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Matteo Di Giulio: I Delitti delle Sette Virtù

Creato il 30 settembre 2013 da Fabriziofb

Firenze, 1494. Il ventenne Rafael entra in città, al termine di un cammino durato settimane, per portare a compimento una misteriosa missione. Secondo i suoi progetti dovrebbe trattarsi di una sosta brevissima; il tempo di fare quello che deve fare e andarsene. “Non vuole guai”, né, tanto meno, vuole “farsi notare”, ma, al momento del suo arrivo, si ritrova a salvare la vita al ricco Jacopo da Forlì. Quando questo, per sdebitarsi, gli offre ospitalità in casa sua, il ragazzo intravede la possibilità di completare “comodamente” la sua missione, e decide di approfittarne.
Quello che non sa, è che qualcosa di più acceso e violento delle prediche di Savonarola sta per riscuotere i fiorentini dalla loro (relativa) tranquillità: un temibile serial killer è pronto a castigare i costumi corrotti della popolazione, richiamando (e anzi “inchiodando”) i cittadini all’esercizio delle Sette Virtù…

Matteo Di Giulio, Milanese, classe 1976, già critico cinematografico, curatore della collana Inchiostro Rosso, noir di rivolta (Agenzia X) e autore di La Milano d’acqua e sabbia (Fratelli Frilli editore) e Quello che brucia non ritorna, si cimenta qui per la prima volta con il genere thriller storico, e lo fa forte della sua assidua frequentazione del genere poliziesco, o almeno così pare: benché l’opera testimoni, nella cura delle ambientazioni (assolutamente pregevoli), degli usi e costumi -dei modi, delle abitudini, dei vizi, e così via fino ad arrivare alle pietanze-, un accorto e approfondito studio preliminare, l’autore non si lascia prendere la mano dal gusto per la ricostruzione, e punta tutto sul ritmo. La voce narrante aggiusta le distanze culturali e storiche tra lettore e personaggi con qualche tocco azzeccato, e senza mai cadere nel didascalico(1).
Narrazione e dialoghi, costruiti ricorrendo a un vocabolario volutamente antiquato ma mai lezioso, sono credibili e ben scritti.
L’intreccio concepito alla perfezione, complicatissimo, fitto di depistaggi e false indicazioni, e indipanabile fino all’ultimo, si nutre in maniera perfetta delle dispute ideologiche e culturali dell’epoca, forzandole appena un po’, per piegarle ai canoni del genere(2).
Il risultato è un prodotto moderno dalle solide basi storiche; un romanzo compiuto, la cui forza va rintracciata, più che nel “pittoresco” e nella scelta -azzeccatissima- dell’ambientazione, nel senso del ritmo e della misura dimostrati dall’autore.

I delitti delle sette virtù, di Matteo Di Giulio è edito da Sperling & Kupfer.

(1)Il romanzo storico, osservato da una prospettiva realistica, è sempre e comunque frutto di un compromesso: al lettore, culturalmente distante dall’epoca raccontata, occorrono alcune informazioni per seguire gli avvenimenti narrati, e a volte persino per comprendere la psicologia dei personaggi; così, oggetti di uso quotidiano al tempo della narrazione devono essere descritti nella forma e nell’uso a beneficio dei lettori; lo stesso vale per l’abbigliamento, per gli alimenti, per certe pratiche sociali ecc. ecc. Questa distanza e il bisogno di colmarla, sono alla base di una quantità di errori stilistici e goffaggini tipiche di tanti romanzi d’ambientazione non contemporanea. In questo caso, invece, l’autore si dimostra abilissimo nel mettere il lettore a parte di quanto necessario per seguire l’intreccio, senza dar l’impressione di raccontare, e senza incrinare la naturalezza della voce narrante.
(2)Il padre di Rafael, per esempio, è talmente illuminato da parere vagamente anacronistico; alcune affermazioni sull’Inquisizione e sulle eresie sono chiaramente segnate dalla nostra distanza storica ecc. ecc.


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Da Carnesecchi Pierluigi
Inviato il 17 ottobre a 15:07

Non do giudizi , mi limito ad analizzare lo studio storico su Pierantonio Carnesecchi .Ho avuto modo di protestare con la casa editrice e con l'autore , per la caratterizzazione di questo personaggio Pierantonio nel libro del Di Giulio viene completamente svuotato della sua realta' storica e forzatamente utilizzato secondo quanto necessitava al Di Giulio ( Si puo' fare ? ) Il personaggio viene utilizzato per dare storicita' al racconto ma poi viene eviscerato della storicita che gli danno le fonti d'archivio per divenire un personaggio , mi pare , tipo il sergente Garcia nei film di Zorro , pero' un po meno bonaccione , un po meschino , un po vile e tanto per gradire un poco beone tutto cio contradicendo fonti come il Guicciardini , il Machiavelli , l'Ammirato , Il Lapini , ….. Stringatamente : Pierantonio di Francesco Carnesecchi fu Priore della Repubblica fiorentina nel 1494 . Fu uno dei pochi a muoversi braccio armato sempre nel 1494 per difendere i Medici che venivano cacciati da Firenze ( Guicciardini ), mercante di livello europeo fu consigliere della Nazione fiorentina a Lione , ed e' eternato dalle lettere del Machiavelli durante la guerra per la riconquista di Pisa del 1505 quando era Commissario della Maremma per la Repubblica fiorentina .In mezzo e dopo ci stanno molte altre cose , quindi un personaggio molto diverso da quello del romanzo che di Pierantonio pare avere solo il nome e che l'autore fa morire ubriaco in modo abbastanza truculento una decina di anni prima del tempo Questo non inficia la qualita' e il valore della prosa del Di Giulio ma meriterebbe una spiegazione

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