A volte è difficile capire perché un libro non ti prende, anche se i suoi contenuti sono affini ai tuoi interessi.
In questo saggio si legge come gestire le relazioni problematiche, senza sottomettere o umiliare la controparte. Si inizia sempre da se stessi, dallo stare bene: cibo, sonno, consapevolezza… Ma se queste fasi, che sono basilari, non vengono descritte molto, si dice solo di farci attenzione, perché se la fisiologia va storta, il cervello la segue.
Belle e bibliograficamente documentate le parti dedicate alla psicologia transazionale, alla piramide di Maslow, ai meta-programmi, al linguaggio del corpo… Ma mancano esempi concreti, e quelli che ci sono… non mi acchiappano.
E poi: il rapporto costruttivo parte da una fase essenziale, che è quella empatica, quando si costruisce una relazione con l’emotività dell’altro, si creano basi comuni, gestualità condivise, addirittura si dovrebbe regolare il proprio respiro su quello dell’altro. Poi si va avanti con gli altri step.
Ma qui mi chiedo: e se io questa relazione empatica non riesco a crearla? Di solito i rapporti problematici ce li ho con persone che mi stanno sulle palle, probabilmente perché in passato hanno tenuto più e più volte degli atteggiamenti ostili nei miei confronti. Come faccio a entrare nei loro panni? Ecco questa risposta non c’è. Se la collega mi parla senza guardarmi in faccia, non c’è bisogno di leggere questo libro per capire che farebbe a meno di rivolgermi la parola, ma, materialmente, come faccio a entrare in sintonia con lei?
Infine: capisco che l’aikido possa essere utilizzato come filosofia per ogni cosa, ma qui lo vedo poco correlato. A parte le frasi di Ueshiba & C., i suggerimenti e le tecniche sono prese da varie discipline ed esperti. Non c’è bisogno di chiamare in causa l’aikido…