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Forse L'horror gotico nel cinema italiano, poteva vivere ancora.
Raramente ho mai visto questo film citato in nessuna monografia argentiana, eppure egli lo ha scritto e co-prodotto. Certo, non è quello originale con il grande Vincent Price, ma seppur di molto inferiore la trama è comunque parecchio vicina a quella di “House of Wax'', l'intera favola nera viene trasferita in una splendida cornice gotica,che si inserisce bene nella storia.
Un ritratto terrificante di Parigi all'inizio del 20 ° secolo è ciò che rende questo film così gradevole e avvincente. La trama di base si basa su un racconto del Gaston Leroux de "Il Fantasma dell'Opera", ma - e soprattutto – lo script è la combinazione di una sceneggiatura horror degli anni '80 di Argento e Lucio Fulci ... Per coloro che conoscono il modo con il quale essi hanno in un modo o nell'altro, sempre aggirato le limitazioni dell'industria italiana del cinema dell'orrore, non dovrei starvi a dire che già questo dovrebbe promettere una festa per ogni appassionato, anche se proprio così non è. La miscela di queste due personalità sarebbe forse risultata malvagia e terrificante negli anni' 80, sospendendo il respiro con i loro violenti e cruenti massacri. Il film che ne venne fuori troppo tardivamente nel 1997 è invece una serie no-stop sì di eventi terrificanti e da incubo, ma nel quale tutti questi avvenimenti sono costantemente mescolati con raccapriccianti e dettagliati effettacci di make-up artistico, ed effetti visivi ad opera ovviamente dello stesso Stivaletti, alquanto insistiti. Il clou di queste è la lenta trasformazione di una ragazza innocente in una statua di cera... orribile, brutale tesa, e tutta in una.
Il nome del regista Sergio Stivaletti, che ai meno informati potrebbe dire poco, non è certamente un esordiente nel campo. Si è fatto un certo nome a livello italiano come effettista speciale e maestro del make-up, lavorando più e più volte con Argento, Lamberto Bava e molti altri gran maestri italiani dell'horror. “La Maschera di Cera” è stato il suo primo (di due tentativi) come regista. Purtroppo, il livello di qualità del film non è mantenuto fino alla fine, e il gran finale in stile a là “Terminator” è abissale e quasi distrugge l'atmosfera di tensione che è stata costruita durante l'intera storia. Inoltre, il doppiaggio è -non è una novità per le produzioni argentiane- terribile ... In alcuni momenti, dovresti davvero mendicare affinchè certi personaggi stiano zitti e sostituire gli abominevoli dialoghi con un po' più della magnifica musica gotica che viene utilizzata. Avrai modo di amare la musica in questo film! Last but not least, La maschera di cera” introduce un paio di topette piuttosto arrapanti. La sicula -mi dicono dei giovani- ex addirittura di “Non è la RAI” Romina Mondello, e soprattutto Valery Valmond, le quali lo fanno tirare abbastanza entrambe. Quest'ultima sembra essere scomparsa dalla faccia della terra dopo aver girato questo film ...Sarà finita nel lettone putiniano.
P.S.: “La Maschera di Cera” è uscito poco dopo che Fulci era purtroppo scomparso. Gli venne affidata la regia da Argento dopo un riavvicinamento personale seguito ad un lungo periodo nel quale i due ebbero dei rapporti molto antipatici e conflittuali, oltre che di profonda rivalità. Doveva anche essere l'occasione per il malato e economicamente in difficoltà Fulci di risollevarsi professionalmente, dopo molti film realizzati in ristrettezze economiche e non all'altezza del suo nome. Ma proprio la sera prima dell'inizio delle riprese, Fulci inspiegabilmente si dimenticò di iniettarsi l'insulina dlla quale era dipendente oramai da anni, andando in coma diabetico. Quindi questo film si apre con le parole "Dedicato a Lucio Fulci'', il che era dovuto. Onorare questo uomo dico, era un genio...
Non si può fare perciò a meno di apprestarsi a vedere “La Maschera di cera” con un po' di trepidazione. Prima di tutto, oltre il regista Sergio Stivaletti, è stato appunto scritto dall'anziano Fulci e da Argento (che lo ha anche prodotto), entrambi i quali hanno avuto una carriera impressionante che negli anni novanta era declinata questa sì, paurosamente Detto questo, “La Maschera di cera” non è una delusione come tutte le altre produzioni argentiane del periodo. Non è certo neanche un grande film, ma almeno è distraente.
La trama è liberamente tratta dalla classica storia di Gaston Leroux, utilizzata anche per il classico dell'horror con Vincent Price. Una ragazza vede il padre ucciso da un maniaco con una mano d'acciaio. Flash forward a 12 anni più tardi, la ragazza è a lavorare in un locale museo delle cere romano, che è specializzato in ricreazioni di omicidi. Noi in realtà non vediamo una gran parte del museo, solo alcune sculture in basso ad un corridoio pesantemente drappeggiato. Una figura con la mano di metallo comincia ad andare in città per rapire prostitute e bambini. Per tutto il tempo, il museo delle cere ci presenta un flusso costante di figure che appaiono davvero realistiche. Conoscete la storia. Un giornalista comincia a indagare sulle sparizioni e prende una cotta per la ragazza. Tutto comincia a puntare al museo delle cere e al suo inventore curatore / pazzo e ai suoi scagnozzi. Il finale come ho scritto è ridicolo, ma abbastanza breve per non rovinare il film con il suo imbarazzante rovesciamento.
Stivaletti dirige il film abbastanza uniformemente. Si può dire che abbia imparato un po' delle atmosfere dei film per i quali ha curato gli effetti negli anni di lavoro per Argento, Bava e Soavi, e comunque Stivaletti non mostra un talento rivelatore, solo una competente abilità. I film horror italiani una volta erano sempre i primi per stile, mentre la sostanza in generale la trama o le interpretazioni erano sempre piuttosto secondarie all'umore e al movimento dell'azione. Il film dunque viene sviluppato bene, e non pretende che tutti noi non sappiamo chi sia l'assassino, dopo tutto questo è un racconto ben conosciuto. L'ambientazione (primi anni del '900) ed i personaggi sono una piacevole novità, dal momento che l'horror italiano contemporaneo solitamente rimane nei tempi della modernità. Stivaletti fa ampio uso di colori pesanti, soggettive, flashback, CGI, così come immagini da vecchio horror e gli edifici gotici e il laboratorio di un medico pazzo, tra sieri , ampolle gorgoglianti, tubi e leve elettrificate. L'attrice protagonista, la Mondello, come detto è una bella topetta, sensuale, grandi occhi, e disposta a reggere su dì sé il film, alla distanza. Il reporter d'origine ungherese è invece molto azzoppato e poco attraente. Egli cerca di essere gentile, ma è solo uno scemotto. L'errore di casting di affidare a lui la parte dell'eroe è il vero e proprio punto più basso del film. L'interprete del curatore è il grande Robert Hossein, il quale da parte sua non esagera, non impersona un maniaco sbavante, ma appena abbastanza minaccioso.
Gli appassionati di horror italiani dovrebbero trovare il film soddisfacente, niente di stupefacente, ma neanche troppo deludente. Altri appassionati di horror potranno essere più cauti, ma il film è una miscela veramente piacevole di vecchia e nuova scuola dell'horror. Per quanto riguarda l'horror italiano (inel quale come detto non ci si deve spesso aspettarsi molto nel campo della recitazione) si ottiene una stelletta e mezza (solamente Hossein da quell'eccellente attore che è sempre stato, ne meriterebbe tre). Per quanto riguarda la fattura del film direi un due stellette e mezza.
Se si ha familiarità con l'horror italiano, qui si ha dunque esattamente ciò che ci si aspetta. Adeguatamente a ciò quindi troviamo alcune terribili interpretazioni, dei doppiaggi atroci, immagini sgargianti, personaggi tratteggiati come in un fotoromanzo, e omicidi messi in scena con fantasia. Tuttavia, questo film è meglio di quanto ci si potesse aspettare, in quanto il regista Stivaletti è principalmente un uomo del make-up e con questo film con il quale provò a fare il regista per la prima volta, se non altro dimostrò la professionalità che ha sempre dimostrato negli effetti speciali. Ho sanche empre avuto la sensazione che il budget venisse utilizzato bene con le localizzazioni diverse per le diverse scene, una certa bella direzione artistica della macchina da presa, e i costumi molto ricchi. La trama è ben mantenuta per tutta la durata del film. Lo stesso maestro delle cere interpretato da Robert Hossein, lo rimarco, non gigioneggia. Per quanto riguarda "i buoni", la protagonista è adeguata, ma un po' noiosa e prevedibile. Il nostro presunto "eroe" è però pericolosamente inadeguato e si avvicina come sopra scritto ad un fallimento completo. Come avviene di solito con l'horror italiano, le immagini sono come detto preminenti e dai ricchi colori (che ovviamente comprende omicidi sanguinari), amorevolmente filmate e accompagnato da una buona atmosfera adeguatamente romantica. Il finale, come pochi altri hanno già detto, è piuttosto mediocre, ma in un modo divertente, come detto con alcuni tocchi a là “Terminator” inaspettati, a dir poco. E gli omicidi, sorprendentemente pochi, sono messi insieme con competenza e con una sufficiente quantità di sangue per soddisfare i fan. Nel complesso, divertente e gradevole, sempre se non ci si aspetti chissà che.
Ci sono però anche tante cose da raccomandare di questo film. La trama è un eccellente rielaborazione dalla cupa atmosfera di due vecchi classici horror ''Il Museo delle Cere'' & "House of Wax" portando un tocco moderno ad una trama retrò, il gore, come sempre nell'horror italiano, è molto e raccapricciante ma non rovina l'effetto complessivo del film. Come regista, Stivaletti mira a far rivivere il più elegante dei sottogeneri italiani del genere. Il meraviglioso filone cinematografico dell'horror gotico (genere nato in Italia negli anni sessanta). Infatti i due film diretti da Stivaletti, "MDC - Maschera Di Cera" (1997) e "I Tre Volti Del Terrore" (2004) sono stati entrambi racconti gotici. Non ho finora visto "I Tre Volti Del Terrore". Con “M.D.C.”, il quale è l'unico film da egli diretto che abbia visto finora, posso soltanto dire che il suo tentativo di far rivivere la grandezza dei film dell'horror gotico si è risolto abbastanza in un successo, anche viste le premesse di essere una produzione argentiana. "MDC" è sanamente inquietante e suggestivo, dotato di una buona suspense, gory, elegante e fantasioso nel suo terrore gotico. Il film quindi bene si adatta alla grandezza atmosferica dei film horror gotici anni '60, oltre ad essere come detto anche fantasioso e inventivo, e il talento di Stivaletti per gli effetti si inserisce bene in un ambientazione fantastica da gotico tenebroso.
Parigi, 31 dicembre 1900: Una bambina si nasconde sotto il letto dei suoi genitori, testimone del brutale omicidio dei genitori, fatti a pezzi da un assassino mascherato, con un braccio-artiglio di metallo. Roma, dodici anni dopo: Un uomo muore apparentemente di paura quando per una scommessa era furtivamente entrato di notte in un museo delle cere, Il giorno in cui viene trovato, una bellissima giovane donna inizia a lavorare al museo, nel quale il genio artistico Boris Volkoff (Robert Hossein) mostra scene raccapriccianti ricostruite con figure di cera. La giovane bellezza è Sonia (Romina Mondello), la ragazza che aveva assistito all'omicidio dei suoi genitori dodici anni prima. Non è molto tempo prima che la gente cominci a scomparire dalle strade di Roma ...
E' anche interssante l'artiglio dell'assassino (ma già la strana “macchina ammazza-topi” de “La Sindrome di Stendhal” era forse l'unica cosa veramente bizzarra del film) creato da Stivaletti, gli strani e macabri macchinari, e i momenti molto carichi di gore ma piuttosto ben realizzati. Il personaggio vulnerabile e ultra-arrizzante di Sonia della Mondello è sì una topona, ma purtroppo ci fa vedere solo i capezzoli. Tutti i membri del cast recitano piuttosto male ma come detto è un'ovvietà, restando comunque un casting argentiano, l'unico bravo è ovviamente sempre Hossein, mentre Gianni Franco, Umberto Balli dall'inquietante aspetto, e l'altra bella topona Valery Valmond, che interpreta una prostituta, come recitazione non sono degni di nota. Oltre ad una buona capacità di essere raccapricciante (come detto però soprattutto per gli effetti di sanguinoso e terribile gore), abbastanza di suspense, e di buona eleganza visiva, "MDC" offre anche buon numero di discretamente gustose nudità femminili, e in diverse occasioni, anche se a chi come noi, saturati a vedere almeno del buon pelo , on magari anche un po' di lucente rugiada, di vedere solamente qualche boccia, ce ne frega abbastanza. Non ci può essere mistero che accompagni la trama gialla sull'identità dell'assassino, che come detto è risaputa, ma che in realtà non importa granchè dal momento che non è questa che può diminuire molto la suspense.
Purtroppo, anche qui gli effetti in CGI (e anche alcune scenografie) sono invece piuttosto brutti e tirati via (in particolare la stanza dove le persone si trasformano in creazioni in cera). Alcuni personaggi non sono sviluppati bene (cosa è successo al tizio calvo con la cicatrice), e come ho scritto prima l'ultimo minuto / minuto e mezzo è uno dei peggiori finali che abbia mai visto. Con il museo raso al suolo in un CGI davvero a buon mercato e il mostro che diventa come detto indistruttibile, in un'apparente stile “Terminator”.
Un'altra cosa che vorrei aggiungere è che per una volta anche la musica non è malaccio. Composta da Maurizio Abeni, potrebbe essere definita "musica romantica da film dell'orrore". Cioè, molto drammatica, e melodicamente ricca. Sembra quasi un po' come Ennio Morricone e Danny Elfman messi insieme. La colonna sonora per una volta non di un bollito Pino Donaggio, ha contribuito a portare una nuova dimensione al film. Senza di essa, il film stesso sarebbe risultato più dozzinale.
Stivaletti riesce qualche volta anche ad evocare alcune scene memorabili, non dico di no. E questo è quasi un miracolo (tra cui uno spaventoso attacco su di una ragazza addormentata, e una sequenza di omicidio brutale e sanguinosa che vede una mano mozzata, un taglio alla gola e un cuore che viene strappato), ma per ogni momento buono, purtroppo ce n'è uno altrettanto cattivo. Ma questa, non è appunbto una novità.
Fantasporto Anno 1998 Nominato all'International Fantasy Film Award come Miglior Film
Sergio Stivaletti
Originariamente pensato da Dario Argento come ritorno per il collega (anche se non amico) Lucio Fulci. Purtroppo, solo la sera prima dell'inizio delle riprese, Fulci è morto e con alcun preavviso, il lavoro di regia è stato consegnato all'esperto di effetti speciali Sergio Stivaletti.
Napoleone Wilson
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