“Cheasing Hearts” mentre leggevo e rileggevo queste parole, con la colonna sonora che faceva da sottofondo ed il ritornello da cornice, ho immaginato lui e lei, papà e figlia che corrono insieme e vanno a caccia di colori, di fantasie, di tessuti…
Ho scoperto una Vanessa inedita, bambina, che si chiudeva dentro all’armadio per entrare ancora di più dentro al mondo di quel Papà che tanto la affascinava. Conosco quella sensazione e scusatemi, se adesso non trovo le parole…
“Papà. Per ogni figlio una figura di riferimento, un modello da seguire per la vita. E’ proprio lui l’unico uomo che tutte, da bambine, credevamo avremmo amato per sempre.
Per me, come per tanti, è stato colui che mi ha accompagnato per mano verso quella che sarebbe diventata una delle mie più grandi passioni, la moda. E l’ha fatto scorrazzandomi per negozi in sua compagnia, facendomi dei regali che conservo tutt’ora come amuleti. Forse l’ha semplicemente fatto per mezzo di un’eredità tramandata tramite DNA.
Da piccola, quando non c’era, mi rifugiavo in fondo al suo armadio. Mi rannicchiavo li dentro per respirare il suo profumo e sentirlo più vicino. Accarezzavo le sue giacche, sfioravo il tessuto delle sue camicie, contavo le sue cravatte. Sognavo di far diventare quello, un giorno, il mio mondo.
E’ stato lui, con le sue pazzie e le sue manie, a decifrarmi un nuovo vocabolario, a farmi amare l’abbigliamento maschile, a insegnarmi cosa fosse l’eleganza dell’Uomo! Nel tempo in cui viviamo, in un mondo in cui tutto è relativo, volubile e effimero, credo ci sia una cosa inossidabile: l’eleganza. Nel dizionario italiano elegante ha un’unica, incontestabile accezione, “piacevole alla vista per semplicità e armonia nelle forme, qualcosa che denota raffinatezza di gusto e di senso estetico”.
Nel prontuario della moda, invece, ha un sinonimo: sartoria napoletana. E’ il 1351 quando, nella Chiesa di San Egidio al Mercato, a Napoli, nasce la Confraternita dei Sartori. Inizia così la lunga storia della sartoria maschile, fatta di grandi nomi e di grandi storie, di famiglie che hanno iniziato in piccole botteghe e che ora sono a capo di grandi industrie, di cognomi che hanno perso la loro natura per diventare vere icone di stile.
Si possono stilare date e ricordare avvenimenti, ma l’eleganza partenopea non conosce tempo: prende forma quando Napoli è al culmine dello sfarzo, quando è capitale del regno delle Due Sicilie, ma la sua ascesa è irrefrenabile ancora oggi. Rimane attuale, ora come ieri, perché fatta della passione innata e dell’eccelsa artigianalità dei sarti. Lo stile napoletano, infatti, non è semplicemente il risultato di esperienza e essenzialità; è una trama di un tessuto creato dall’intreccio tra l’estro di questi grandi artisti, la loro incomparabile manualità, l’opulenza dei negozi e la raffinatezza delle stoffe. Un insieme di componenti che per mezzo di una sublime alchimia trasforma delle semplici fibre tessili in vere e proprie opere d’arte.
Il Made in Naples ha un’anima profonda, nella quale regnano passionalità, creatività e senso estetico raro. Gli stessi valori che scorrono nel sangue dei maestri di quest’arte, come Cesare Attolini, Filippo De Nicola, Isaia, Kiton e Marinella. Le stesse caratteristiche che contraddistinguono Napoli, le stesse qualità che si respirano in questa città tutta forbici, ago e filo.
Gli abiti che nascono sono morbidi, piacevoli da indossare, di una disinvolta raffinatezza non facilmente imitabile. Vogliono essere una seconda pelle, non una gabbia. Sono un guanto che si abbandona lungo il corpo, come un drappo, fatto non per coprire, ma per arricchire. Si candidano a diventare quell’accessorio in più per descrivere e confermare l’essenza dell’uomo. Addirittura per esaltarla!
Possedere uno di questi pezzi unici diventa un vezzo, un atto di tenerezza verso se stessi, quasi come volersi fare una carezza. E con la stessa cura e dedizione con cui sono stati cuciti, verranno poi trattati, completati da una camicia, incorniciati con la cravatta e la pochette e impreziositi da un paio di gemelli. Le loro stoffe tramandano un’antica storia moderna, classica, ma mai demodé.
Queste giacche raccontano un modo particolare di intendere la sartorialità, una scuola di pensiero su come interpretare l’eleganza. Raccontano una tradizione, che è soprattutto uno sfizio. Uno sfizio al fianco del quale sono cresciuta…un capriccio che da sempre, per me, fa rima con Papà!”