Il lancio dei primi due dei trenta satelliti operativi previsti dal sistema di geoposizionamento europeo “Galileo”, avvenuto il 21 ottobre scorso, ha segnato un momento importante nella storia dell’Agenzia Spaziale Europea così come nell’evoluzione degli ormai onnipresenti navigatori satellitari.
Galileo si presenta come la futura alternativa al Global Positioning System controllato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti; con la sua entrata in servizio prevista per il 2014 sarà il primo sistema di posizionamento nato esclusivamente per scopi civili e non militari; oltre al NAVSTAR GPS americano esiste infatti anche il sistema GLONASS russo, nato come il primo durante la guerra fredda e che verrà forse in futuro integrato in Galileo.
Le novità introdotte dal sistema Galileo consistono principalmente in una maggiore precisione e affidabilità dei dati, i quali saranno di qualità maggiore non solo per le zone urbane ma anche per le regioni ad alte latitudini, permettendo quindi di approfondire ad esempio gli studi sugli effetti dei cambiamenti climatici nelle regioni polari del pianeta. Il segnale trasmesso dai satelliti potrà essere inoltre autenticato e controllato grazie ad un messaggio di integrità, caratteristica che incrementa le possibili apllicazioni dei GPS nel campo della sicurezza e della tracciabilità.
Il programma Galileo contribuirà tuttavia anche a congestionare ulteriormente il traffico spaziale, costituito da più di 6000 satelliti, lanciati in orbita da quando nel 1957 lo Sputnik attraversò per la prima volta l’atmosfera terrestre. Di questi, circa 800 sono tuttora funzionanti e offrono un servizio fondamentale per la vita sulla terra, essendo utilizzati in numerosi campi: dalla meteorologia e dallo studio dei cambiamenti climatici alle telecomunicazioni, dalla navigaizione al supporto di ricerche scientifiche. Oltre alle strutture intatte, operative e non, il resto degli oggetti che popolano la nostra orbita é costituito da circa 12000 rifiuti, oggetti inutilizzati, componenti espulsi, residui di collisioni ed esplosioni. Questi sono tuttavia soltanto quelli di dimensioni abbastanza grandi da poter essere tracciati e mantenuti sotto controllo dalla US Space Surveillance Network.
Oltre che etico, il problema legato alla presenza di questi rifiuti fluttuanti ad una velocita’ di 52000 km/h nello spazio é costituito soprattutto dalle possibili, pericolose e costose, collisioni con altri satelliti, navicelle o stazioni spaziali operative orbitanti. Nonostante siano in corso alcune ricerche per trovare una metodologia per “pulire” lo spazio, ad oggi gli sforzi delle agenzie spaziali internazionali sono principalmente volti ad evitare di produrre nuovi detriti spaziali, a ridurre gli sprechi, a distruggere i rifiuti facendoli bruciare nell’atmosfera oppure atterrare in zone deserte, o negli oceani, oppure addiritura a “spostarli” su orbite più sicure e non utilizzate. Queste soluzioni non sembrano risolvere il problema a lungo termine anzi, in alcuni casi il problema, e il rifiuto stesso, viene semplicemente spostato, sulla terra o su di un’altra orbita.Quand’e’ che ci si accorgerà che lo spazio, almeno quello a nostra disposizione, non e’ infinito?
Autore: Margherita Cisani