Non avrei mai pensato di ritrovarmi faccia a faccia con l’inchiostro di Flaubert, avevo troppa paura. Così ho scelto un racconto che scrisse a 17 anni. Avevo ragione. Paura folle: paura per la sua bravura, per il dover rileggere una frase tre volte per capirne realmente l’essenza, visualizzare l’immagine che voleva ricreare, carpire il profumo che stava annusando. Ma la mia è sempre stata paura di innamorarmi e di non essere all’altezza. Invece è successo. Mi sono innamorata di un diciassettenne che scrive da uomo. Mi ha conquistato il suo modo di scrivere così gorgogliante, mi ha accarezzato con le sue teorie sugli uomini e sul loro essere piccoli granelli di un infinita grandezza; Gustave mi ha cinto con le sue frasi avvolgenti, sento ancora il tono della sua voce, voce che ha un corpo, tanto lei bella, che seduce, come se ci fosse un incantesimo nelle sue parole. Lui, però, in quelle poche pagine, è stato rapito dal fascino di un’altra donna, che non ero io. Gelosia. Il giovane Flaubert mi ha raccontato del suo primo amore ed io ho fatto finta di ascoltarlo, di essere dispiaciuta per la sua storia, da brava lettrice, e intanto sottolineavo il suo genio e ingoiavo pagina 65-66-67-68-69-70-71 senza respirare, perché credo che lui le abbia scritte senza fiato.
Lui mi aveva avvertito, erano memorie di un folle quelle che mi accingevo a leggere: questi versi, però, per la maggior parte erano falsi come le promesse d’amore e incerti come il bene. Io ho creduto a quelle promesse e ad un affascinante uomo francese. Fatelo anche voi. Vi prego.
Glenda Gurrado
Gustave Flaubert, Memorie di un folle, 77 pp.