In un posto con un nome altolocato come il Palo Alto Cafè di Milano, Matteo Fini, ex ricercatore, già scrittore, presenterà a tutti quelli che vorranno stare ad ascoltarlo il suo libro che non c’è,#ilibrochenonce, un libro che non ha ancora pubblicato ma per cui ha già ricevuto minacce, intimidazioni, avvertimenti, consigli non voluti, confessioni e tante preoccupazioni.
Matteo Fini è un ragazzo come tanti altri con la passione per i numeri e la statistica (oh dio, in effetti non so quanti tanti siano questi altri) che come tanti altri ha lavorato nel mondo accademico italiano. E così, come tanti altri, ha avuto modo di provare con i propri occhi non solo ingiustizie e raccomandazioni (cui, come tanti, ormai siamo erroneamente abituati), ma anche ricatti, pi o meno velati, e contraffazioni.
A un certo punto, Matteo ha detto semplicemente basta: basta sopportare, basta chiudere gli occhi e andare avanti, basta avere paura, basta far finta di niente e basta sperare che le cose cambino. Il suo grido di rivolta ha iniziato a levarsi, forte e chiaro, andando contro quel sistema in cui in qualche modo era parte, per poterlo scalfire e modificare. Se vuoi cambiare le cose, insomma, iniziamo ad agire, ha pensato Matteo. Perciò, ha iniziato a buttare giù le sue impressioni e le sue emozioni, collegandole a nomi e cognomi, fatti ed eventi, giorni e ore e documenti, componendo tutti i pezzi di un puzzle che nella testa di molti è frammentato ma nella sua diventava sempre più limpido e terribilmente chiaro.
Matteo scrive questo che sarebbe già il suo secondo libro (Non è un paese per bamboccioni è uscito nel 2010 per Cairo, era un po’ più allegro, raccontava storie di giovani italiani che ce l’avevano fatta nonostante la crisi) e fa quello che farebbero tutti con un nuovo libro pronto: lo manda in giro alle varie case editrici chiedendo di pubblicarlo. E, diversamente da quello che succede di solito, l’attenzione c’è, e pure tanta; diverse case editrici sono molto interessate e avanzano delle proposte. Ma (c’è sempre un ma) ad una condizione: ripulire lo scritto di nomi e cognomi, epurarlo di tutti i riferimenti ai fatti realmente accaduti, eliminare le parti più decisamente scabrose e renderlo un saggio più o meno lucido sull’Università italiana.
“Ti denunceranno, ti faranno causa, non potrai mai più lavorare né metter piede in un luogo pubblico, ti linceranno!” Ma lui, niente, a tutti risponde nello stesso modo:“Il libro non si tocca.” Memore della lezione morettiana, le parole sono importanti. Ma i fatti anche di più. Niente politically correct per Matteo Fini: soltanto la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.
E se questo significa aspettare uno, dieci, cento anni che il libro esca, beh si aspetterà. E nel frattempo non è che se ne sta con le mani in mano, e no: nel frattempo si fa teatro. Il libro per ora è in stand by, ma Matteo ne porta in giro una versione ridotta e spettacolarizzata in un monologo teatrale.
Ecco, ora torniamo su, all’inizio di questa storia e di questo articolo: giovedì 26 novembre, Milano, la prima de Il libro che non c’è.
Chi ti ha aiutato, come ti è venuta l’idea, come hai strutturato l’evento?
L’idea nasce quasi per caso spinto dall’ondata di affetto e supporto che ho ricevuto da tutta Italia a seguito dei fatti noti. In molti mi han chiesto di portare questa storia nella loro città e non potendo portare fisicamente il libro mi sono inventato questa sorta di show. Che chiamare spettacolo è troppo ma è un modo per raccontare, stare vicini, confrontarsi e, perché no, divertirsi.
Mi sto appoggiando a chiunque nella propria città sta provando a portare lo show e poi tutto è coordinato dal mio gruppo di lavoro della Monkey Boss, tre pazzi con cui faccio cose folli come questa ma non solo.
Sulla struttura non ti svelo molto perchè sto preparando un po’ di sorprese, ti posso dire però che anche se sul palco ci sarò io, lo spettacolo lo faremo insieme. Si parlerà di Università, Ricerca, denunce, libertà di stampa, ma soprattutto proveremo a rispondere alla domanda: Ma, alla fine, questo libro, c’è o non c’è?