Fino a poco tempo fa la presenza di Melissa P. non sarebbe mai stata rilevata dal mio pur potentissimo radar scovanemici, questo è poco ma sicuro.
Non che le manchino i requisiti fondamentali, intendiamoci, ma se dovessi badare a tutti gli scarti e le mezze calzette che nel desolante panorama letterario italiano assurgono al ruolo di nomi di spicco, guadagnandosi così l’adorante fanatismo di uno zoccolo duro di extracomunitari della letteratura, ne dovrei ricavare un mestiere perché di certo non avrei tempo di fare altro. Io infatti Melissa P. la detesterei pure, e con tutto il mio cuore, per l’immeritato successo acquisito per mezzo del suo illeggibile romanzo d’esordio e della pensata (che a lei sarà sembrata innovativa quando era già stantia prima ancora che De Sade morisse) di attirare lettori sessualmente frustrati e morbosamente curiosi piazzando un’ammucchiata un paragrafo sì e l’altro pure. Ma una volta che me la prendo con lei, come faccio a trascurare Federico Moccia? Con che coraggio posso tacere riguardo alle insostenibili citazioni di Fabio Volo che trovo ogni giorno su Facebook, condivise e commentate da persone che ero solita ritenere piuttosto assennate? Come mi guardo allo specchio ogni mattina, sapendo di non aver ancora esposto al pubblico ludibrio le velleità da giallista di Giorgio Faletti? Dolente, ma non dispongo di forze sufficienti per dedicarmi a tutti i ciarlatani a cui viene concesso di straparlare su carta stampata: sono troppi e soprattutto proliferano così in fretta che non sarei in grado di tenere il passo; così, dopo breve dissidio interiore, ho risolto di non cimentarmi in un’impresa superiore ai miei mezzi.
Nelle ultime settimane, tuttavia, Melissa P. è in mezzo ai piedi un po’ troppo spesso per i miei gusti. A quanto pare, tenermi scientemente alla larga da libri spazzatura, da quel tipo di televisione vuota, sciocchina e in prevalenza giovanilista che ostenta infondate pretese di spessore (un nome su tutti: Victoria Cabello, che infatti ospita regolarmente la mia nemica del giorno) e in generale da quello che immaginavo potesse essere il suo campo d’azione non è stato sufficiente: la maledetta mi ha inseguito fin nelle pagine del mio quotidiano preferito, l’ultimo al mondo in cui mi sarei aspettata che le venisse consentito di dare mostra della sua inqualificabile pochezza.
E qui entra in scena Luca T., dove T. sta naturalmente per Telese. Giornalista del Fatto Quotidiano e conduttore di “In onda”, Luca Telese si è guadagnato subito la mia simpatia per il non trascurabile merito di essere una delle rarissime buone penne della sua redazione. Questa simpatia, presto trasformatasi in una sorta di ammirazione, ha tuttavia cominciato a mostrare pericolosi segni di cedimento quando mi sono accorta che la sua condotta nei confronti di Luisella Costamagna, sua partner televisiva, rasenta spesso l’orlo della villania e in generale si contraddistingue per supponenza e sarcasmo. E se posso senz’altro sorvolare sul caratteraccio di una persona che in fin dei conti stimo per la sua professionalità, mi è stato più difficile digerire l’appassionata e un tantino patetica apologia di Maurizio Belpietro che Telese, unico al mondo a non nutrire il minimo sospetto riguardo al fantomatico attentato subito dal direttore di Libero, pubblicò in due battute sul suo blog, permettendo ai suoi pur legittimi sentimenti d’amicizia di accecarlo del tutto circa le fumose circostanze dell’agguato. Ciò malgrado e cieca io stessa, però, sono rimasta colpevolmente sospesa in un corrucciato odi et amo finché Luca T. non ha deciso di dedicarsi alla promozione dell’immagine di Melissa P. – e, spregio degli spregi, di perseguire i suoi scopi attraverso il Fatto Quotidiano. Questa no, non giela posso proprio perdonare.
Ha cominciato con il renderci partecipi delle scaramucce tra la cosiddetta scrittrice e la sua prima casa editrice, pubblicando in tempo reale una soap opera di nessun interesse e tutto il necessario apparato di recriminazioni e botta e risposta tra i due contendenti, che si lanciavano insulti e frecciatine dalle pagine del giornale accusandosi reciprocamente di truffa e inganno. Niente di più e niente di meno di quanto il mondo dell’editoria non possa derubricare a caso di ordinaria amministrazione veniva così inspiegabilmente strombazzato con un’intera pagina ad hoc, mentre orde di lettori in preda allo sgomento si riversavano sul sito web della testata a protestare.
Non contento, e ignorando i minacciosi segnali che gli erano chiaramente pervenuti dal pubblico rumoreggiante, a brevissima distanza di tempo Luca T. ha di nuovo intervistato la sua beniamina e, con lo stesso affetto parziale che gli fa scorgere la buona fede nelle menzogne di Belpietro, l’ha elevata a sociologa della sessualità, trasformandola in un’eminente esperta in grado di fornirci la chiave di lettura dello sfascio morale che stiamo vivendo – anziché, come eravamo abituati a credere, parte integrante e, mi viene da dire, prodotto naturale di tale sfascio. Una mutazione genetica che oggi permette a Melissa P. di discettare con disinvoltura del postribolo (specchio riflesso, Silvio) di Arcore e di dichiarare con ostentata sicumera che il “sesso come esperienza” e il “sesso come marchetta” sono in antitesi et tertia non datur (interessante notare come la signorina non completi il ragionamento hegeliano menzionando il sesso come esperienza da raccontare, nel suo caso malamente, a scopo di lucro, sintesi perfetta delle prime due categorie e dimostrazione che tertia datur, eccome; e ancora più degno di nota il simmetrico silenzio dell’intervistatore sull’argomento).
Infine, giusto domenica scorsa, Melissa P. scriveva un articolo per il Misfatto e veniva invitata a “In onda” per commentare, a che titolo non è dato sapere, la manifestazione delle donne. Insomma, tutto induce a pensare che l’immagine della pennivendola specializzata nel confezionamento di lubriche patacche stia subendo un deciso e soprattutto caleidoscopico restyling. Continua a scrivere i suoi libercoli (senza significativi miglioramenti, se è vero quanto apprendo dall’articolo che è alpha e omega di ogni critica su Melissa P.), ma occhieggia furtivamente la televisione e soprattutto tenta di intrufolarsi nel discorso politico o pseudopolitico con la complicità e il supporto di un entusiasta Luca T., il cui atteggiamento rimane per il momento indecifrabile. Per spiegarmi ancora meglio, temo che tra poco sentiremo parlare di Melissa P. come di un’intellettuale di sinistra. Ma non disperiamo: da quel momento in poi potremo solo risalire.
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