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Memetica

Creato il 20 dicembre 2011 da Mente Libera

Memetica

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Memetica

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La memetica (o scienza del meme) è una nuova disciplina nata da un concetto coniato da Richard Dawkins nel 1976 nel suo best seller “Il gene egoista”.
Un meme è una entità di informazione relativa alla cultura umana che è possibile trasferire da una mente o da un supporto simbolico di memoria (un libro, un archivio dati, ecc.) ad un’altra mente o supporto; è dunque “una unità auto-propagantesi” di evoluzione culturale, affine a ciò che è il gene per la genetica.

L’idea di meme era comunque già presente gia nel 1945 in “As We May Think” di Vannevar Bush, uno dei primi ispiratori della futura idea di World Wide Web. Bush descrisse una macchina immaginaria chiamata “Memex” che era in grado di migliorare la memoria umana, consentendo a tutti gli utenti di archiviare e richiamare i dati tramite meccanismi di associazione del tutto simili a quelli che oggi vengono denominati “ipertesti”.

La memetica non è dunque comparsa dal nulla ma ha raccolto una lunga tradizione di pensatori e scienziati che ne hanno costruito le attuali frontiere concettuali.

I memi sono le idee che, trasmesse da mente a mente, acquisiscono una sorta di vita autonoma e manifestano una loro caratteristica capacità di diffusione e replicazione. Esistono pertanto dei memi “forti” cioè con alta capacità di diffusione e replicazione, e memi “deboli”, con scarsa capacità di diffusione e replicazione.

Un meme può essere parte di un’idea, una lingua, una melodia, una forma, un’abilità, un valore morale o estetico; può essere in genere qualsiasi cosa possa essere comunemente imparata e trasmessa ad altri come un’unità. Lo studio dei modelli evoluzionistici del trasferimento dell’informazione prende il nome di memetica.

La memetica studia dunque la natura ed il funzionamento dei memi, ipoteticamente definiti come replicatori culturali. Essa ha l’ambizione di studiare i fenomeni culturali, i sistemi sociali e le loro eventuali

rappresentazioni mentali o simboliche secondo un approccio ispirato ispirato alla teoria dell’evoluzione al fine di mettere in luce i codici generatori dei fatti culturali e di osservare la loro capacità di evolvere attraverso la trasmissione, la variazione e la selezione in un terreno intra e inter-umano. In tal modo la memetica rivendica l’autonomia del “pensiero” rispetto al pensatore.

La memetica è una disciplina piuttosto complessa a cavallo tra psicologia, antropologia, genetica e sociologia.

Questa nuova scienza trova applicazione nei più svariati campi dell’attività culturale umana. Ad esempio, i cosiddetti “tormentoni” generati dai mass-media o estrapolati da film, videogiochi, discorsi pubblici sono memi capaci di diffondersi e mutare. Un motore di ricerca può essere uno strumento utile, ancorché imperfetto, per misurare la diffusione memetica di una frase. Uno slogan pubblicitario può diventare un meme quando comincia ad essere ripetuto dalle persone ed utilizzato nelle conversazioni.

Un meme può essere un ritornello musicale che viene fischiettato dalle persone. Ma un meme può essere anche un’ideologia, una teoria scientifica, una religione.

Il termine meme è dunque usato per indicare un qualsiasi pezzo di informazione che viene trasmesso da una mente ad un’altra. Questa interpretazione è più simile all’idea del “linguaggio come virus” piuttosto che all’analogia di Dawkins dei memi come comportamenti replicantisi.

Dal punto di vista della memetica, non è importante quanto un’idea sia vera o profonda, ma come e quanto si diffonda e si replichi. La forza di un meme, dunque, non deriva dalla sua verità o bellezza, ma da una serie di altri fattori che sono appunto l’oggetto di studio della memetica.

Come si spiega l’enorme successo di alcune canzoni rispetto ad altre?

Come si spiega la forza di alcuni messaggi pubblicitari rispetto ad altri?

Come si spiega il diffondersi di ideologie o di culti a volte balordi o distruttivi?

La memetica risponde a queste domande individuando alcuni “pulsanti” mentali che sono particolarmente sensibili ad alcuni tipi di memi.

Si tratta dei pulsanti istintivi (fame, sesso, protezione dei bambini, pericolo) o di pulsanti culturali (strettamente legati alle ideologie dominanti o di nicchia). Se un’idea tocca alcuni pulsanti sensibili allora si installa, si replica e si diffonde.

Indipendentemente da quanto sia vera, valida profonda o bella.

Gli esseri umani sono pieni di “memi” , di tracce mentali, idee, credenze, apprese dagli altri esseri umani (face-to-face) o da fonti mediate. Anche le organizzazioni umane sono piene di “idee” o “tracce mentali” spesso subite più che costruite.

Se da un lato questo modo di guardare alle idee ed ai prodotti culturali degli esseri umani può sembrare freddo, addirittura cinico, in quanto non si occupa dei loro valori e delle loro verità, ma solo della loro capacità di diffusione, d’altro canto ciò consente un esame impietoso di alcuni fenomeni sociali, culturali o politici, rivelandone aspetti altrimenti nascosti.

Tutti sanno, ad esempio, che la politica si avvale sempre di più dei potentissimi mezzi di informazione chiamati media. Ma ciò viene considerato comunemente come la componente meno nobile e solo di superficie, mentre dovrebbe essere riservata ai contenuti della politica la parte nobile e seria. Dal punto di vista della memetica, la politica si gioca in massima parte ad un livello di lotta di memi. I memi più forti vincono. E non sempre i memi più forti sono i più validi o i più veritieri. I professionisti dell’immagine manipolano le informazioni in modo da costruire a tavolino dei memi che abbiano maggiori possibilità di affermazione.

In un articolo apparso su “Le Scienze” Pete Ward si chiede se l’Homo Sapiens si stia ancora evolvendo o se la nostra specie si sia, da questo punto di vista, stabilizzata. Sebbene l’eredità genetica stia ancora operando (negli ultimi 10.000 anni gli esseri umani si sono evoluti 100 volte più velocemente rispetto a qualsiasi altra epoca) sembra che oggi sia la cultura il fattore che decide se gli individui vivono o muoiono; ora l’evoluzione potrebbe essere puramente culturale, invece che genetica.

Come il DNA, anche il patrimonio culturale subisce mutazioni nel corso del tempo; qui però non si tratta di geni ma di idee che, a differenza delle mutazioni, non nascono solo in modo casuale ma in genere nascono intenzionalmente, di solito con l’obiettivo di risolvere un preciso problema pratico. Già questo determina una forte accelerazione nell’evoluzione culturale rispetto a quella biologica: chi cerca e trova una soluzione che permette un migliore adattamento all’ambiente può riuscire a diffonderla, in qualche misura, fra i suoi contemporanei. Non è necessario aspettare che sia il caso a portare la mutazione adatta nell’arco di chissà quante generazioni.

Anche se tutto ciò che è cultura sembra essere profondamente diverso dal patrimonio genetico, ciò che hanno in comune è che entrambi vengono trasmessi: “la differenza principale sta nella loro modalità di trasmissione.Questo crea una somiglianza profonda fra genetica e cultura, ma anche differenze, e può aiutarci a capire somiglianze e differenze nell’evoluzione di ambedue”

Seri tentativi di costruire una teoria dell’evoluzione culturale sono rintracciabili nei lavori di Lumsden e Wilson Cavalli-Sforza e Feldman e Boyd e Richerson. Tutti questi studiosi hanno tentato, in un modo o nell’altro, di produrre dei modelli formali che integrassero gli effetti dell’eredità culturale nei modelli standard dell’evoluzione biologica. I loro lavori solo strettamente collegati alla teoria dei memi. Dawkins produsse, nel 1976, il miglior tentativo di applicare il pensiero evolutivo alla cultura, tracciando una forte analogia tra l’evoluzione della cultura e l’evoluzione biologica. La memetica ipotizza che entità che hanno l’abilità di riprodursi fedelmente (chiamati replicatori) sono necessarie per spiegare la somiglianza fra generazioni. Nei modelli standard biologici questa funzione è affidata ai geni. I geni fanno copie di se stessi, e questa caratteristica spiega come mai la prole abbia una così profonda rassomiglianza con i propri genitori.

Se la cultura evolve similmente è necessario trovare delle forme di replicatori culturali che spieghino l’eredità culturale. Il meme assolve a questo ruolo.

E’ interessante notare che mentre è dato per scontato che tutti i memi sono idee (e viceversa) Dawkins include anche altre tipologie di enti, come il modo di modellare vasi, che è una tecnica nel pool memetico.Per Dawkins, l’imitazione è il modo in cui i memi possono replicarsi, ma proprio come non tutti i geni possono replicarsi con successo, così nel pool memico alcuni memi hanno più successo di altri. Questo è l’analogo della selezione naturale. In generale le qualità che i memi devo avere sono longevità, fecondità e fedeltà di copiatura. Mentre la longevità di una copia qualunque di un meme ha probabilmente un’importanza relativa, come per i geni, la fecondità è molto più importante della longevità di copie particolari; la sua diffusione dipenderà da quanto sarà accettato entro la popolazione che lo ospita. Per la fedeltà di copiatura lo stesso Dawkins ammette di muoversi su un terreno non molto solido, in quanto sembra che questa qualità non sia posseduta dai memi. Infatti i memi vengono trasmessi in forma alterata, qualità alquanto diversa dai loro corrispettivi biologici, i geni, che adottano la qualità del “tutto o niente” nel replicarsi. A questo problema Dawkins rimedia teorizzando che l’impatto dei memi non è determinato dalla singola unità memetica ma dall’insieme che questi hanno sull’ambiente culturale, ovvero dall’essenza del messaggio che viene trasmesso.

La prospettiva proposta dal concetto di meme ha creato vari problemi, il più importante dei quali è legato alle limitazioni insite nell’analogia gene/meme. Le critiche sono state mosse per lo più dalle scienze sociali che sono ostili a un approccio evolutivo alla cultura, ma anche nel campo degli evoluzionisti culturali la teoria del meme è stata fortemente criticata.

Gli argomenti che più frequentemente muovono contro la teoria proposta da Dawkins sono varie, qui le più importanti:
- Le unità culturali non sono replicatori: i replicatori, infatti, sono unità che fanno copie di se stesse. I critici del concetto di meme suggeriscono che non si conosce nessun meccanismo che può spiegare come i memi siano copiati. Ma questo è un errore. Un’idea può essere imitata semplicemente attraverso l’osservazione e la deduzione: un agente B può osservare il comportamento di un agente A, dedurre che A ha una credenza X e in tal modo fare sua la credenza di A. Le idee possono essere acquisite anche attraverso la comunicazione linguistica. Un agente A potrebbe credere in X, comunicarlo a B e B iniziare così a credere in X. In entrambi i casi si può dire che la credenza X fa una copia di se stessa, attraverso il linguaggio, l’osservazione e la deduzione. Una forte critica alla memetica è che l’imitazione è troppo soggetta all’errore per fare da appoggio al processo di replicazione. Come, d’altra parte, è altrettanto vero che quando la stessa idea si propaga in una popolazione è molto difficile che questa si trasmetterà inalterata.

Sperber sostiene che la riproduzione di tipo culturale è raramente memetica, preferendo usare quelli che chiama “attrattori”, cioè schemi culturali di pensiero che consentono il diffondersi di rappresentazioni in una popolazione senza che ci sia un’imitazione letterale di queste.Non tutte le idee sono replicatori, quindi non tutte le idee sono memi;

- Le unità culturali non formano lignaggi: un altro tipo di critica che viene mossa al concetto di meme è che mentre nella replicazione genetica si può risalire da un singolo gene a un genitore, le idee raramente vengono copiate da un’unica fonte in maniera tale da poter risalire a un’origine nota e puntiforme;

- La cultura non può essere frammentata in unità discrete: le idee sono in relazione reciproca tra loro. Se un individuo è in grado di acquisire una conoscenza ciò dipende dal fatto che è in grado di correlarla alle sue competenze concettuali. È impossibile, ad esempio, credere nella teoria della relatività senza capirla, e non la si può capire senza avere ulteriori conoscenze relativa alla fisica.

Le critiche riportate sono focalizzate principalmente sulla reale fedeltà del processo memetico, per quanto altri detrattori muovono contro l’effettiva utilità del concetto di meme, arrivando a dubitare dell’esistenza dei memi stessi.

In altre parole la critica alla memetica si incentra nella sua base neo-darwiniana e genetista da cui è scaturita.

Queste critiche appaiono però superabili, l’approccio memetico è ancora nella sua fase adolescenziale, ma sembra avere tutti i presupposti per poter crescere ed evolversi nell’era del Web 2.0 e della comunicazione digitale.
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di: Gandolfo Dominici

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Fonti:
-Richard Dawkins, Il gene egoista, Mondadori, 1994
-Pascal Jouxtel, Memetica, Bollati bolinghieri, 2010
-http://it.wikipedia.org/wiki/Meme
-http://www.antiarte.it/antiarte/memetica.htm
-http://www.evoluzioneculturale.it/



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