Kunihiko Ikuhara è uno dei pochi veri creativi nel panorama dell’animazione Nipponica. Dopo una breve parentesi alla Toei Animation, dove ha diretto alcune serie di Sailor Moon, Ikuhara da le dimissioni in cerca di indipendenza creativa, e, nel 1998 crea e dirige l’acclamato, ambiguo e bellissimo La Rivoluzione di Utena. Dopo 12 anni di assenza dalla scena, Ikuhara torna ad ideare un anime.
Mawaru-Penguindrum parte lentamente, per poi, dopo 3 o 4 episodi, prendere ritmo rivelando tutto il suo potenziale.
Il destino, il sacrificio e la condivisione del bene e del male: questo è lo spessore di cui è intrisa la serie. Il destino di Himari e dei suoi fratelli che si sacrificano per lei e per trovare il misterioso Penguindrum. La sceneggiatura funziona come tessere di un puzzle che si incastrano perfettamente l’una con l’altra, in un cerchio che avvolge i personaggi.
Ancora una volta Ikuhara rompe gli stereotipi visivo-narrativi dell’animazione Giapponese con espedienti metaforici simili a quelli di Yuasa, (geniale la trovata di stilizzare e rendere bianche le comparse sullo sfondo) per questo CAPOLAVORO, il cui unico difetto sta nell’eccesso di simbolismo concettuale dell’autore.
Per il resto, Mawaru-Penguindrum è una produzione di altissimo livello; dalle musiche (splendide le due opening), alle animazioni, al character design, per quello che è l’anime nettamente migliore dell’anno scorso.