Il concetto, agilmente sviluppato dal mio professore di analisi al Politecnico ormai 30 anni fa, era che se si vuole riempire una vasca da bagno la soluzione non è quella di triplicare i rubinetti, ma quella di tappare i buchi.
Un esempio: cosa costa la politica in Italia ? sappiamo che la camera ha un bilancio di circa 1 miliardo e 150 milioni di euro, mentre il senato (bontà loro…) spende poco di meno, circa 1 miliardo e 80 milioni di euro. Aggiungiamo il Quirinale, che spende da solo approssimativamente 450 milioni di euro (come, sinceramente, è difficile capire, atteso che i bilanci non sono disponibili se non per sommi capi) mentre i costi diretti ed indiretti delle provincie sono pari a circa 14 miliardi di euro, concentrati per il 78% in affitti, stipendi e buonuscite dei politici, nonché nei “rimborsi spese” dei gruppi consiliari.
La stima di risparmio in caso di abolizione è di circa 11 miliardi di euro, mentre per quanto concerne le regioni il costo per assicurare lo stipendio all’esercito di consiglieri, presidenti e assessori di Regioni e province autonome pesa ogni anno sulle casse pubbliche circa 800 milioni di euro e rappresenta una delle voci più onerose per i bilanci delle Autonomie, terza dopo il costo del personale (2,9 miliardi) e le generali «spese per servizi» (1,3 miliardi), ed esclusi i trasferimenti.
Sommando i consigli regionali, provinciali e comunali, poi, la politica costa 1,4 miliardi (quasi metà dei fondi necessari per togliere l'Imu sulla prima casa), ovvero 35 euro l'anno per ogni contribuente, di cui 19 solo per le Regioni. Per fare un paragone, per le opere di sistemazione del suolo si spendono solo 25 euro per ognuno dei 41,3 milioni di contribuenti.
I dati delle uscite 2012 ribadiscono il triste primato dei costi della politica, che almeno fino all'anno scorso, sopravviveva a qualsiasi spending review: un primato in cui le Regioni surclassano gli enti locali.
Prendiamo per esempio le Province, da anni nel mirino proprio perché ritenute inutili e costose: l'affermazione è solo parzialmente smentita dai dati (almeno per quel che riguarda il costo pro capite di consiglieri e assessori provinciali) il loro costo pro capite è «solo» di 2,5 euro contro i 19 dei politici regionali e i 13 di quelli comunali.
Ovviamente se si approfondisce l’analisi il discorso cambia: analizzando il rapporto percentuale tra la spesa corrente e quella per organi istituzionali si evince che il peso economico dei rappresentanti delle Province è pari a 1,32 euro rispetto al totale della spesa corrente dello stesso ente, contro lo 0,55 dei politici regionali e l'1,07 di quelli comunali, mentre rimangono fissi i costi legati ad affitti e gestione degli immobili.
Lo Stato Italiano (dati 2010) spende per l’Amministrazione Centrale 182 miliardi di euro, per la Previdenza 298, per gli Interessi sul debito 72, per le Regioni 170 (di cui 114 Sanità, ove ci sarebbero possibilità enormi di razionalizzazione della spesa…), per i Comuni 73 ed infine per le Province 12 miliardi di euro (lievitati a 14,5 nel 2013) che corrispondono all’1,5% della spesa pubblica del nostro Paese.
Prima degli interventi operati dalle diverse manovre economiche, il costo dei 1774 amministratori provinciali (costo della politica) era di 113 milioni di euro (Fonte, Siope 2010). Rispetto alla spesa complessiva delle Province (12 miliardi di euro) i costi della politica ammontavano allo 0,9%. Dopo la manovra 2011, a regime, sulla base di quanto previsto dal decreto 78 del 2010 in materia di riduzione delle indennità degli amministratori provinciali, il costo complessivo dei 1.774 amministratori provinciali si ridurrà a circa 35 milioni di euro (Stima Upi su Fonte Siope, 2010).
I 12 miliardi di euro erano così ripartiti: 8.562.810.574 € per le spese correnti, 2.936.728.318 per quelle in conto capitale, 659.245.656 € per rimborso dei prestiti.
Il dato macroscopicamente abnorme però è quello del rapporto tra la spesa corrente e quella produttiva di sviluppo e crescita, ovvero la spesa in conto capitale: nelle regioni i costi sono pari a 145 miliardi in un anno per funzionare la macchina, contro i 17 miliardi spesi per investimenti su strade, ospedali ed espropri: in pratica, soltanto un euro ogni dieci usciti dalle casse regionali l'anno scorso è servito a finanziare un'infrastruttura mentre nove sono serviti per far funzionare la macchina. In altri termini, è come se, per realizzare un intervento nel nostro condominio, pagassimo mille euro all’impresa e 9.000 all’amministratore che la gestisce: chi di voi sarebbe d’accordo se in assemblea condominiale arrivasse una proposta simile ? Eppure, incredibilmente, la politica continua ad infischiarsene di quello che chiedono i cittadini e concede “rimborsi” ipertrofici ai propri componenti ed ai gruppi consiliari.
Certo, in molti casi le spese correnti nascondono voci difficilmente comprimibili (pensioni, ma anche contributi previdenziali per il personale, spesso però non pagati ad INPS…) ed i finanziamenti alla sanità (sono andati alle Asl circa 87 miliardi, la metà di tutta la spesa complessiva regionale), ma anche 800 milioni per organi istituzionali, oltre a 117 milioni spesi dai governatori per «studi, consulenze, indagini e gettoni di presenza».
Meno sbilanciato il rapporto per Comuni e Province, che destinano alla spesa produttiva circa il 21% degli investimenti: va detto però che per le Province il dubbio è quello della loro stessa funzione: senza la gestione degli appalti stradali (affidati per il 78,5% ad ANAS…), che da sola assorbe il 52% degli investimenti provinciali (1.526.720.000 euro), effettivamente la ragion d'essere delle 110 Province verrebbe sostanzialmente svuotata. In altri termini, se la manutenzione stradale passasse in maniera esclusiva ad ANAS e la gestione fallimentare degli stabili scolastici venisse attribuita a comuni o regioni le provincie non avrebbero in realtà sostanzialmente nulla da fare, quindi il risparmio certificato si aggirerebbe attorno agli otto miliardi e mezzo di euro.
Fate due conti semplici semplici: 8 miliardi e mezzo l’anno per le provincie, diciamo facilmente un miliardo e 250 milioni per senato, parlamento e presidenza della repubblica, e diciamo facilmente 17 miliardi di minori spese per le regioni sui 58 legati ai costi di funzionamento dell’apparato: a questo aggiungiamo circa 400 milioni di euro ai partiti ed un miliardo 350 milioni dall’otto per mille alle chiese varie.
Totale: 28 miliardi 500 milioni di minori spese, strutturali e quindi di effettivo risparmio, che garantirebbero circa il 50% dei costi sugli interessi passivi e che permetterebbero di abbattere il rapporto deficit-PIL all’1,5% anziché al limite del 3.
A qualcuno risulta che il genio del Giobatta abbia valutato questi risparmi ?
Come sempre a pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si indovina…
Axel
Intanto il Giobatta, presentato subito dopo l'elezione a segretario (1,5 pagine word) e demolito da molti, ad iniziare da noi... Promesso il "parto cesareo" del contenuto (lui pensava di averlo dato, il contenuto, in una pagina e mezza senza una sola cifra...) per il 16 Gennaio. Alla data fatidica, con nonchalance ha detto: vedrete, in un paio di settimane. Oggi ha detto: Il Giobatta sarà presentato il 17 marzo. Segnatevi questa "fatal data", perchè il Giobatta cambierà la nostra vita.
Internatelo, prima che faccia troppi danni
Tafanus