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Mendel dei libri di Stefan Zweig, il personaggio diverso

Creato il 06 marzo 2014 da Diletti Riletti @DilettieRiletti
cafe-vienna

Cosa si può dire, ragionevolmente, di un libro che si consuma in poco più di cinquanta pagine? Facile: che non è vero si consumi. Piccolo sì, ma non di passaggio, “Mendel dei libri” di Stefan Zweig è uno di quei piccoli gioielli di cui adornarsi nel corso d’una vita, e chi oserebbe mai sostenere che una gemma non abbia valore solo per le sue ridotte domensioni? Un racconto, poche pennellate eppure talmente nitide e ben tracciate da non lasciare dubbio alcuno sul valore umano, oltre che squisitamente letterario di questo testo

Jakob Mendel è un uomo, ma ancora più che un uomo è un custode, dentro di sè infatti egli contiene una infinita quantità di informazioni sui libri. Seduto al tavolino d’un bar austriaco, il caffè Gluck di Vienna, si occupa di procurare qualsiasi testo gli si chieda, e di cui beninteso egli conosce tutto, per quanto raro e difficile da reperire. Ed è perso nel suo mondo di carta ingilllita Mendel, conosce edizioni, autori, ma non capisce il mondo e i suoi mutamenti, o forse non se ne preoccupa poiché egli si sente di un diverso universo, di un posto altrove. Lo conoscono tutti quelli che hanno avuto bisogno d’un libro senza riuscire a reperirlo, lo stimano senza mai entrare in un a vera intimità con lui, se ne servono amandolo senza confidenza poiché egli è diverso: unico.

Talmente unico da dimenticare di misurarsi con la realtà: pur vivendo da 33 anni in Austria Mendel non si cura di richiederne la cittadinanza. Un russo di nascita si aggira in una città austriaca nel pieno della guerra. Non c’aveva mai pensato Jackob, non sono queste le cose di cui si interessa, sono i libri e la carta il mondo che egli osserva da dietro le sue personalissime lenti. Ma il mondo non è più lo stesso e lui non lo sa. Depauperato del suo ruolo, spogliato della sua unicità egli sarà privato, per sempre, del suo scopo e del suo essere. Può un uomo così nascondere un’indole malvagia? Ai suoi persecutori pare di sì, perché la diversità è stata sempre malsopportata fino a sfociare negli orrori che ben conosciamo e di cui si parla senza conoscerli, ma aspettandoseli, in questo libro del 1929. Parabola d’un mondo ostile che cambia questa amara novella lascia appena il tempo di qualche riflessione immediata e di infinite domande successive. Scava Zweig nella coscienza con misuratissime e scarne parole e colpisce, affonda. Chi se non Adelphi poteva possedere nel proprio catalogo questo testo? La copertina essenziale, i cui tratti rcorrenti ben conosciamo, sembra essere l’unica possibile per questa delicata e potente creatura nata dalla penna dell’ebreo Zweig.

Avere paura di ciò che non c’assomiglia è temere la vita, non proteggere e amare personaggi come Mendel significa avere smarrito la propria anima.

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Stefan Zweig

Mendel dei libri

Adelphi

1929


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