«La vita» incalzava il vecchio, «è come un albero. Da piccolo si piega, si doma, resiste a tutto. Una volta grande, alto e grosso, diventa pesante. Soprattutto a se stesso. Se non ha base solida e radici ben piantate, addio. Il vento preme sui grandi alberi perché trova posto e, se non sono stabili, li butta in terra.»
Il vecchio intendeva che da piccoli si sopporta meglio il dolore forse perché non ci si rende conto delle cose. Dopo le batoste si rinasce a nuovi entusiasmi immediatamente il giorno dopo. Da adulti non è così. Da adulti il corpo si stabilizza, diventa compatto, inflessibile. Diventa albero, muro dove picchiano i venti e le valanghe dell’esistenza. Se fondamenta e terreno non sono a posto, crolla tutto. Nel crollo, l’albero può travolgere e schiantare piante che vivono attorno a lui.
«Non si cade mai da soli» diceva il vecchio imbattendosi in un albero crollato. Ogni spostamento, in montagna, coinvolge altri elementi. Come nella vita. Il nonno raccomandava di non cadere. Soprattutto non travolgere altri, cosa difficile in ogni crollo. Per il proprio bene e quello altrui, il vecchio consigliava evitare più possibile cadute.
Mauro Corona, I misteri della montagna, 2015, Mondadori, Milano, pagg. 113-114.
Non occorre essere amanti della montagna per apprezzare questo libro. Nelle poche frasi da me riportate, Mauro Corona è stato in grado di riassumere perfettamente la storia mia e della mia famiglia. Anch’io sono stato travolto dalle cadute degli altri e sto resistendo nella speranza di non crollare. Le parole del vecchio sono un monito per tutti.