Di persone che sforano ne sono state individuate qualche decina con in testa il capo della polizia Manganelli che percepisce 620 mila euro lordi l’anno, in netto qualcosa come dieci volte meno della Severino. Ma non si comprende quale sia la ratio di stabilire un tetto massimo per funzioni e attività estremamente diverse fra di loro, di diversa gravosità e complessità, mentre per ciò che riguarda il settore privato, magari per attività assai meno complesse, la retribuzione possa essere ad libitum ed anzi benvenuta.
Si dirà perché i funzionari di alto livello vengono pagati direttamente da noi attraverso le tasse, mentre le attività private sono alla fine contratti tra singoli determinati dall’onnipresente mercato. Ma la realtà è assai più complessa: in primo luogo perché anche le funzioni nell’ambito del pubblico sono pur sempre dentro un mercato del lavoro e una realtà generale che a volte richiede retribuzioni di una certa entità per assicurarsi le persone migliori. Questo non toglie che siano stati strapagati a milioni “manager” a dir poco mediocri, ma questo avviene perché quando non si tratta di errori spesso sono candidati di parte politica, di cricche e scalate, derivano cioè da quel diffuso malcostume cui sembra non si voglia porre mano: in ogni caso i tetti massimi fanno a pugni con l’universale mercatismo cui si ispira il governo. In secondo luogo è del tutto falso che le retribuzioni nelle attività private, siano esse industriali, professionali o altro, non siano pagate dai cittadini: lo sono eccome, anche se indirettamente, sulle merci, sui servizi e sui salari di ogni tipo.
Tanto per fare un esempio quest’anno Marchionne, lasciando da parte i 200 milioni di stock option che già possiede, prenderà uno stipendio di 3,5 milioni e, come compenso supplementare, un pacchetto di azioni del valore di 50 milioni. Su entrambi i redditi pagherà solo il 30% di tasse, quindi meno della quasi totalità dei suoi dipendenti. Ora a parte gli effetti distorsivi che tutto questo può avere sulla stesse strategie industriali, è evidente che Marchionne da solo vale assai più del risparmio che lo stesso ha preteso per Pomigliano d’Arco e poco meno dei salari di un anno pagati a tutti gli operai della medesima fabbrica. Pensare che questo, unito agli emolumenti dei top manager Fiat e anche di quelli medi (il discorso vale ovviamente per tutte le altre case automobilistiche) non abbia a che vedere con il prezzo delle automobili è una pura illusione. E questo vale anche per tutti settori.
Certo anche qui non si può ragionare in termini di tetti massimi, ma un criterio “giusto” anche all’interno del mercato va pure trovato. E non c’è nemmeno bisogno di andare lontano nel tempo e nello spazio per avere indicazioni. Già Olivetti non ne faceva una questione di tetti prestabiliti, ma di rapporto con i salari dei lavoratori in modo da non creare abissali differenze che rendono instabile la società e alla fine deprimono anche il mercato. Allora era dieci volte in più, adesso siamo ai duemila operai come Marchionne, ai 50 poliziotti come Manganelli, alla decina di magistrati di prima nomina come per il presidente della Cassazione. Insomma una giungla dentro la quale almeno lo Stato, invece di mettere tetti, dovrebbe dare un qualche ordine “morale” e stabilire che, per esempio, chi è capo di un organismo o di un’amministrazione non può percepire più di 20 volte (dico una cifra caso) lo stipendio più basso di quell’organismo o di quell’organizzazione.
E’ evidente che questo rappresenterebbe almeno un piccolo segno di equità ed eviterebbe che per guadagnare di più si chiedessero sacrifici a quelli che stanno in basso. Sarebbe un esempio lasciato alla società civile, qualcosa da imitare e scommetto che Marchionne punterebbe alla qualità di prodotto invece che ai bassi salari.
Ma certo non accadrà, abbiamo reggitori dello Stato a cui il pubblico e lo Stato stesso fa orrore: forse per questo sono così sciatti e così privi di inventiva nelle loro mosse.