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Maternità a la carte

Creato il 15 ottobre 2014 da Insonniamarina

Leggo questa mattina la notizia della proposta di Apple e Google di pagare per il trattamento di congelamento degli ovuli delle dirigenti impegnate in queste famose aziende. Il Guardian, sempre attento alle questioni concernenti le donne, si fa eco della proposta e pone interessanti domande al riguardo. Le compagnie informatiche presentano la loro proposta come un ulteriore bonus offerto alle donne e lo propongono come iniziativa solidale, atta a permettere la conciliazione della vita professionale con quella familiare. Insomma questi luminari dell’epoca digitale ci dicono che come donne possiamo mettere in pausa l’orologio biologico e dedicarci da buone schiavette all’impresa per poi una volta superato il picco di produttività rilassarci e concederci anche un figlio, quando la natura vorrebbe che ormai ci dedicassimo ad altro. Ecco cosa può fare la scienza per le donne, permettere loro di postporre oltre i limiti imposti dalla natura l’aspetto riproduttivo in modo che non interferisca con l’aspetto produttivo, fondamentale per il corretto funzionamento dell’ingranaggio neoliberale. Tale proposta mi fa orrore, la trovo insultante e sminuente per le donne. Perché non si prova a mettere in atto una politica che permetta di non dover scegliere tra la maternità e il lavoro? Perché si è deciso che il modello maschile debba imporsi? Perché cerchiamo di trasformare le donne in uomini, almeno finché possono essere utili all’azienda? Non esistono forse modelli alternativi che permettano che una donna non debba rinunciare alla maternità quando la natura glielo permette? Mi sembra un macabro esperimento di fantascienza. Poco ci manca che propongano di inserire gli ovuli fecondati in madri in affitto in modo che le donne in carriera non debbano neanche perdere tempo con la gestazione. L’assurdità della proposta mi ricorda A Modest Proposal di Swift. Lui consigliava di mangiare i bambini inglesi, qui invece si propone di testarli quando faccia comodo all’impresa, dopo che la donna ha donato gli anni migliori al lavoro. Francamente mi fa orrore una società che gioca così con l’umanità della persona, che antepone la produttività aziendale a ogni altra cosa. Mi domando se chi ha pensato a tale proposta abbia mai avuto a che fare con un bebè, con una creatura indifesa che richiede cure continue e un’energia che a cinquant’anni non si ha più.

Sono cresciuta con una madre intelligente e indipendente che per una serie di circostanze ha avuto due figlie alla soglia dei quaranta, in un’epoca in cui postporre la maternità non era ancora di moda. Sebbene mia madre, una donna laureata, con una vita professionale alle spalle, mi ha sempre ripetuto che i figli bisogna averli da giovani quando si ha l’energia per crescerli. Oggigiorno fare un figlio a 37 o 38 anni sembra più che normale, anzi ci si spinge anche oltre i 40 per dare alla luce il primo figlio. Sembra che gli ostacoli posti dalla natura siano facilmente superabili, ma mi sembra che ci si dimentichi di alcuni fattori fondamentali. Come si fa a tirare su un figlio quando le forze iniziano a lasciarci? Come si fa a stare svegli tutta la notte con un neonato? Come si riuscirà a fronteggiare gli anni turbolenti dell’adolescenza alle soglie dei 60 o dei 70 anni? Ci stiamo abiuando a pensare che la vita umana non abbia limiti e che un figlio concepito a 40 o addirittura a 50 anni abbia le stesse aspettative di vita di uno concepito vent’anni prima. Mi fa pena pensare a quei figli destinati a rimanere orfani in tenera età perché i genitori hanno deciso di metterli al mondo quando faceva comodo all’impresa. Per permettere che le donne possano avere figli senza dover rinunciare alla vita professionale il metodo Findus non convince.



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