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Memorie di un veterinario: il Tiger Temple di Kanchanaburi

Creato il 05 febbraio 2015 da Italianoabangkok @BeingAndrea

Memorie di un veterinario: il Tiger Temple di Kanchanaburi

Sono passati 7 anni e, nonostante in tanti con il tempo mi abbiate chiesto consigli e impressioni su Wat Pa Luang Ta Bua, meglio noto come Tiger Temple, è solo la notizia di ieri comparsa sul magazine online “Thai PBS” del sequestro di 100 tigri che mi ha spinto a fare un viaggio indietro nel tempo e mettere nero su bianco la mia esperienza in quello che credo sia una delle attrazioni turistiche della Thailandia più dibattuta: trappola per turisti o santuario per la conservazione delle tigri?

Memorie di un veterinario: il Tiger Temple di Kanchanaburi

Cucciolo di tigre alla catena (foto scattata a giugno 2008)

So già che indipendentemente da quanto io possa dirvi la decisione se andare o no a Kanchanaburi a vedere il Tempio delle Tigri l’avete presa da tempo e difficilmente cambierete idea. Almeno non potrete dire che nessuno vi aveva messo in guardia. Ma andiamo con ordine…

Ero appena arrivato in Thailandia. Avevo solo 3 settimane per vedere il Paese dei Sorrisi e l’idea di trasferirmi non m’aveva sfiorato neppure l’anticamera del cervello. L’ambulatorio veterianrio della Dott.ssa Minici alle porte di Roma mi aspettava al rietro dalla vacanza. Ero partito senza aver programmato nulla, consapevole che non sarei riuscito a fare e vedere tutto quello che questo paese offre ad un turista (o viaggiatore se meglio credete).

2 giorni qui, 3 giorni là… poi una mattina passeggiando per Silom noto un cartello che pubblicizzava escursioni di 2 giorni nella Provincia occidentale al confine con la Birmania di Kanchanaburi: fiumi, cascate, cimiteri militari, un ponte su un fiume che tanto suonava come il titolo di un vecchio film (Il ponte sul fiume Kwai - The Bridge on the River Kwai), la famosa ferrovia Birmania-Thailandia di cui appunto parlava il film e costruita da prigionieri di guerra. E poi una foto incredibile di una turista sorridente seduta accanto al mio felino preferito, la tigre! In soli 10 minuti ero già fuori dall’agenzia con i biglietti “all inclusive” per l’escursione e 1500 baht in meno nel portafoglio – NB: esistono numerosissime agenzie con pacchetti diversi a costi diversi, dai 750 baht agli oltre 15 mila per chi vuole fare poi un bagno con i delfini a Hua Hin.

Non sapevo - perché non mi ero affatto informato - che i tour che includono la visita la Tempio delle Tigri a Kanchanaburi, a poche ore di distanza da Bangkok, fossero supergettonati. E in fondo non mi interessava neppure perché per la prima volta avrei avuto la possibilità di vedere da vicino e magari accarezzare questo splendido ed elegante mammifero.

Durate le circa 4 ore di tragitto la guida del tour aveva più volte sottolineato che a Wat Pha Luang Ta Bua il primo cucciolo arrivò nel 1999 dopo essere stato salvato dai bracconieri e che da allora i monaci del tempio si erano adoperati per portare avanti questo progetto di conservazione e tutela delle tigri. All’epoca nel tempio si contavano poco meno di 100 esemplari fra cuccioli e adulti, nonché moltissimi altri animali e uccelli in quello che veniva descritto come un’oasi dove gli animali vivevano in armonia gli uni con gli altri e con l’uomo.

Qualcuno accanto a me bofonchiava che era una trappola per turisti, che aveva letto articoli con opinioni contrastanti e che gli esemplari adulti erano sedati e costretti a trascorrere ore e ore legati alla catena sotto al sole, senza cibo o acqua.

Subito dopo pranzo arriviamo finalmente al Tempio delle Tigri. Avendo pagato già il biglietto (che oggi credo ammonti a 500 baht) saltiamo la fila alla biglietteria e, prima ancora di realizzare quanto caldo facesse, ci viene fatto firmare una dichiarazione con la quale solleviamo da ogni responsabilità il tempio per qualsiasi danno che una tigre possa arrecarci durante la nostra permanenza, morte compresa. Un paio di “volontari” farang invitano, neppure troppo educatamente, alcuni di noi a cambiare gli indumenti e spiegano sommariamente le regole per avvicinarsi alle tigri  - niente colori  vivaci in particolare il rosso, evitare i movimenti scattosi ed improvvisi e i rumori troppo forti.

Nel frattempo io mi chiedevo perché si chiamasse tempio visto che di quello che avevo imparato essere un tempio non ce n’era neppure l’ombra. Sembrava piuttosto di essere in uno zoo tenuto male, con una sorta di “canyon” scavato nella roccia con pochi alberi accanto ai quali c’erano delle tigri legate alla catena. Mi ripetevo nella testa che era tutto per una questione di sicurezza!

Ma sicurezza di chi? Delle tigri o dei visitatori?

Arrivati ad un certo punto del canalone di pietra un’altra biglietteria… soldi extra per passeggiare con la tigre al guinzaglio (ovviamente con un monaco a c apo della ridicola processione), soldi extra per avere la foto scattata dal fotografo ufficiale del tempio, soldi extra per sedersi sulla tigre, soldi extra per dare il biberon con il latte ai cuccioli… la trappola inizia a farsi più chiara davanti agli occhi.

Mentre faccio la mia bella fila sotto al sole per entrare nel recinto leggo un dépliant in cui vengono pomposamente spiegati gli obbiettivi del Tiger Temple ovvero che tutte le donazioni vengono utilizzate per la conservazione e rieducazione di questi animali in modo tale che un giorno possano tornare nel loro ambiente naturale per vivere libere.

Entro, scatto, accarezzo e prendo il polso! Sì… avete letto bene: per la prima e unica volta in vita mia ho misurato la frequenza cardiaca di un esemplare maschio adulto di tigre semplicemente appoggiando sulla femorale il mio indice-medio-anulare. Bradicardia e ipotensione (ritmo rallentato e polso debole). Non ho avuto molti dubbi su quanto avevo sentito. Su internet avevo letto che “the heart rate of tigers ranges from 56 to 97 bpm” ovvero che i battiti dovrebbero oscillare fra i 56 e i 97 al minuto mentre quelli che avevo contato io erano decisamente inferiori. E qui ho commesso l’errore: mi sono permesso di chiedere ad un “volontario” come mai il battito fosse così rallentato, se fosse per caso l’effetto di un qualche farmaco (acepromazina?). Non ho detto che sono laureato in medicina veterinaria e che fino a quel momento, anche se non lavoravo con le tigri, ero comunque un libero professionista in Italia.

Con arroganza e tono saccente mi viene spiegato che “tutti le tigri avevano appena mangiato e come tutti i felini dopo mangiato erano semplicemente assonnati e rilassati e che, perdi più, hanno l’influenza positiva della calma dei monaci e sono animali abituati all’uomo ”. Davanti ai miei occhi la scena dei miei gatti che dopo mangiato se gli giravano le scatole un bel morso o una zampata comunque te la davano, altro che calma postprandiale! Vengo poi altrettanto bruscamente invitato ad allontanarmi dalquella zona e a proseguire altrove la mia visita al tempio.

Memorie di un veterinario: il Tiger Temple di Kanchanaburi

Ora, la certezza dei miei sospetti non ce l’ho ma di certo in quel luogo non ci torno e se posso cerco di far riflettere chi ama gli animali che se si vuole davvero tutelare la specie per poi reintrodurla in libertà:

  • non la si tiene a catena
  • non la si porta al guinzaglio
  • non le si tira la coda o punzecchia con bastoni per tenerla soggiogata
  • non la si costringe a stare a contatto forzato con l’uomo
  • non la si nutre come se fosse un gatto domestico
  • non la si tiene in gabbie di dimensioni ridotte

E poi, dal 1999 ad oggi non è mai stata reintrodotta in libertà una sola tigre direttamente dal centro!

Sicuramente non capita tutti i giorni di accarezzare una tigre. Sicuramente non capita spesso di avere la possibilità di passeggiare circondati da così tante tigri. Ancora meno frequente la possibilità di dare il latte ad un cucciolo di tigre. Non nego che ero emozionato. Ma al di là dell’emozione mi è rimasto l’amaro in bocca molto più forte di quello provato l’ultima volta che entrai in uno zoo.

L’amaro di chi si sente truffato. Di chi vede uno degli animali che più ama trattato come una qualsiasi attrazione turistica, ridicolizzato e maltrattato, sfruttato, tenuto in cattività senza la minima coscienza etologica - e neppure ecologica ovviamente! L’amaro di chi realizza di essere impotente e di non poter far nulla oltre che dire apertamente la propria opinione. L’amaro di chi ha fatto il turista per caso, senza informarsi prima perché per lo meno sarei andato preparato.

Il ponte sul fiume Kwai e le bellezze di Kanchanaburi

La mia posizione sul turismo ecosostenibile l’ho chiaramente espressa parlando di come ho scelto il corso base da Mahout a Chiang Mai e posso solo dire in conclusione che per me è un “SÌ” a Kanchanaburi, zona bellissima della Thailandia ma un “NO!” al Tempio delle Tigri, perlomeno fino al giorno in cui non avrò la certezza che quello che dicono sia davvero messo in atto. Ma forse mi sbaglio, voi che dite?

La Thailandia è piena di attrazioni/trappole di questo tipo ed è ancora carente di un turismo ecosostenibile - spetta noi fare le scelte giuste, o quantomeno provarci!
Andrea in Thailandia - corso base da mahout a Chiang Mai


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