- Pubblicato Martedì, 12 Agosto 2014 14:37
- Scritto da Marco Di Lorenzo
Chi ha visto recentemente il film "Gravity" sarà rimasto sicuramente impressionato dalla bellezza dell'ambientazione e dalle mirabolanti imprese che la protagonista, interpretata da Sandra Bullock, compie per mettersi in salvo da una nube di micidiali detriti in orbita. Anche se il film è molto accurato e realistico nell'ambientazione, purtroppo molte di quelle manovre sarebbero semplicemente impossibili nella realtà e, per implicita ammissione dello stesso regista, si è fatta leva sull'ignoranza che la maggior parte del pubblico ha riguardo a quelle che sono le ferree leggi che governano i satelliti (che poi sono proprio le leggi della dinamica e della gravitazione, quelle con cui facciamo i conti tutti i giorni anche noi...).
La cosa che più ha fatto storcere il naso al pubblico più attento e preparato è la facilità con cui la Bullock (con l'aiuto di Clooney) passa da un veicolo spaziale ad un altro: prima il telescopio spaziale, poi la stazione ISS e infine la stazione spaziale cinese. La protagonista utilizza un semplice "jet pack" o altri stratagemmi per darsi piccole spinte verso quegli obiettivi... molti avranno pensato: certo, nel vuoto non c'è attrito e quindi basta aspettare a sufficienza e puoi arrivare ovunque, per inerzia! Giustissimo, se non fosse per un "piccolissimo" particolare: le differenze di velocità!
Tutti i satelliti, per essere tali, devono muoversi molto velocemente in direzione (circa) parallela alla superficie terrestre; se non lo facessero, ricadrebbero subito a Terra. Anche se questa affermazione può sembrare banale, la maggior parte di noi la dimentica e infatti non è difficile vedere reiterarsi in TV e al cinema la sbagliatissima idea che basti andare fuori dall'atmosfera e stazionare a poche centinaia di km di altezza per galleggiare senza gravità! (un esempio per tutti, il film “Navigator”)
Anche se “Gravity” non fa questo errore madornale, dimentica però che i vari satelliti stanno su orbite molto diverse. Ad esempio, il telescopio Hubble orbita a oltre 500 km su un'orbita inclinata di circa 28° rispetto all'equatore mentre l'orbita della ISS si trova a 400 km e a 57° di inclinazione. Quote diverse implicano velocità diverse e, come se non bastasse, le due diverse inclinazioni implicano che, anche quando i due satelliti sono alla minima distanza relativa tra loro (100 km, il che avviene raramente) i due vettori velocità puntano in direzioni diverse. In altra parole, andare dall'uno all'altro è come buttarsi da un treno in corsa o cercare di saltare da un aereo sulle ali di un altro aereo che vola in un'altra direzione, senza sfracellarsi!
Credit: NASA/JPL-Caltech/UMD
In generale, quando si parla del moto dei corpi celesti nel sistema solare (quindi non solo satelliti) bisogna sempre immaginare questi oggetti come posti in uno spazio a 6 dimensioni: tre sono quelle spaziali ma poi ci sono anche i tre componenti della velocità!
Due oggetti che sono vicini dal punto di vista spaziale, possono essere estremamente distanti in termini di velocità relativa (e quindi di traiettoria). Questo fa capire perché, ad esempio, fino a poco tempo fa tutte le sonde automatiche dirette verso una cometa facessero solo dei fugaci, brevissimi incontri (detti "fly-by") oppure, nel caso dell'impattatore della "Deep Impact", si schiantassero con la violenza di una piccola bomba atomica (pur non avendo esplosivo a bordo ma solo tanta energia cinetica!). Solo con la missione Rosetta si è riusciti finalmente a fare un avvicinamento progressivo (con futuro ingresso in orbita e atterraggio morbido) ma questo ha richiesto, oltre alle energiche "frenate" finali, 10 anni di complicate manovre e "gravity assist" per riuscire a raggiungere una traiettoria simile a quella di una cometa, che è molto diversa dalla traiettoria della Terra!
Tutto questo, naturalmente, gli esperti di navigazione spaziale lo sanno benissimo e infatti il parametro più importante di una missione non è la distanza da coprire ma il "delta-V" ovvero la differenza di velocità da colmare per raggiungere un obiettivo. Da questo parametro dipenderà la quantità di carburante da utilizzare e, di conseguenza, il "carico utile" di strumenti (ed eventualmente di equipaggio) che possiamo portare a destinazione!