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Appena una decina di anni fa reperire la discografia della James Gang o entrare in possesso di album come Tanz der Lemminge o Never Never Land poteva NON essere una cosa semplice. Occorreva setacciare i negozi migliori nel giorno dei nuovi arrivi, imparare a memoria la collocazione dello scaffale della Repertoire, frequentare le biblioteche in cerca delle vecchie Enciclopedie Musicali dell'Arcana, sfogliare i cataloghi dei pochi che vendevano per corrispondenza (e mettersi d’accordo con gli amici per risparmiare sulla spedizione!); scambiare quattro chiacchiere con qualche Iniziato al Progressive Segreto; battere assiduamente ogni mostra scambio di vinile e CD, almeno per assicurarsi che oggetti misteriosi come “First Utterance” o “Quatermass” esistessero veramente. Erano esperienze a volte frustranti, spesso dispendiose o infruttuose. Inutile sottolineare come le cose siano cambiate. Ad essere onesti la rete ha reso certe Ricerche di Arche Perdute ben più facili e, a mio parere, anche più economiche. Rimanere senza soldi a Bolzano dopo avere speso le ultime lire (50, mila…, se non ricordo male…) per una (banale) stampa spagnola di Led Zeppelin IV oggi non mi sembra una furbata. Cosa ho perso allora, a fronte di un pratico quanto materiale guadagno? La relazione diretta, sensoriale con l'oggetto; il gusto della ricerca e, perchè no, della peripezia; il divertimento di due chiacchiere con qualche Santone della Psichedelia Nascosta che ti racconta per filo e per segno quanto sia fantastico l’album dei Frantic. “Quale Album?” “Come quale? Quello dei Frantic, l’unico che esiste, a patto che sia l’originale, il 20103 della Lizard”. Con la copertina gialla e viola che fa tanto psych-out. “E adesso senti questo: altro che Rolling Stones!” Di quel passato "eroico" mi è rimasta una reliquia, unica, meravigliosa, spuntata dall'ennesimo scaffale in giorno di pulizie...non che l'avessi mai realmente persa di vista...sapevo bene che era lì da qualche parte. Per anni è stata dentro al vecchio zaino di scuola… Si tratta di un taccuino in cui annotavo nomi di gruppi sconosciuti e i titoli di album introvabili; ma anche ritagli di recensioni sui giornali, discografie fotocopiate da qualche remota enciclopedia blues, riferimenti discografici, copertine degli album rifilate con cura da riviste come “R-News – Mensile d’Informazione e Aggiornamento Discografico”, una ventina di pagine in bianco e nero formato A4 che alcuni negozi di dischi distribuivano gratuitamente; poi appunti presi in conversazioni con qualche Estatico Iniziato, biglietti da visita di negozi e rivenditori privati, volantini e buoni sconto per la successiva fiera del disco. Una piccola miniera, e, al tempo stesso, una pietra preziosa. Lo portavo sempre con me - non sai mai dove puoi trovare il disco della vita - in anni che stimo essere compresi tra la fine dei novanta e i primissimi 2000. Cominciai a compilarlo non appena mi resi conto che erano troppi i nomi e i dettagli degli artisti e i dischi da tenere a mente; troppe le varianti di copertina su cui far cadere l’occhio in scaffali e bancali ricolmi di vinili, troppa indecisione nei momenti fatidici dello scartabellamento di scatoloni e ripiani. Una testimonianza, non tanto di un'altra musica, quanto di un altro approccio, di un’ antica esperienza Rock, fatta di Viaggi in Italia (centro nord, via!) per cercare i negozi migliori e non mancare agli appuntamenti delle fiere. Ripensandoci ora, dispiace un po’ non aver più il tempo (o la voglia?) di girovagare come una volta. Scontiamo la comodità di comprare con un clic con la mancanza di emozioni fisiche, epidermiche. Sfogliando il taccuino, trovo molti appunti evidenziati in arancione: era il segno di spunta; “Questo, finalmente, ce l'ho!” ... ma ne restano tanti altri non evidenziati, la maggioranza. E' sempre di più quello che ci manca rispetto a quello che abbiamo. Che la caccia (ri)cominci?
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