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Melville, tra routine e follia

Creato il 09 gennaio 2015 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

Nel 1853 Herman Melville scrisse “Bartleby lo scrivano, una storia di Wall Street”, racconto in cui si narra la bizzarra storia del copista Bartleby, che si rifiuta di lavorare e smette completamente di trascrivere i documenti che gli affida l’avvocato da cui dipende. Leggendolo mi sono posto, per tutto il tempo, la medesima domanda che assillava l’uomo di legge: perché rifiuta ogni compito?

Per questo motivo ho deciso di scrivere questo articolo con il quale proverò a rispondere.

Bartleby

Nel racconto l’avvocato accetta con passività la stranezza del suo sottoposto, non solo, viene anche contagiato dal suo modo di parlare. Bartleby diventa la sua ossessione, la sua monomania, insomma, la sua figura lo tormenta senza mai dargli pace. È stato osservato, a partire da questi indizi, che lo scrivano potrebbe essere stato concepito come doppio dell’avvocato, ipotesi che mi è parsa convincente; è una parte che tende a una mite e silente ribellione all’insegna del rifiuto e che invece il giurista tenta di imbrigliare e di ricondurre alla propria informe adattabilità. Inizialmente tenta semplicemente di dare una spiegazione razionale all’insensato comportamento di Bartleby. Prova poi a convincerlo in ogni modo, infine si trova costretto a licenziarlo; non si libera però del copista che, come un fantasma, rimane immobile nell’ufficio, ormai divenuto la sua casa. L’avvocato tuttavia è deciso a sbarazzarsene e decide quindi di traslocare: Bartleby rimane lì. Verso la fine del racconto, l’uomo di legge scopre che è stato arrestato per vagabondaggio. Va a visitarlo in prigione, ma lo trova a terra, in posizione fetale, vicino a un muro.

Il suo pranzo è pronto. Neppure oggi vuole pranzare. O riesce a campare d’aria?” chiede il secondino. “Ormai sì, d’aria” risponde l’avvocato e gli chiude gli occhi.
Come?… Dorme, vero?”
Sì con i re e i consiglieri della terra”.

Bartleby, l’ostacolo ad una vita tranquilla e senza preoccupazioni, ma anche l’opportunità non vista di una svolta autentica, viene confinato e muore. L’avvocato diviene il simbolo di un’accettazione remissiva della vita e dei suoi eventi, Bartleby quello di un rifiuto ostinato e destabilizzante. Le certezze del primo vacillano nello scontro con lo scrivano, ma alla fine prevale la prudenza e il desiderio di una tanto stabile quanto noiosa sicurezza.

Melville

Non sapremo mai se era questo che Melville voleva esprimere, ma una volta che abbiamo il testo davanti tocca a noi farci i conti.

Bartleby lo scrivano è uno dei racconti moderni più discussi e interpretati, amato da scrittori come Samuel Beckett, George Perec, Albert Camus e Gianni Celati. È fonte inesauribile di suggestioni, come tutti i capolavori. Simile, sotto questo aspetto, anche un’altra celebre opera di Melville: il vasto e meraviglioso Moby Dick. Indimenticabili le storie che i due testi raccontano e i personaggi che hanno plasmato, al di là di ogni interpretazione. A volte sentiamo il bisogno di farci semplicemente assorbire dal racconto e ammaliare dall’arte narrativa e penso che stia anche in questa stratificazione il valore inestimabile della letteratura.

Paolo Cerutti



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