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Meditazione...un percorso tortuoso ma pieno di frutti

Da Genna78

Meditazione...un percorso tortuoso ma pieno di frutti

Meditazione...un percorso tortuoso ma pieno di frutti
Ciao,
hai già iniziato la tua pratica quotidiana di
meditazione? se lo hai fatto seguendo psinel
sai che da un bel pò di tempo sto studiando,
praticando ed approfondendo questa metodica
con grande soddisfazione. a differenza delle
solite tecniche di cambiamento personale la
meditazione non promette "effetti magici" se
non la si pratica con dovizia, per molto
molto tempo...
...in questi anni ho condiviso con te il mio punto
di vista da praticante, anzi puoi rintracciare nei
post precedenti quando ho iniziato a parlare in
modo "serio" di meditazione (circa nel 2009).
Così in questi anni molti mi hanno chiesto
consiglio sulla propria pratica, ed il motivo
principale di queste richieste è riassumibile
in un singolo concetto: "come mai ci sono
giorni in cui la meditazione sembra andare
alla grande e giorni invece in cui sembra
fare schifo"?
La risposta più ovvia e banale sta nella tua vita,
cioè in che cosa stai vivendo in quel periodo. Se
ti stai lasciando con la ragazza e ne eri molto
innamorato è chiaro che la meditazione possa
non essere "come sempre". E' ovvio che questo
cambia anche in base alla quantità di pratica
che hai  alle spalle. Ma nonostante questa
differenza metrica (cioè misurata nel tempo)
la cosa che sconvolge maggiormente sta
proprio nella "differenza"!
La differenza fra quando stiamo bene e ci mettiamo
a meditare e quando invece non stiamo proprio
bene. Questo fatto ovvio non lo è altrettanto per
chi medita da poco tempo e magari ha iniziato a
raccogliere i frutti di questa pratica. E si vede,
per così dire, sfumare mesi e mesi di esercizi
quando le cose "la fuori non vanno bene".
Questa primo ostacolo è uno dei più difficili da
superare, la molla principale sta nel sovra
valutare le abilità acquisite nella pratica.
Meno pratica hai e più difficile sarà accorgerti
da dove "arrivano le distrazioni". Per tanto, se
ti trovi in una situazione del  genere, il mio
consiglio è quello di fare le cose "con calma"
ed auto compassione, come detto nel podcast41.
Riparti dai primi esercizi di focalizzazione su
qualcosa di esterno, come i suoni, e via via
riavvicinati a te stesso, tornando al tuo corpo
e poi al tuo respiro. Invece che cosa fanno la
maggior parte delle persone?
Esatto aumentano le ore di pratica, convinte che
se le cose non vanno bene meditare un po' di più
potrà solo aiutarle a risolverle. Ok, il ragionamento
non fa una grinza, ma dipende...dipende sempre
da quanto quel "pensiero esterno" ti disturba. Se
insisti "con forza" stai prima di tutto facendo una
cosa contraria alla meditazione, che dovrebbe
insegnarti ad accettare le cose prima di
cambiarle. 
Il secondo aspetto importante da sottolineare è
legato alla natura di ogni abilità. Se ad esempio
vuoi imparare a suonare la chitarra, all'inizio
ci saranno degli step difficili da superare (come
mettere le mani, le note, il  barrè ecc) ad un tratto
si raggiunge una dimestichezza tale per cui si
possono suonare molte cose. Come la famosa
"canzone del sole" ecc. ma se si vuole già ad
esempio fare qualche arpeggio le cose
iniziano a cambiare...
...e cambiano ancora di più quando si rende conto
che tenere il tempo è complesso così come tante
altre piccole cose che fanno la differenza fra un
"chitarrista da spiaggia" ed un vero appassionato
per non parlare del "chitarrista professionista". In
ognuno di questi step (che ovviamente non esistono
ma li ho creati per semplicità) c'è una sorta di
"sbarramento tecnico" che dice più o meno
una cosa del genere:
"Fino a quando non sarai riuscito ad acquisire le
abilità X e Y non potrai fare il salto". Questo
concetto molto chiaro in ogni tipo di  abilità
viene spesso dimenticato nelle abilità di tipo
psicologico. Il primo motivo per cui  accade è
che tutti nasciamo con una certa quantità di
abilità psicologiche innate e poi apprese. E
ci sembra che quelle siano quelle "più giuste"
e da li leggiamo il mondo.
Mentre imparare a  suonare la chitarra non è
qualcosa di naturale (anche se pure in questo
campo potremmo fare un discorso simile con
chi crede "di essere portato" e spesso finisce
con lo studiare poco e non cavare grossi
risultati dalla sua innata abilità) entrare in
uno stato di presenza lo è eccome. Per cui
ci sembra di esserne già attrezzati...
...ma non solo, ci sembra che quel tipo di
sensazione di presenza, quella ad esempio che
si raggiunge nei primi mesi di pratica sia
quella "finale"... ma non è così. Via via che
si pratica questo stato s'intensifica cambiando
e rendendoti più sensibile, al punto che può
sembrare di "non arrivare mai". Proprio
come accade in qualsiasi campo dello
scibile umano.
Quando ad esempio qualche piennellista mi
dice di aver capito tutto sul funzionamento
umano capisco che ha studiato pochissimo;)
quando invece sento dire che "c'è sempre
da imparare" capisco di essere davanti a
uno che ha studiato e praticato per anni. Così
quella sensazione di "non arrivare" non è
un segnale di pericolo, ma al contrario è
il segnale che stai per "salire di livello".
Così tornando al nostro chitarrista: una cosa è
imparare a suonare la "canzone del sole" ed una
altra è suonare un pezzo jazz. Ma in realtà il
vero maestro non lo vediamo mentre fa Jazz
ma guarda caso mentre suona qualcosa di
semplice. Se come me hai mai fatto una
audizione per entrare in una scuola di
musica sai che ti chiedono cose molto
banali e semplici...
...non vogliono infatti vedere se sei in grado di
suonare la chitarra a 300 km/h mentre le dai
fuoco con la bocca ;) ma vogliono vedere e
sentire se hai "sviluppato il tuo tocco" o se
invece sei ancora alle prime armi. E non
hanno bisogno  di sentirti suonare il jazz
per capirlo, gli basta un semplice pezzo in
4/4. Così un vero musicista passa ore ed
ore ad affinare i fondamentali della sua
tecnica...
...non perché non li conosca, anzi! ma perché
è ripartendo dai primi passi che riesce a fare
quel salto di qualità. Meditare è tornare con
costanza sui fondamenti dell'attenzione, la
vera arte è evitare di spaventarsi quando il
percorso sembra stranamente tortuoso, non
giudicarsi duramente e perseguire. E nel
caso che dicevo prima, quando qualcosa
nella realtà non va troppo bene...
...rallentare! se durante una scala di note inizia
a farti male la mano, un vero maestro ti ferma
e non ti lascia proseguire, pena la tendinite (che
io ho avuto ;)) che ti ferma per troppo tempo.
Meglio rallentare, applicare il nostro non-
giudizio a ciò che capita ed andare avanti
in modo gentile e cauto. Tenendo sempre in
mente che se il percorso si fa tortuoso
significa che forse stai "per fare il salto":)
Ti lascio con una storiella zen che mi hai sentito
di certo raccontare più volte, ma è perfetta per
concludere questo post:
Un giorno un giovane allievo si reca dal suo
maestro e gli dice: "maestro questa settimana
la mia meditazione è stata tremenda...non
riuscivo a concentrarmi e la mia mente
continuava a vagare...cosa posso fare?" Il
vecchio maestro lo guarda intensamente e
gli dice "passerà". Il giovane va via un po'
confuso... torna dopo una settimana e
dice:
"Maestro avevate ragione, questa settimana
la mia meditazione è stata perfetta, ero ben
concentrato, nulla riusciva a distrarmi ed ho
sentito attimi di illuminazione". Il vecchio
maestro lo guarda intensamente e gli dice:
"passerà" :)
A presto
Genna


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