Fidenza: interno della Casa del Fascio
All'età di diciassette anni, un'età in cui si preferisce ancora scegliere quel che sembra giusto e non quello che è opportuno, Luigi Battioni si arruolò nella RSI e anche oggi, in cui di anni ne ha accumulati ben di più, non ha ripudiato quella scelta. Il un suo libro, pubblicato qualche mese fa, è principalmente dedicato agli anni successivi al 1945 quando visse in prima persona il processo di formazione del Movimento Sociale Italiano, ma nei primi capitoli affiorano alcune "memorie" del periodo della guerra civile, vale a dire dal 1943 al 1945.
Limitandomi a questo periodo e rimandando per il resto alla recensione ripresa sotto, troviamo nel libro alcuni squarci di "verità diverse" da quelle imbalsamate dalla storiografia locale politicamente orientata.Fu tra quelli che subirono l'assedio di ingenti forze partigiane a Salsomaggiore nel Villino Catena. Stando alla versione di Luigi Battioni ne nasce qualcosa di meno epico di quello che siamo stati indotti a credere dalle ricostruzioni di altri protagonisti. Così riporta l'episodio Luigi Battioni: "Qualche mese prima, in autunno fui inviato con un gruppo di camerati a Salsomaggiore a rinforzo del distaccamento locale. Eravamo accasermati in un albergo all'ingresso della cittadina termale, Villino Catena. Posto a mezza costa di una collinetta, in posizione isolata, non so per quali motivi sia stata scelta come sede di presidio. Divenne, infatti, più tardi, in un notte senza luna, il nostro piccolo Alcazar. l partigiani attaccarono in forze con cannoni eccessivi, i cui colpi passavano da parte a patte l'edificio, a suo tempo costruito in economia, per andare ad esplodere oltre, ed ancora mitragliatrici e fucileria varia. Non passarono. Alle luci dell 'alba, dopo aver chiesto più volta la resa, gli assedianti tornarono sui loro passi." Niente in comune con quanto declamato dalla storiografia divulgativa che così riporta l'episodio:"Concorsero a dare rilievo e risonanza al fatto d'armi l'ubicazione e l'importanza di Salsomaggiore, l'assenza di qualsiasi tentativo da parte del nemico di portar soccorso al presidio attaccato, l'audacia dimostrata dai partigiani, i quali tennero in pugno la situazione fino all'annientamento pressoché totale del presidio."
In verità le versioni dell'episodio sono molteplici e talvolta contraddittorie sul numero e la qualità dei prigionieri liberati e su quelli fatti, sulle modalità di sganciamento degli assediati ed altri particolari, l'unica cosa in qualche modo concorde è la consistenza dei mezzi impiegata dagli assedianti. Altro passo breve ma interessante è il provvisorio rientro a Fidenza ormai in mano alle formazioni partigiane e alle truppe alleate insieme ad alcuni tedeschi prigionieri scortati da militari americani : "Dopo una decina di chilometri, ancora, la strada deserta, una sola casa prima del piccolo paese dove sono nato, mi dichiarai arrivato. Scesi lentamente fra grandi sorrisi e tante pacche sulle spalle. Per un istante, peraltro lunghissimo, restai sulla strada a salutare i miei accompagnatori, i tedeschi, che avevano capito tutto, se ne stettero buoni e zitti e mi lasciarono con discreti cenni di mano. Poi mi buttai in un campo di frumento alto e maturo, a schiena bassa e passando da un campo all'altro di rigogliose spighe, mi allontanai il più possibile dal punto in cui ero sceso. Attento ad ogni rumore, acquattato fra i solchi, fermo, aspettai la notte fonda prima di muovermi, quando la gente di campagna è da tempo andata a letto e riposa dalle fatiche del giorno. Come tutto fu buio e silenzio lentamente mi sfilai dal campo, verso la via Emilia. Non sapevo dove andare eppure mi muovevo con sicurezza verso il porto sicuro."Pochi gli accenni ad altri fatti accaduti a Fidenza in quei due anni o nei giorni seguenti la "liberazione". Interessante la parte riguardante il concentramento, l'ultimo, a Como di qualche migliaio di repubblichini perfettamente armati con possibilità operative che tuttavia non vennero utilizzate.
RecensioneLuigi Battioni racconta la sua storia di volontario nella Rsi e di stretto collaboratore di Pino Romualdi negli anni della clandestinità con i Far e della fondazione del Movimento Sociale Italiano di cui è stato responsabile dell'organizzazione, prima di curare il settore giovanile.
E' un ragazzo di Fidenza (Parma) che a 17 anni dopo lo sbandamento dell'8 settembre si arruola volontario per continuare a combattere a fianco dei tedeschi, ritenendo l'armistizio firmato da Badoglio un "inaccettabile tradimento". Durante la Rsi conosce Pino Romualdi, allora segretario di Parma del Partito Fascista Repubblicano che lo chiama nelle Brigate Nere. Riuscito a sopravvivere alla furia partigiana dell'aprile-maggio '45, spacciandosi come reduce dai campi di prigionia in Germania, anche perché dato per morto con tanto di tomba al cimitero. Per più di un anno è costretto a vivere da clandestino, spostandosi di città in città fino a Roma dove incontra di nuovo Romualdi e arriva l'amnistia del giugno 1946 di cui beneficia per potersi dedicare al giornalismo e all'organizzazione del Msi. Negli anni '50 una serie di eventi lo portano ad occuparsi dell'azienda di famiglia, mantenendo pur sempre un legame con la politica.
Un racconto di vita, ricco di episodi (la visita di Churchill a Piazzale Loreto, i topi di De Gasperi a Reggio Calabria e altri), dove c'è la tragedia della guerra civile, ma anche la baldanza e il coraggio giovanile. L'ironia nell'affrontare anche situazioni drammatiche, l'odio e l'amore, l'amicizia con il giovanissimo commilitone Ughetto e quella con Anna Maria Mussolini, la figlia del Duce. E poi le difficoltà del nuovo partito voluto soprattutto da Romualdi e l'incontro con figure di primo piano del Msi e semplici attivisti, non solo Michelini,Almirante, Rauti ma anche Tedeschi, Finaldi, De Boccard, Fiorini e tantissimi altri.Una testimonianza da "dietro le quinte", ma non per questo meno importante, per conoscere e capire la storia della destra.http://www.fergen.it/pagine/memorie_senzatempo.htm