Il sole velato, stamattina, ma lo stesso calore che spossa prima ancora di alzarsi: ti rigiri nel letto cocente, allunghi le gambe, distendi le braccia. Solo la gatta si lamenta perchè ha dormito con te ancora una volta, ancora questa notte.
Domani, chissà… sono meravigliose bestie, i gatti: amano forte ma li devi comprendere tu e lasciarli liberi di andare e venire, di nascondersi per poi riapparire all’improvviso strusciandosi contro le gambe.
Il sole velato, stamattina, presagio di un giorno un po’ più clemente – forse – e la gatta pretende acqua fresca nella ciotola, cibo buono. Ti richiama alla giornata nuova con un gnaulìo insistente poi ti ringrazia ronfando forte.
Così, ti sei alzata nella tua camicia da notte estiva quasi azzurra, i capelli scompigliati, la solita voglia di litri di cafè per connettere almeno un poco, almeno qualcosa.
Fuori il verde degli alberi, il cobalto del cielo, il giallo della terra quasi arsa ti feriscono gli occhi; le piantine di basilico nei vasi invocano acqua per sopravvivere ed emanano l’ultimo profumo, quello che sa della fine.
Due giorni soltanto, li hai dimenticati: due giorni soltanto e già basta … le surfinie sopportano ancora la calura estiva, la mentuccia e l’origano sono appena un po’ secchi; il gelsomino punta verso il cielo nuovi tralci con un accenno di boccioli.
Disseti quello scampolo di voglia di campagna ma è il mare di ieri – Boccadasse – la stoffa che vorresti a rivestirti. E’ il riverbero del sole sul mare, le barche allineate sulla sabbia, gli scogli a strapiombo e l’acqua salmastra che li rode: sono loro che vorresti guardare ogni mattina ma non puoi.
Ognuno di noi ha dentro una strada – come un destino segnato – e percorre la vita con le sue innumerevoli deviazioni sempre ritornando su quella strada. C’è forse una forza dentro che ti fa passare proprio di lì, ritornare proprio lì, arrivare in quei luoghi anche se non li avevi immaginati nè programmati.
Si rinfranca il basilico, si tranquillizzano le surfinie, la mentuccia, l’origano; ti ringraziano i gelsomini volgendo quella promessa di bocciolo verso le tue mani pietose che sollevano l’annaffiatoio e liberano dalle foglie secche.
Cammini, magari non ti volgi indietro – o rimani troppo tempo a ripensare a quel che è stato e ti ha cambiata – cammini su sentieri impraticabili, poi sbocchi su altri facili, ti volgi indietro e ritorni sui tuoi passi, esplori territori che nessun altro forse ha mai esplorato.
La vita riprende con un lungo sospiro di sollievo , sul tuo terrazzo, e persino le siepi di lauroceraso del giardino sottostante ti guardano con gratitudine. Abbaia Stella – piccolo volpino bianco e nero che teme lo star sola – e guarda su, guarda te, parte anche lei di quella pietà che non lascia morire di sete neppure la sterpaglia più solitaria.
Lanciano il loro squillo arancione le campane delle bignonie e chiamano api, vespe, calabroni: gli insetti le colmano di un ronzio diffuso e tremolante. La giornata avanza, non c’è tempo per i rimpianti, non c’è spazio libero per accogliere i rimorsi. L’illusorio silenzio delle ore brevi e più fresche si trasforma nel consueto rumore di auto, di cicale, della sega circolare che annuncia un lavoro iniziato nel laboratorio poco lontano, di uccelli che cantano l’estate.
Mattinata di luglio, giorno dieci, qualche ora fa.
Dipinti di Berthe Morisot
Estiva
Distesa estate,
stagione dei densi climi
dei grandi mattini,
dell’albe senza rumore –
ci si risveglia come in un acquario –
dei giorni identici, astrali,
stagione la meno dolente
d’oscuramenti e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dare pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca;
stagione estrema, che cadi,
prostrata in riposi enormi;
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti la luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell’ordine che procede
qualche cadenza dell’indugio eterno.
VINCENZO CARDARELLI
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