Ebbene sì, alla mia ragazza sta cominciando a piacere il genere distopico. E non pensate male con questa frase, sto intendendo il genere narrativo. Non ci sarebbe da pensare male comunque, al genere distopico sono appartenuti dei capolavori assoluti della letteratura quali 1984 di George Orwell, La svastica sul sole di Philips K. Dick e Farenheit 451 di Ray Bradbury, per citare i più famosi - ammetto che non è un genere che conosco benissimo. Purtroppo a lei però piace quel genere di distopico che va di moda adesso, non per nulla ha amato Hunger games (per La ragazza di fuoco ha perso la testa) e addirittura Divergent. Per dire, in comune abbiamo avuto solo la saga di Happy Popper, perché lei le vicissitudini della Compagnia dell'Anello se le è recuperate solo di recente e perché io insistevo dal primo giorno che ci siamo messi insieme. Da qui comprenderete perché voglio essere io a scegliere i film. E non sempre ci riesco, purtroppo. Così per tacciare l'ennesima litigata le dico: «Amò, me son visto la prima stagione di Pretty Little Liars per te. Non è che oggi posso scegliere io cosa vedere?» E invece no. Perché lei ha i suoi modi per minacciare e lo sa. E tali modi non li riferisco perché potrei diventare molto volgare.
Un ragazzo si sveglia, trasportato in una strana radura da una gabbia. Non ricorda chi è (la memoria gli riverrà dopo) né cosa ci fa lì, così come non lo sanno tutti gli altri ragazzi che si trovano lì con lui. Sanno solo che ciò che gli circonda è un labirinto che modifica il proprio tracciato ogni notte. E se facesse tutto parte di un piano prevedibilmente più grande?
Ultimamente c'è stato sull'internetto una grande discussione circa cosa sia il cinema. C'è chi dice che è arte e come tale va inteso mimmando tutto il resto, c'è chi invece si schiera dalla parte del Michael Bay internazionale e dice che i film servono solo per intrattenere. Da bravo volpone quale sono io mi metto in mezzo, dicendo che anche intrattenere è un'arte e che quindi bisogna farlo bene a seconda di tutti i crismi. Il cinema è arte, ma è anche divertimento, specie quando solletica certe zone del cervello - anche di uno poco evoluto come il mio. Tutto questo cosa centra con questo Maze runner - il labirinto? Centra perché questo film, molto probabilmente, poteva ambire a diventare un certo tipo di arte. Un'arte decisamente popolare, sia chiaro, di quei film a doppia fruizione di lettura che possono far scervellare quelli più esigenti ma anche quelli che da un film vogliono, molto semplicemente, divertirsi. Un po' come ha fatto Il cavaliere oscuro qualche anno fa, facendo nascere tutte quelle simpatiche polemiche che continuano tutt'ora. E per certi versi sembra proprio quello l'intento di questo film che, preso a piccole dosi e per quello che è, funziona. Bisogna ammetterlo, in fondo, per quanto abusato, il mito del labirinto esercita sempre un grande fascino, si trascina dietro una potenza narrativa che non è seconda per nessuna. D'altronde ogni persona è un labirinto, ognuno ha delle particolari emozioni e contraddizioni che impediscono di fare una mappatura precisa. Arrivare in fondo la labirinto per scoprire chi si è. Ed è proprio per questo che il film ha i suoi limiti, proprio perché i personaggi non sanno chi sono. Se da una parte quell'elemento infatti riesce a incupire maggiormente il mistero, dall'altra toglie molto del pathos che potrebbe esserci. Certo, alla fine del labirinto li attendono tutte le risposte circa quella che può essere la fine del mondo in cui ricordavano di aver vissuto ma, ironicamente, più si alza l'asticella meno sembra fregarci della cosa. Guardiamo ad esempio le vicende del mondo di Panem [ah, come da programma io mi sono scansato i libri anche in questo caso]: in quei film a un certo punto dei giochi famelici sembra quasi non fregartene nulla, tutto si concentra sulla figura di Katniss e di come si evolve per superare le varie prove. Era proprio per quello che i film funzionavano e avrebbero funzionato di più se avessero avuto il coraggio di provare strade meno convenzionali. Qui tutto sembra puntato ad accrescere le proporzioni della minaccia, finendo per ottenere l'effetto contrario. Tutto questo però non sminuisce eccessivamente un prodotto comunque godibile che riesce a intrattenere senza problemi, perché nonostante tutto il ritmo è ben mantenuto per tutta la sua durata media e per quanto poco approfondite, le situazioni incuriosiscono quanto basta. La regia di Wes Ball, ex tecnico degli effetti speciali qui al proprio esordio come regista, ricalca forse un po' troppo quella di Gary Ross, con quell'abuso di steadycam anche quando forse non ce ne sarebbe bisogno, e punta eccessivamente su un'atmosfera scura che risulta molto accattivante in più punti, ma impedisce al film di non prendersi troppo sul serio, finendo per evidenziare ulteriormente i propri difetti. Gli do comunque il merito di aver scelto degli attori che non rientrano nei canoni dei classici belloni di turno, anzi, a sorpresa la ragazza, pur non essendo un roito, ha un viso molto particolare. Così come è encomiabile che questo nuovo brand sia stato lanciato da un film costato solo trentacinque milioni di dollari e che, con tutti i suoi molti difetti, riesce comunque a intrattenere e a dire molto di più di tante recenti e fallimentari megaproduzioni. Io spero che ci sia un'evoluzione costante nei capitoli, fino ad avere un finale (magari in un unico film, non dimezzato come accade di recente) che riesca a dare il botto veramente sperato. Sembra una speranza vana, ma nel vero labirinto delle produzioni moderne un po' di speranza ci vuole.
Anche perché se la mia ragazza mi costringerà a vedere anche gli altri capitoli [sicuro che lo farà, porca trota] la speranza è l'unica cosa che mi resta.Voto: ★★ ½