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USA, 10 episodi, 55 min. cad Creato da: David Shickler e Jonathan Tropper Network: HBO
Succede che Alan Ball decide finalmente di lasciare quel mortorio agonizzante di True Blood, evviva! L’ha gestito raggiungendo sorprendenti livelli visivi/concettuali per tre anni buoni, poi noia e sbadigli hanno preso il sopravvento sostituendo tutta la bontà di una serie tv apparentemente avanti anni luce con la semplice ripetizione di schemi e provocazioni già ampiamente collaudati – poi devo anche dire che i muscoli di Joe Manganiello (il nome è tutto un dire) mi mettevano un po’ impressione, un po’ come le tette di Anna Paquin, e così io ho mollato questo troiame di fusti e gnocche ancora prima del signor Ball. A ogni modo, lo ritroviamo qualche mese dopo come produttore esecutivo di questo Banshee, che non mostra nulla di curioso in quanto ha un titolo che non c’entra nulla con la trama ed è creato da due totali sconosciuti alla loro prima esperienza in assoluto, ma di mezzo c’è la HBO e quindi diventa istantaneamente must.
E a ragione. Per darne una presentazione molto più terra terra, Banshee sembra portare in tv lo spirito genuino del Joe Lansdale dei tempi d’oro, quello ironico, violento e filosoficamente fracassone, dove i buoni sono brave persone con l’inclinazione del fare a botte per menare i cattivi, solitamente esagerati pezzi di merda razzisti e misogini. Ed è impossibile pensare ad altro in questi 10 episodi che sembrano scritti dal texano in persona: un protagonista irresistibile come Lucas Hood, interpretato da Anthony Starr e dal suo sguardo sghembo, un ladro appena uscito di galera che si ritrova fortuitamente a essere sceriffo di una cittadina governata dietro le quinte da un imprenditore senza scrupoli e da un capo indiano e il suo mega casinò, è personaggio meraviglioso per la schiettezza con cui boxa contro chiunque infranga le leggi del buon senso. Combattimenti lunghissimi e sfiancanti sono infatti l’articolo migliore che offre la serie, risse spettacolari e dolorose, crude ed estremamente sanguinose, che rappresentano l’unico modus operandi conosciuto da Hood: pugili corrotti, centauri criminali,stupidi ladruncoli, gangster europei, chi sta dalla parte sbagliata riceve un sacco di mazzate in un’estremizzazione efficacissima di un classico good vs evil che porta a non aspettare altro, in ogni singolo episodio, che il momento delle sacrosante legnate.
E non è di certo di colpa di una trama orizzontale sbilenca, un poco sbilanciata e in qualche punto priva di una reale meta, dove molti personaggi non trovano giusta espressione (vedi soprattutto il sindaco belloccio, o il ruolo degli indiani fin troppo secondario nella prima metà) e svariate parentesi appaiono sfocate e interrogative (i colpi criminali che Hood, ladro guidato dall’onore, vorrebbe mettere a segno) – i personaggi di Banshee sono talmente ben scolpiti e carismatici, sia nel loro seguire o meno la retta via, da trainare con le loro personalità, le loro battute e i loro cazzotti ogni episodio in una baraonda di ironia sagace e grezzume tamarro, esagerata ultraviolenza ed esplicito erotismo. Mancheranno di sicuro quelle sfaccettature e quell'attenzione fisicamente psicologica del Lansdale migliore, ma tutta gira e rulla con un utilizzo di elementi talmente elementari che tutto il resto diventa accessorio, e non servirebbe nemmeno l’interessante e a tratti personale regia, che non esita a lanciarsi in lunghi, e anche spettacolari, piano sequenza, per ruggire coi pugni al vento sperando che qualche brutto stronzo rubi una caramella al proverbiale bimbetto per far intervenire lo sceriffo Hood e i suoi calci a rotazione.
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