16 settembre 2014 Lascia un commento
No per dire che c’e’ poco da scherzare,
Accadde che al nostro fu commissionato un lavoro per la televisione, "Medea" appunto ma nella riedizione che Carl Theodor Dreyer scrisse senza mai portare sullo schermo.
Medea, storia di amore e odio, follia tutta al femminile della quale tenere conto ancora oggi prima di turbare l’esistenza di una donna innamorata e certo si tratta di amore veramente folle quando e’ disposta a sacrificare i suoi due figli per colpire il loro padre.
Lasciando il classico ai classici, il regista danese interpreta a modo suo la vicenda e ci riesce con straordinaria efficacia, rispettando soprattutto il volere di tutte le parti in causa.
Euripide scrive il plot ma e’ con l’immaginario e la tecnica di Dreyer che von Trier dipinge il suo affresco, senza in tutto questo sacrificare se stesso, anzi inquadrandosi di prepotenza nel testo e nella forma.
L’anno e’ il 1988, percio’ "Medea" si inserisce nel centro della cosiddetta "trilogia Europa" della quale non possiamo non riconoscere la grana del quadro e l’atmosfera onirica supportata da ombre sfumate e movimenti fluttuanti di camera e attori. Non fosse per la diversa collocazione tematica, artisticamente "Medea" potrebbe persino essere il quarto elemento di una trilogia espansa.
Inoltre von Trier ambienta la vicenda nel nord Europa, contro l’intenzione di Dreyer che voleva invece la piu’ consona Grecia a fare da sfondo ma non di meno, giocando in casa, si accosta l’intenzione col risultato, anzi a sorpresa s’inserisce nel cerchio di citazioni, omaggi e riferimenti anche Ingmar Bergman che fa capolino nell’epica, nel contesto e nella sostanza di un film che von Trier ha il merito di aver girato in un sol colpo, sulle orme di tre registi.
Non meno importanti sono gli interpreti principali. Kirsten Olesen e’ una Medea indimenticabile, forza e dolore in sol volto e lui Udo Kier, forse nel suo ruolo migliore, sprigiona una potenza non inferiore a cio’ che seppe esprimere Max von Sidow durante gli anni migliori di una carriera importante.
Inutile dirlo, un’opera grandiosa e lo ancora di piu’ pensando alla scarsezza di mezzi a disposizione del regista confrontandolo col risultato finale e parlando di confronti, e’ persino avvilente affiancare questa grande pellicola con lo strazio che ne ricavo’ Pasolini, un orrore che a stento costumi, fotografia e scenografie salvano dal puro delirio.
Spiace rimarcare, ma e’ cosi’.
Film sublime e terribile col quale von Trier riesce a restituire l’epica di un dramma che resiste all’urto dei millenni.