Si incendiano uno dietro l’altro i paesi del Mediterraneo. La Tunisia, l’Albania, l’Egitto e forse un domani anche la Libia. Il Libano rischia (pare) una nuova guerra civile. La Giordania e la Siria dal punto di vista sociale potrebbero essere due polveriere. Un po’ più a Sud (ma non frega a nessuno perché succede in Africa) il Sudan del sud si rende indipendente, continua il genocidio in Darfur, la Somalia è una tortuga per terroristi e signori della guerra, l’Eritrea e l’Etiopia non sono molto meglio conciate.
In tutto ciò quel vestito vuoto che dovrebbe rappresentare il nostro Ministro degli Esteri si barcamena per sapere se la cucina di Montecarlo era di Fini o della Tulliani, mentre i mass-media discettano assorti sul deretano vizzo del Nanarca, gli uni accusandolo di turpe gerontopygia, gli altri spergiurando che invece ha ancora i glutei più sodi di un bronzo di Riace. Lasciando da parte la fine politologia italiana, anche il resto dei governi d’Europa osserva un compunto silenzio su quello che succede nei paesi a noi vicini. Tunisi, Il Cairo, Tirana, città raggiungibili in due ore di aereo da qui.
Per molto tempo ha fatto comodo che vi regnassero governi autoritari. Hanno tenuto lontani gli estremisti islamici e hanno fatto altri lavori sporchi. Come il riverito (dal nostro governo) sceicco Gheddafi, un satrapo dal potere assoluto che elimina per conto nostro quelli che tentano di immigrare in Italia. Ma come dice Bobo Maroni (un Himmler in sedicesimo vezzeggiato anche a sinistra come supposta mente pensante della Lega) «Sono problemi interni della Libia».
Noi europei non siamo stati capaci di favorire processi di democratizzazione, se non in minima quantità e abbiamo girato la testa dall’altra parte pensando che «quei popoli lì» sono abituati ad essere governati col pugno di ferro e la sferza. Certo in Tunisia si sta meglio che in Iran o in Corea del Nord, ma è sufficiente?
Ora che quei ragazzi sono per le strade e chiedono i loro sacrosanti diritti democratici e chiedono di non morire di fame e chiedono di non restare disoccupati si vede lontano un chilometro che l’imbarazzo europeo è dovuto al rischio di perdere il controllo sui vassalli e ritrovarsi con dieci governi fondamentalisti islamici, ma eletti democraticamente (come successe del resto nel 1990 in Algeria).
La politica verso i nostri vicini rimane essenzialmente coloniale e non importa che non si mandino più le cannoniere ad ormeggiare nei loro porti. Noi a queste persone riconosciamo meno diritti umani perché i loro diritti contrastano con il mantenimento della nostra sicurezza, del nostro status quo. Lo sappiamo tutti. Aspetto di sentirlo dire a qualcuno in televisione, non appena abbiano terminato di parlare delle compiacenti odalische del sultano.