“L’anno dei miei novant’anni decisi di regalarmi una notte d’amore folle con un’adolescente vergine”
Se ne è andato giovedì 17 aprile 2014 il colombiano Gabriel García Márquez, premio nobel per la letteratura nel 1982 e uno degli scrittori contemporanei più amati. Abbiamo pensato di ricordarlo attraverso quello che è stato il suo ultimo romanzo, “Memoria delle mie puttane tristi” (Mondadori, 2004), quasi se partendo dalla “fine” potessimo avvicinarci di più a quel “creatore di favole” che ha creduto nella vita concepita come una “nuova e devastante utopia, dove le stirpi condannate a 100 anni di solitudine potessero avere finalmente una seconda opportunità sulla terra”.
La trama è ispirata ad un romanzo giapponese “La casa delle belle addormentate”, scritto da un altro premio Nobel (nel 1968) Yasunari Kawabata, che Márquez ha ammirato molto, e di cui ha riportato l’incipit all’inizio del libro. Protagonista indiscusso è un anziano giornalista, appassionato di musica classica, che nella vita ha sempre vissuto in solitudine.
Giunto al suo novantesimo compleanno, decide di compiere un’impresa alquanto audace. Forse l’ultima che la vita vorrà concedergli: trascorrere la notte con una ragazza illibata. L’uomo, che si definisce “brutto, timido e anacronistico”, si rivolge all’anziana Rosa Cabarcas, maitresse di un bordello, con la quale aveva già avuto a che fare in passato. In gioventù infatti, egli è stato un assiduo frequentatore di case per appuntamenti, avvezzo ad un amore solo di tipo carnale.
La ragazza prescelta, che chiama Degaldina, non ha ancora compiuto 15 anni, ed è una povera anima che per vivere è costretta a badare alla madre e ai fratelli, e a lavorare a cottimo in una fabbrica dove attaccano bottoni. La notte dell’incontro però, la ragazza è troppo stanca e si addormenta. Il giornalista non ha il coraggio di svegliarla, e scopre il piacere di rimanere inerme a contemplare il corpo nudo di una donna, “senza le urgenze del desiderio o gli intralci del pudore”.
È lo stesso professore a redigere la memoria di questo amore puro e totalizzante, che prima non aveva mai riconosciuto nelle donne che, come tante meteore, avevano condiviso la sua vita. A novant’anni egli inizia a vivere, una seconda giovinezza; ad assaporare il vero gusto dell’esistenza, che poi, si riduce all’essere innamorati.
È l’amore che rende migliori, nei confronti di se stessi e con gli altri. E fa questa scoperta nell’età in cui, ironia della sorte, la maggior parte dei mortali è già morta. Ne segue un rapporto platonico, fatto di notti passate insieme, nudi, a dormire. Una presenza rassicurante reciproca, che rimane a livello di “sogno” e che non troverebbe riscontro nel mondo reale.
“Avevo sempre creduto che morire d’amore non fosse altro che una licenza poetica. Quel pomeriggio, di nuovo a casa senza il gatto e senza lei, constatai che non solo era possibile morire, ma che io stesso, vecchio e senza nessuno, stavo morendo d’amore”.
Il gatto, regalatogli per il compleanno dalle segretarie del giornale per il quale ancora lavora, diventa il simbolo di questa nuova consapevolezza. Dopo poco il suo arrivo in casa, il felino avrebbe dovuto essere soppresso perché vecchio e malato, ma con la sensibilità ritrovata, l’uomo rifiuta di dare il consenso. Si rende conto che non si può accettare passivamente la morte come qualcosa di ineluttabile, quindi nemmeno sopprimere una creatura perché vecchia, solo perché secondo logica.
Anche un essere vivente in là con gli anni è capace di dare qualcosa di fresco e diverso, come per esempio la nuova linfa vitale di cui sono intrisi i suoi articoli per il giornale, dopo l’incontro con la ragazza.
Insolita la scelta di un protagonista nonagenario, al quale Márquez fa compiere imprese al limite del verosimile, proprio dal punto di vista della resistenza fisica, ma anche questo fa parte di quell’atto di “magia narrativa” al quale ci ha abituato, nel profondo del suo universo fantastico.
La voce narrante dell’anziano protagonista è ironica, vitale, con frequenti riferimenti al sesso e ai piacere della vita, che lo rendono un personaggio tutt’altro che obsoleto.
L’ultimo romanzo di “Gabo” è divertente e allo stesso tempo amaro, in cui scaturisce tutto il rammarico di un uomo che ha scoperto troppo tardi la gioia di vivere.
Written by Cristina Biolcati