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MCT: Moda Cultura Tendenza

Creato il 10 gennaio 2011 da Yourpluscommunication

MCT: Moda Cultura Tendenza
Gabrielle Bonheur Chanel

Per inaugurare la nuova rubrica MCT, Notte Criminale non poteva affidarsi ad un giorno qualsiasi. D’obbligo scegliere un giorno rivoluzionario, questo. Il 10 gennaio di quaranta anni fa dall’Hotel Ritz parigino, Coco Chanel si congedava dal mondo e, con lo stile e la dignità che l’hanno sempre contraddistinta, consegnava definitivamente alla storia i suoi 88 anni con queste parole: «Ecco, così si muore». Per una volta, però, Mademoiselle si sbagliava. La storia che lei stessa ha contribuito a redigere e innovare oltre l’universo della moda, le cui trame altro non erano che pagine sulle quali scrivere dell’essenza della donna, opere da indossare per rivoluzionare il concetto di femminilità, infatti, non ne se dimentica e quattro decenni dopo, continua a farle onore.

Come tradizione francese vuole, Gabrielle Bonheur Chanel, ardita rivoluzionaria del costume femminile dell’era moderna, slegò la donna dai corsetti e cercandola nei vestiti, ne accarezzava diritti e dignità con tailleur. Portò la lunghezza delle gonne sotto il ginocchio, abbassò il punto vita e, mentre si appropriava dei pantaloni maschili, sdoganava il guardaroba “femmina” e l’abbronzatura con il suo essere un tantino impertinente, un pizzico ribelle e quel tanto che basta trasgressiva.

Incoronata regina del genre pauvre (povertà di lusso), trasformò gli accessori in gioielli e viceversa fino a poter vantare il primato di rivoluzionaria anche nel linguaggio. E’ per lei, infatti, che si conia per la prima volta la parola “stilista”: il singolare femminile che etichetta, ancora oggi, di un “plurale” maschile.

E se Notte Criminale racconta di come rivoluzioni tragiche di dolore e sangue hanno macchiato indelebilmente storia e storie, non può far a meno di raccontare il contesto storico culturale in cui tutto ciò avveniva “cambiando abito”.

MCT racconterà di moda, cultura e tendenze che hanno avvolto l’Italia degli anni ’70 e ’80 certi di non fare un torto a nessun stilista made in Italy  dedicando questo primo post all’imperatrice di uno stile che nel ’900, prendendo ispirazione dall’evoluzione del genere umano, ha consegnato ai posteri massime di moda e di savoir vivre valide nella Belle Epoque, la Dolce Vita romana e nell’odierno quadrilatero della moda milanese.

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Chanel era scollegata dalle tendenze e dalle mode del momento tanto che il semiologo francese Jean-Marie Floch individuò l’estraneità temporale di Coco nella capacità che la stilista aveva di assemblare alla moda femminile, elementi opposti della moda maschile. Il risultato dell’originale bricolage è, per assurdo, una femminilità accentuata. L’anno della sua morte coincide, tanto per il costume, quanto per la società, con quello della nascita di uno stile più trasgressivo portavoce della geniale protagonista della moda del XX secolo.

Coco Chanel non ha esattamente un “dopo” in quanto continua a non tramontare una sola stagione, ma di certo un dopo fatto anche di altro esiste, si afferma e trova delle spiegazioni sociologiche paradossalmente ancora più lontane nel tempo ma, mai più attuali ed interessanti.

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Georg Simmel

Quando nel 1895 l’industria della moda era solo un cenno  di quella mastodontica macchina che è diventata, il sociologo tedesco Georg Simmel ne faceva un saggio  affermando che la moda permette di conciliare due tendenze psicologiche opposte che convivono in ogni individuo: la tendenza ad uniformarsi e quella a distinguersi, ovvero l’essere per se e l’essere per gli altri, legando, quindi, la suddivisione della società in classi. Aderendo ad una moda, infatti, l’individuo, da un lato, rafforza il sentimento di appartenenza alla propria classe e, dall’altro, si distingue dalle classi più basse. «La variabilità della vita storica dipende dalla classe media – continua Simmel- e per questo la storia dei movimenti sociali e culturali ha assunto un “tempo” completamente diverso da quando il tiers état ha preso il potere. Da allora la moda, la forma dei cambiamenti e dei contrasti della vita, si è maggiormente estesa ed è soggetta ad una stimolazione più intensa; i frequenti mutamenti della moda sono un’immane schiavitù per l’individuo e, nella stessa misura, uno dei complementi necessari della cresciuta libertà politica e sociale».

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Fonte L’Unità

In Italia, il 18 settembre del 1970, entrava in vigore la legge sul divorzio, sintomo di un evidente e profondo cambiamento culturale che la moda (dal latino modus-i, ovvero maniera, norma, regola, tempo, melodia, ritmo) sottolinea con gli eccessi di fusioni, contrasti, colori fortissimi, fiori giganti o asimmetrie. La parola d’ordine di quegli anni era “Osare, Osare, Osare!!!” Negli anni ’80, la moda fu caratterizzata dal culto del successo e dell’efficienza a sottolineare sempre il nesso con la società e le sue evoluzioni. L’importanza della haute couture francese venne ridotta e ogni nazione sviluppò uno stile differente. E’ in questi anni che l’Italia conferisce a Milano il titolo di capitale della moda.

Marina Angelo

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