E’ tutto un verso di coccodrillo per le strade di regime, ma sono sicuro che gli uomini buoni e lucidi non possono non essere d’accordo con la redazione, qui, su una cosa: non c’è nessuna ragione per piangere la morte di Francesco Cossiga. Non ce n’è perché Cossiga è un criminale, e quando morrà Totò Riina o il tipo che ha ammazzato le due prostitute con la balestra io non ne piangerò affatto.
Io e la mia generazione, anestetizzati da 15 anni di politica televisiva, abbiamo quasi dimenticato che fino a poco tempo fa, da queste parti, le cose andavano peggio. C’erano treni che saltavano in aria, banche devastate da ordigni con chiodi, poliziotti che sparavano ad altezza d’uomo, uomini che sparavano ad altezza poliziotto, servizi segreti deviati, aerei di linea che cadevano giù. C’erano centinaia di morti. Sfondo di tutti questi disastri era uno Stato gestito, tra gli altri, da Francesco Cossiga. Queste vicende rendono oggi e renderanno per gli anni a venire l’Italia un sistema diffidente, impaurito, per nulla aperto al dialogo e ostile verso le minoranze e i dissensi. Il grado di coinvolgimento di Francesco Cossiga nelle morti delle persone fisiche e della speranza di avere un Paese normale non mi era chiaro. Fino a più o meno un paio di anni fa.
Fino al giorno, cioé, in cui Francesco Cossiga, riguardo al movimento studentesco “l’Onda”, disse:
Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno. Lasciarli fare. Ritirare le forze di Polizia dalle strade e dalle Università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di Polizia e Carabinieri. Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì… questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio.
Io quel giorno ho capito una cosa. Che, doppio stato o no, in quegli anni passava l’idea che gli omicidi di stato fossero una “ricetta democratica”. E che quella idea viene proposta ancora oggi, in una situazione assolutamente tranquilla, sotto forma di consiglio da anziano padre della repubblica o, peggio, come battuta. Che a prescindere dal personaggio che hanno costruito attorno a Francesco Cossiga, il giorno in cui quell’avanzo di galera smetterà di vomitare veleno sul mondo sarà un buon giorno per questo Paese, per me, per la mia generazione e per quelle che arrivano.
Solo un appunto: la Costituzione che ci fanno studiare all’università, prima di permettere Berlusconi, ha fondato e protetto il potere di un parlamentare, ministro, presidente della repubblica e senatore a vita che in confronto Charles Manson era un hare krishna. Lo ha fondato e protetto senza limiti, senza fare una piega. La Costituzione che tutti reputano intoccabile, morto Cossiga, andrebbe riscritta da capo a fondo, per disperazione, per vergogna. Preambolo: “Noi, speriamo”. Articolo 1: “Se l’Italia è una Repubblica Democratica, è fondata su Giorgiana Masi”.