
Lahlou ha preso l’abitudine di percorrere decine di kilometri sui suoi tacchi a spillo rosso fuoco ; qualcuno potrà pensare che sia una forma di provocazione o di eccentricità ma in realtà è un suo puro divertissement. Questo giovane artista, che presenterà i suoi lavori quest’anno al Daba Maroc (una stagione artistica dedicata all’arte contemporanea marocchina a Bruxell), si serve delle sue prestazioni per regalare al suo pubblico un universo meraviglioso e spostato. E piace. Nato da una madre spagnola cattolica e da un padre marocchino musulmano, trascorre la sua infanzia tra il Marocco (Casablanca) e la Francia. Diplomato alla scuola regionale di Belle Arti a Nantes prosegue i suoi studi al St. Joost Accademy di Breda, in Olanda, confrontando con il suo lavoro i paradossi quotidiani delle sue due culture, arabo-musulmana e giudeo-cristiana. Una sintesi che vuole perseguire senza affronti. ”Raccolgo delle immagini opposte che, alla fine, non lo sono. Ma capisco l’incomprensione delle immagini nuove“. Le sue immagini sono provocanti. Prima dei ”Tacchi di Allah“, ha messo in scena nel ”Cocktail o autoritratto in società“, alcune scarpe con tacco a spillo, di un rosso vivissimo, sexy e diaboliche, nel bel mezzo di un tappeto da preghiera davanti al quale si allineano diverse scarpe maschili. In altre rappresentazioni l’artista si denuda o si traveste, servendosi del suo corpo per costruire un ponte tra due estetiche precise. ” Il mio lavoro è autobiografico e parla di me“.

Lui è il personaggio principale delle sue creazioni e non esita a mettersi in scena con
modalità burlesche e ironiche. In una frase Mehdi respinge i suoi limiti,
brucia e trasforma le frontiere culturali, identitarie e religiose per ricreare il suo mondo,
decostruendo clichès e tradizioni, decomponendo la sua identità,
multipla. Con le sue danzatrice del ventre si traveste e rivisita
la mascolinità nel mondo arabo ma il pubblico non è mai sicuro che si tratti di
un affronto. Il suo segreto ?
L’ambiguità. È la base e la forza del suo lavoro prorompente; è quella che crea tensioni nel pubblico, che scava nei diversi sentimenti personali. Questa ambiguità diventa la sua linea di difesa contro le eventuali controversie; il ridicolo e l’humor sono presenti per consolare
i sentimenti che deragliano. Se le sue creazioni portano il pubblico a farsi domande, l’artista rifiuta l’idea di
veicolare un messaggio qualunquista. È nell’immaginario e nella meraviglia che desidera restare; ”
Nulla è reale, tutto è immaginario“, questo il suo karma. Il risultato del suo lavoro spinge inevitabilmente a farsi delle
domande senza risposte. Ognuno ha la sua interpretazione. Ad oggi Medhi ha esposto principalmente in Europa e dichiara: ”
Non espongo le stesse cose in Marocco; le culture sono differenti e le immagini non hanno la stessa storia“. Già, la prova provata, una delle sue opere che rappresenta
il suo corpo nudo su cui appaiono versetti del Corano ha creato una feroce polemica durante il
Marrakech Art Fair del 2011. Questo lavoro,
pubblicato su Internet,
non doveva essere esposto in Marocco perchè, secondo Mehdi, l’artista può zommare su dei temi delicati come
la sessualità, l’omosessualità o la religione, ma deve farlo
diversificando in funzione del luogo dove saranno esposti i lavori. ”
Non sono qui per criticare o per essere irrispettoso;
prima di iniziare un lavoro devo sapere dove esporrò e non procedo nello stesso modo se preparo una esposizione in Marocco o in Europa ». Un rispetto profondo dunque che
contraddice la sua personale storia, i suoi lavori e le sue peculiarità, che tracciano visivamente un percorso di vita in bilico tra due culture e due religioni
contrapposte al suo essere artista controcorrente, che hanno però forgiato in lui l’espressione più vera delle abusate parole
Rispetto dell’Altro,
qualsiasi Altro sia.
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