieme etica, visto che la tecnica non può essere garante di ciò che viene detto, ma solo del come”, p. 9.
Per Mauro Ferrari, insomma, la poesia si colloca nell’abito della definizione di un nuovo umanesimo:abitare poeticamente, “essere toccato dalla vicinanza dell’essenza delle cose”, p. 23.
Questo compito presuppone un nuovo orizzonte di vedute: innanzitutto una ridefinizione del tema dell’io, oggetto frammentato e specchiato, io plurale, io altro, come da tanta tradizione novecentesca. Ma l”Io può nuovamente porsi al centro del mondo, proporsi al centro di un mondo, proporsi come punto di vista. Non è più “soggetto che non sa donare ed è tutto chiuso nella propria autoconservazione”, p. 23, ma capace di “raggiungere la dimensione del dono”, p. 25.
Di conseguenza lo stile non è una formula da scegliere a seconda della situazione e della necessità – “il Postmoderno pensa che ogni stile è valido, senza gerarchia alcuna”, p. 90 – ma “la stessa energia creativa che permette la nascita di un’opera d’arte, contribuisce anche, sotto altre forme, alla definizione dell’essere umano e quindi della vita che questi costruisce con gli altri”, p. 84.
E’ una riflessione urgente sulla ricerca di un nuovo umanesimo, certo uno dei problemi più urgenti emersi a partire dagli anni novanta che pone la questione del superamento di un atteggiamento critico stagnante per cui, com’è noto, una generazione biograficamente matura, si trova ancora a dover lottare contro l’effigie potentissima della propria scomparsa. Così Mauro Ferrari osa fare dei nomi: “preferisco fare una lista di nomi sotto i cinquanta, molti dei quali sono troppo poco conosciuti e magari ancora in crescita, avendo anche pubblicato in media molto poco (una caratteristica che passa spesso inavvertita, ma che spesso è centrale per tanti motivi e tante cause). Restringo il campo a questa scelta non per amore di barricate generazionali (…) ma perché è la prima generazione che ha vissuto una nuova fase della Storia letteraria, e su cui quindi si sono consumati errori e…orrori. (…) ciascuno di questi nomi – circa venti – mi pare giustificato dall’intima necessità di ciò che ha fatto, in almeno un libro di grande novità: Corrado Bagnoli, Edoardo Zuccato, Gianfranco Lauretano, Gabriela Fantato, Sebastiano Aglieco, Antonella Anedda, Anna Maria Farabbi, Massimo Morasso, Fabio Pusterla, Paolo Febbraro, Antonio Alleva, Francesco Scaramozzino, Fabio Franzin, Stefano Massari, Marco Munaro, Pasquale Di Palmo, Giancarlo Sissa, Marco Molinari.”, p. 157. Compito urgente, dunque, ma anche restituzione di una dignità. E, non per ultimo, indicazione di un esercizio ineliminabile: quello di un lettore consapevole.
La critica e l’analisi per il superamento – o per una comprensione ormai da storicizzare – di un panorama letterario formalizzatosi a partire dagli anni settanta, è sempre accompagnata dal tentativo di rintracciare modelli teorici di riferimento, oggi più che mai necessari per distinguere operazioni di pura fantasia da poetiche in grado di considerare anche una ratio, un pensiero. Che è poi, come dire: la vera poesia andrà cercata là dove esista consapevolezza dei propri mezzi espressivi, mai svincolati da un atteggiamento sul mondo; per il mondo.

Sebastiano Aglieco


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