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Memorie libiche, parte terza. Mondo femminile.

Da Suster
Non so se avrete notato che sto procedendo in ordine alfabetico, per aree tematiche.
Sembrerà folle, pedante, enciclopedico al limite, e magari un po' fine a sé stesso, ma questo glossario della mia esperienza libica è venuto formandosi all'inizio quasi spontaneamente dai miei appunti e ho giocato a finirlo per vezzo. Infine l'ho trovato molto comodo per riassumere e organizzare impressioni mischiate e sparpagliate su un'area di quattro settimane di vissuto.
Quindi proseguo, fino a sfinimento. Voi potete anche desistere. Nessun rancore, eh!
Donne.
Data la mia incontestabile appartenenza a questa porzione di umanità, mi sembra doveroso fornire una testimonianza su quanto osservato vivendoci in mezzo.
E' certo un argomento piuttosto spinoso, e tenterò di non cadere nei facili estremi della demonizzazione di una società bigotta e maschilista che abbrutisce ed emargina la donna, e l'idillio di un'età dell'oro in una società carica ancora di quei valori sani e primordiali soffocati dalle sovrastrutture della nostra contemporaneità.
Posso solo raccontare ciò che ho visto e che mi ha più colpito, e siccome scelgo di attingere ad appunti presi di volta in volta,  sotto la spinta di emozioni del momento e stati d'animo il più delle volte negativi dettati dalla mia difficoltà di adattarmi ad un contesto tanto diverso dal mio, in maniera più che mai soggettiva.
In effetti mi sembra difficile poter parlare della mia esperienza di vita in Libia tralasciando di trattare un capitolo sulle donne, per il semplice fatto che la vita laggiù sembra correre su due binari paralleli e raramente intersecantesi, due universi a sé stanti e apparentemente non comunicanti, ma evidentemente una qualche comunicazione tra i due dovrà pur esistere, se la vita deve in qualche modo riprodursi.
Naturalmente sto parlando del mondo maschile e di quello femminile, che qui si presentano nettamente divisi e confinati, direi quasi barricati l'uno per l'altro, per la maggior parte delle attività della vita degli individui.
Colgo l'occasione per tentare di dare una risposta a uno dei più comuni interrogativi che mi vengono posti da amici e conoscenti che cercano di farsi un'idea della Libia: "Com'è la condizione della donna laggiù?"
Ora partiamo dal presupposto che io sia ben lungi dal riuscire a dare una risposta chiara.
E' ovvio che posso giudicare solo attraverso i miei criteri di giudizio, forse viziati in parte dal pregiudizio insito in noi femmine occidentali, consapevoli e fiere dei nostri diritti e della sofferta "parità", della necessita di "emancipazione" della donna, anche in contesti culturali in cui da parte loro (delle donne) questa esigenza non è affatto avvertita, e la loro condizione non è affatto vissuta come inferiore o subordinata.
Non escono la sera per locali, le donne libiche, non amano girare per strada da sole, e non amano farsi vedere in faccia dagli esponenti dell'altro sesso.
Non amano neanche farsi fotografare il volto, per quanto questa cosa sia già attutita tra le esponenti delle ultime generazioni, tra le quali ho ravvisato quasi con sollievo un certo grado di vanità civettuola...
Le donne libiche indossano sempre un fazzoletto in testa, e non è che siano obbligate, non richiedono di una Santanché che si batta per il loro diritto di andare a capo scoperto, nient'affatto. Quell'indumento fa parte integrante del loro modo di vestire e non sentono il peso della costrizione di doverlo indossare (come la sottoscritta), come dimostra il fatto che se lo tengono addosso, incuranti, anche in casa, quando non vi sarebbero tenute per ragioni di decenza sociale (non essendo esposte alla possibilità di sguardi maschili esterni alla famiglia).
Le donne libiche non si macerano nella sofferenza per il fatto di non poter frequentare, al fianco dei consorti o fidanzati, le fumose caffetterie della città, affollate notte e giorno esclusivamente da uomini intenti a sbevazzare ottimi thé rossi e neri, orribili brodaglie nere che chiamano caffé, e a sfumacchiare tabacco aromatizzato alla menta dai loro pittoreschi narghilé egiziani. Non saprebbero che farsene, le donne libiche, di questa inopinata fortuna. Loro stanno bene in casa, la casa è il loro regno, la loro massima aspirazione, il luogo dove si realizzano e si incontrano, parlano degli argomenti che più le animano (il prossimo o l'ultimo matrimonio; la visita di questa o quest'altra parente, i possibili partiti da presentare alla figlia o alla nipote in età da marito) finanche a quelli più futili (ricette, vestiti, "maquillage").
Il fatto che io non mi truccassi e non indossassi gioielli d'oro è stato a lungo oggetto delle più animate discussioni per i primi giorni della mia permanenza, finchè, sfinita, non ho ceduto alle lusinghe del kohol e della matita per occhi, rendendo mia suocera la donna più felice della Terra.
Le donne libiche sono tutte belle: non esistono donne brutte, grasse, basse o sgraziate, o almeno troppo brutte o troppo grasse e così via, per il semplice fatto che loro sanno di essere belle, sanno di essere desiderabili e importanti, sanno di essere oggetto di desiderio e interesse maschile, ed è per questo che si preservano con cura estrema, si nascondono e si sottraggono da qualsiasi sguardo o contatto sconveniente.
Ed è anche per questo che non sono complessate, non hanno mai contemplato l'eventualità di rifarsi il seno o di liftarsi la faccia, non nascondono i chili di troppo più di quanto nascondano fisici da velina, e amano farsi agghindare e imbellettare a dovere dalle altre donne, quando si sentono protagoniste di un evento importante che le riguarda (leggi: quando si sposano, o si sposa una parente o un'amica molto vicina), senza alcun imbarazzo e inibizione. Amano essere e sentirsi belle.
Invidio sempre il modo in cui sanno trasportare con fierezza femminile enormi deretani fasciati in panneggi di stoffe nere o colorate, senza il minimo imbarazzo per l'ingombro.
Le donne libiche si sposano. Tutte. E fanno più figli che riescono.
Chissà se pensano che potrebbe non essere così, che potrebbero anche solo pensare di farne solo quattro o cinque, e non necessariamente un numero maggiore di otto...
E comunque mi dicono che ci sono molte donne libiche che scelgono anche di lavorare e non vedo perchè mettere in dubbio questa verità, solo che io non ne ho conosciute, dato che in linea di massima la famiglia media in Libia se la cava benissimo tirando avanti con il solo lavoro maschile.
Ma non è vero, dai, le ho viste anche io, le donne, agli sportelli degli uffici pubblici, e nelle agenzie di viaggio e negli studi fotografici: è vero! E va bene: le donne libiche lavorano pure, solo che non te ne accorgi.
In effetti in alcuni negozi la clientela femminile gode di un ingresso dedicato, separato da quello degli uomini, in una sezione del negozio in cui può tranquillamente farsi servire da personale femminile, se vuole evitare di portarsi dietro il figlio maggiore di 13 anni a cui delegare il compito di fare da portavoce delle proprie esigenze presso il commesso di sesso maschile, che lei preferisce non interpellare direttamente (non sia mai che la cosa venga equivocata!)
Le donne libiche amano divertirsi, e non è vero che vestano sempre in maniera castigata. Ho visto nei negozi, esposte su manichini veramente svergognati, abiti che non mi sarei aspettata di vedere nemmeno indosso a una delle nostre più smaliziate diciottenni.
Loro osano, sanno vestire sexy, ma solo quando sono tra donne. Ostentano femminilità e sensualità solo in contesti sessualmente neutri. Ma dov'è, dov'è, che indosseranno mai questi abiti osé?
Dov'è che si abbandonano alle più sfrenate danze e a quel loro tipico acuto gorgheggio di lingua, che io non riesco a riprodurre se non al rallenty e con due ottave in meno?
Ai matrimoni, ovvio.
I matrimoni libici tradizionali prevedono festeggiamenti lunghi una settimana, snodati in una sequenza di precise tappe che ora non saprei illustrarvi, anche perchè, magari mi si sia subito subito presentata l'occasione di parteciparvi, non l'ho colta al volo. Che occasione sciupata, direte voi. Chissà che esperienza interessante e istruttiva poteva essere.
Ma, perdonatemi, non sono ancora pronta per affrontare un matrimonio libico.
Comunque, se vi aspettate una delle nostre tavolate di parenti chiassosi in ghingheri nel ristorante più "in" di Castel Gangolfo, scordatevelo. Maschi e femmine saranno ermeticamente separati per l'intera durata dei festeggiamenti nuziali. Anche i due sposi non si incontreranno che all'atto finale della stipula e, infine si spera, della loro coniugale unione carnale.
Comunque i matrimoni non sono l'unico diversivo che si concedono le donne, in Libia.
Altra importante occasione di svago sono le interminabili visite casalinghe che si concedono a vicenda quasi giornalmente, di una durata che spazia dalle 4 alle in poi ore, senza riguardo per pasti, ore notturne o diurne, diversi programmi della persona ospitante, non sempre interpellata con preavviso sulla sua eventuale disponibilità a ricevere visite, quel giorno. A quanto pare però nessuno si scompone per quella che da noi verrebbe affrettatamente liquidata come "invadenza" o addirittura "rottura di balle" (Suster sarcastica, non si fa così, direbbe la pupa).
Insomma, le donne libiche, ragazzi, se la spassano almeno quanto e più di noi.
Come al solito è solo questione di punti di vista.
Il punto è che non si fanno intimorire dalla loro non indifferente mole di figli al seguito, pur non contemplando l'uso di passeggini, marsupi, ovetti o simili orpelli. Una coperta può bastare, ci imbacucchi il pupo e via, verso l'infinito e oltre.
Va be', perdonate l'idiozia in cui sono caduta: era ovvio che questo argomento fosse degno di essere affrontato in tutt'altra maniera, ma ciò che avevo iniziato a scrivere mi aveva profondamente depresso, e comunque credo che avrò modo più in là di presentarvi alcune delle figure femminili che più da vicino ho avuto modo di osservare, e con cui ho avuto modo di confrontarmi, perché i fatti e le persone sono più eloquenti di qualsiasi tentativo di descrivere una realtà che continuo a vedere sempre e solo come osservatrice esterna, e ciò che a me può sembrare retrogrado e puerile, può essere invece sintomo di una capacità di stare bene ed essere contenti di poco, di divertirsi con cose semplici, di non aver smesso di mettere al primo posto i rapporti personali, assai meno puerili e vani comunque della nostra ingiustificabile necessità di "divertirci" e, nel concreto, di non esser mai realmente capaci di farlo.
Memorie libiche, parte terza. Mondo femminile.
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