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“Melisenda e altre storie da non credere” di Edith Nesbit, Donzelli

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

melisendacopChe Edith Nesbit sia scrittrice coltissima e geniale, raffinata ma allo stesso tempo piacevolissima, dalla modernità imperitura e l’originalità stupefacente, è lampante fin dalla lettura di questi suoi nove racconti, riuniti da Donzelli nella preziosa e raffinata raccolta “Melisenda e altre storie da non credere” e scritti dall’autrice nel 1901, prima dei suoi più celebri – e oramai divenuti classici – romanzi per l’infanzia.

Storie dal tono fiabesco in grado di andare oltre la fiaba per sottrarsi, ammiccanti, ad ogni facile classificazione, capaci di stupire e incantare lettori di ogni età, spiazzandoli, nutrendone la fantasia e ribaltandone i punti di vista.
Pagine dalla logica schiacciante che della logica parrebbero l’antitesi, con i loro contenuti eccentrici che eccentricamente si susseguono.
Eppure – meraviglia! – il risultato è tutt’altro che bislacco, bensì risponde ad una composizione armoniosa ed elegante, mai stonata, rigorosa a tal punto che a chi legge pare che i fatti non avrebbero potuto essere diversi da come si rivelano e che, sì, ogni elemento stravagante è perfettamente al suo posto.

Facile quindi, ed estremamente interessante e divertente, entrare nei mondi raccontati, lasciarsi trasportare nei percorsi labirintici e quasi “escheriani” de “La città nella biblioteca” dove in un gioco di scatole cinesi e conseguenti ingrandimenti o rimpicciolimenti (chi può dire quali dei due?) due fratellini disobbedienti si trovano ad entrare e uscire da città composte di giocattoli e libri cercando la chiave per tornare alla loro dimensione.
Oppure accorarsi per il destino di Melisenda, principessa i cui capelli, per via di un incantesimo affrettato - espresso senza ben valutare i risultati (e i rischi) di un calcolo matematico - crescono a velocità supersonica, o per quello del principe protagonista de “Un principe, due topi e tante sguattere”, condannato da una fata malefica a sposare una moglie con “quattro gambe e nessuna mano”, e la cui capacità di amare senza interesse né egoismi, riuscirà a condurlo infine alla felicità.
O ancora godere dell’effetto sorpresa, costruito con sapienza tracciando un percorso di indizi mascherati da bizzarrie, ne “La Montagna blu”, o scoprirsi indispettiti sulla scia dei piccoli, e lievemente ironici, moralismi e pedagogismi de “Làdovesivuoleandare” dove l’insoddisfazione e la facile lamentazione sono puniti e la troppa curiosità e l’arido materialismo causano la cessazione di ogni salvifico effetto magico.

Questo solo un assaggio della varietà di spunti e di contenuti, di suggestioni e idee che animano e conducono i racconti della Nesbit, incredibilmente fuori schema anche quando, per provocazione, ripropongono lo stesso – come ad esempio quello dell’incantesimo malvagio lanciato dalla fata non invitata al battesimo di un principe o principessa – o si allineano, fintamente omologati, sulla scia della classica fiaba di magia.

Storie che non cedono alla lusinga del lieto fine ma che allo stesso tempo sono in grado di offrirlo – perfino zuccheroso se aggrada -, e che, addirittura, possono lasciare il lettore senza una vera e propria chiusa – come in “Le conseguenze dell’aritmetica” – attribuendogli il compito di rielaborare una personale chiave di interpretazione delle vicende.

Racconti, ancora, dai molteplici echi che rivelano la personalità sfaccettata e poliedrica della scrittrice e che possono essere inquadrati, se letti in profondità, nella sua intima e, per i tempi, moderna e vivace visione del mondo.
Ecco quindi che le storie di Edith Nesbit si rivelano portatrici di tematiche innovative di carattere sociale ed ecologico, pedagogico e filosofico, rimanendo allo stesso tempo leggere e godibilissime, lasciando che i piani di lettura possibili si contaminino con freschezza e non con necessità. In tal modo l’esegesi di ogni storia resta al livello di suggestione, senza che il suo peso gravi sull’immaginazione e sulla dimensione del fantastico.

Per approfondire la natura, estremamente ricca, dell’opera, come anche l’animo e la tempra dell’autrice, suggerisco la lettura della bella ed esauriente introduzione all’edizione Donzelli, scritta da Rita Valentino Merletti che ha saputo, da esperta e studiosa di letteratura per l’infanzia, cogliere tutte le luci e le particolarità di un libro che oserei definire quasi indispensabile in un ben fornito, e di qualità, scaffale per ragazzi.

Ne consiglio quindi vivamente la lettura, particolarmente quella ad alta voce, da parte di un accorto e sensibile adulto di riferimento che sappia interpretare natura e piglio dei racconti, come anche ben rendere le tante ammiccanti e argute annotazione, e piacevolissime incursioni, dell’autrice nella narrazione.

melisenda
Da notare, infine, le raffinate, pregiate e delicate, illustrazioni della talentuosa artista americana Lindsey Yankey (già nota in queste pagine per le splendide tavole dell’albo “In cerca del vento”), che si mostrano perfettamente in linea con lo spirito del libro, con la loro capacità di incontrare le suggestioni del fiabesco sul terreno della modernità e dell’eleganza, del dettaglio e della rielaborazione personale, originale e innovativa.

(età consigliata: dai sette anni per la lettura condivisa, dai nove anni per la lettura autonoma)

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