Max Pezzali: sinonimo degl’adolescenziali 883.
Sinonimo dell’inascoltabile hit Hanno Ucciso l’Uomo Ragno.
Sinonimo – per la Scribacchina d’inizio millennio – di «musica orrorifica».
Con queste belle premesse, potete ben immaginate l’espressione che feci quando mi affibbiarono nel marzo 2000 un’intervista al buon Max, artista che di lì a qualche giorno avrei sentito live coi suoi 883 (come sempre, nei prossimi giorni vi sorbirete pure la cronaca d’epoca di quel concerto).
Ebbene, feci buon viso a cattivo gioco.
Sollevata la cornetta e composto il numero di cellulare che m’era stato fornito (numero che, manco a dirlo, terminava con la cifra «883»), intavolai una chiacchierata col Pezzali. E mi stupii non poco: dietro la molle apparenza di idolo delle folle trovai – inatteso – un esploratore dell’anima; un giovine ripieno di domande, di paure, d’incertezze.
Quando mi confidò che il suo trentesimo compleanno l’aveva mandato in crisi, che da quel giorno ogni cosa – ogni cosa, soliti lettori – aveva assunto un peso diverso, beh… l’ammetto: con un sorriso, pensai che forse le liriche del Max non eran così banali come m’era sempre parso.
A costo di perder mille punti nella vostra considerazione, vi confesso che quel giorno tornai a casa e coraggiosamente m’ascoltai tutto – tutto, signori miei – l’album Grazie Mille. Ciddì che avevo ricevuto da diverse settimane e che giaceva intonso sopra la pila d’album ancora da ascoltare: m’ero ripromessa che mai, mai e poi mai l’avrei sentito.
Che poi quella musica mi sia piaciuta o meno, cari soliti lettori, questo è un altro paio di maniche.
***
18 marzo 2000
Non è la prima volta che gli 883 fanno tappa nella Bassa per un loro tour; non è la prima volta che il pubblico bergamasco li ascolta dal vivo. Eppure l’entusiasmo col quale saranno accolti tra pochi giorni è vivo e palpabile: basti dire che la serata ha già registrato il sold-out, complice il nuovo album Grazie Mille uscito da pochi mesi e, in questo momento, alle prime posizioni delle classifiche di vendita.
A pochi giorni dalla loro esibizione ho fatto alcune domande a Max Pezzali, voce e mente della band, per darvi una rapida panoramica del nuovo album e per prepararvi ad un concerto che, a detta del musicista, è «assolutamente imperdibile».
- Max, non c’è bisogno che te lo dica: sai già che la musica degli 883 viene bollata come ‘musica da adolescenti’. Ti dà fastidio questa etichetta?
«No, non mi dà fastidio; comunque, le etichette nascono spesso da ascolti superficiali, limitati al singolo trasmesso dalle radio. Questo discorso di limitatezza non riguarda chi ascolta tutto l’album e chi si interessa al mio lavoro: è il giudizio di queste persone che conta».
- Con l’ultimo lavoro discografico Grazie Mille sembra che tu voglia ringraziare chiunque, indistintamente. Posso chiederti se c’è qualcuno che non ti senti di ringraziare, qualcuno che ti ha fatto del male?
«Certo che puoi chiederlo: non credo esista una persona che non sia degna di ricevere un mio «grazie». Questo stimolo al ringraziamento ha senso in un momento della propria vita, quando si ha la consapevolezza delle proprie fortune: svegliarsi al mattino, essere ancora in vita, guardare il sole, sentire l’affetto di chi ti vuole bene. Tutto il resto è secondario: le proprie rabbie, i piccoli conflitti di ogni giorno… non ha senso portare rancore».
- Com’è stato lavorare coi Boyzone e Ronan Keating per il brano You Needed Me/ Tenendomi?
«Devo dire che è stata un’esperienza stimolante. In primo luogo perché ho avuto la possibilità di conoscere Ronan e di scoprire che anche lui è un gran lavoratore; in secondo luogo è stata una sfida importante: da autore di testi ho dovuto tradurre in italiano un brano inglese, con tutte le problematiche connesse alla differenza tra le due lingue».
- Non hai mai pensato di scrivere in inglese?
«No, e non credo che lo farò, principalmente perchè i miei brani hanno senso in italiano; in altre lingue perderebbero molto del messaggio che voglio comunicare».
- Dai testi di Grazie Mille si avverte a tratti un senso di insoddisfazione: non esiste l’amore travolgente, non sempre l’amore è eterno, si commetteranno sempre errori… Sembri quasi pessimista…
«No, non sono una persona pessimista, mi sono soltanto reso conto che non è tutto oro quello che luccica; e che l’apparenza molte volte è soltanto una bella maschera che nasconde il vuoto. Questo non è essere pessimista: è uno stimolo a cercare le cose migliori, a non accontentarsi del «meno peggio». E’ essere ottimista senza essere credulone».
- Torno ancora a parlare dei tuoi testi, dai quali traspare un bel lavoro di ricerca interiore. Pensi di essere arrivato ad un buon punto di conoscenza di te stesso?
«No, assolutamente. Ho soltanto capito che più vado avanti e meno mi conosco (un po’ come il vecchio detto ‘Più si legge, meno si impara’). Crescendo e maturando ci si accorge che i dubbi sono maggiori delle certezze».
- Quali sono i tuoi ideali, oggi?
«Direi quelli immutabili ed immutati per tutti: la solidarietà, prima di ogni altro. Solidarietà con chi mi sta vicino e anche con chi mi sta lontano. Qualcuno direbbe l’amicizia, ma secondo me l’amicizia, come molti altri ideali, è soltanto un’applicazione della solidarietà».
- Negli 883 suona da poco tempo un ragazzo bergamasco, Fabrizio Frigeni. Come l’hai conosciuto?
«Cercavamo un bravo chitarrista e degli amici comuni ce l’hanno segnalato. Gli abbiamo fatto un provino, abbiamo visto che era addirittura al di sopra delle nostre aspettative e l’abbiamo preso a suonare in pianta stabile con noi».
- Cosa vorresti dire ai fan della Bassa bergamasca, a poco meno di una settimana dall’esibizione degli 883?
«Li invito a venire al nostro concerto perché è un bello spettacolo, sia dal punto di vista musicale che da quello degli effetti scenografici. Sicuramente vale il costo del biglietto, e di questi tempi non è poco».