Può capitare anche in una grande città di imbattersi in uno sguardo, una voce, un suono che ci ripiombano in qualche attimo del nostro passato più o meno remoto. In queste occasioni, si può verificare che ci si ricordi esattamente momento, occasione, persone coinvolte e nostre sensazioni o emozioni; altre volte invece la memoria si dimostra fallace e ci dichiara solo che quel qualcosa che abbiamo incrociato appartiene di buon diritto alla nostra vita ma non ci racconta e non ci identifica lo specifico fotogramma a cui poterlo collegare.
Ma in ambedue i casi si può verificare un casino: se riconosciamo di cosa si sta parlando, magari quelle sensazioni ed emozioni non erano tanto belle e positive e quindi se ancora non siamo venuti a patti con il nostro passato cerchiamo di svicolare e di nasconderci dietro l’impaccio della prima mossa “se non mi dice nulla, vuol dire che non si ricorda o che non ha piacere”. Però questo atteggiamento colpisce ulteriormente la nostra autostima, ci palesa quanto in realtà pensando di essere superiori, invece, siamo inferiori, e quando andiamo in giro a testa alta stiamo fingendo con noi stessi e con gli altri che ci guardano.
Nel caso in cui la memoria carogna non ci aiuta, ecco lì possiamo essere messi in mezzo senza rendercene conto e finiamo per dover ammettere che non siamo riusciti in quei momenti ad entrare in reale sintonia con il soggetto o l’evento, che il nostro cervello nascosto si era addormentato e non aveva colto niente, facendo tabula rasa di quel momento nella nostra memoria, come se fosse in overflow. Ed allora dopo tanti anni cerchiamo di ricostruirla, immaginiamo eventi, sceneggiamo situazioni, ma per onestà mentale dobbiamo riconoscere che la nostra memoria fallisce miseramente in tante occasioni e ce ne domandiamo il perché.
Ultimamente, mi sta succedendo spesso di chiedermi perché certe situazioni e persone mi sono rimaste nella memoria, anche se forse in alcuni casi non proprio piacevolissime, ed altre invece sono state cancellate, o meglio la memoria selettiva che mi ritrovo ha spazzato via i connotati soggettivi di quelle persone, come a volerle rendere meno protagoniste di certi eventi negativi, lasciando solo l’immagine a coprire quel vuoto, come se questa facesse meno male. Mi domando quanto dovrò vivere per poter risolvere tutti i nodi che mi affliggono, anche se mi rendo conto che con il passare degli anni devo aver individuato un metodo per mettermi in pace con me stessa più velocemente e meno radicalmente che in passato, forse anche con maggiore leggerezza, che è la caratteristica che più invidio a chiunque.