Enrico Baj, I funerali dell’anarchico Pinelli, 1972 – courtesy Fondazione Marconi Milano
Mercato e arte contemporanea, record in asta e investimenti in arte da buon collezionismo … IL FILO DI ARIANNA per MAE Milano Arte Expo, di Cristina Palmieri - L’ALTALENA DEL MERCATO DELL’ARTE IN TEMPO DI CRISI - Acquistare opere d’arte è un piacere antico, ma – recentemente – per molti sta diventando anche un’occupazione. Leggendo i quotidiani, come i magazine, ci si rende conto che quella che sino a pochi anni fa era una passione piuttosto di nicchia, oggi sembra essere divenuta una febbre che contagia molti, una moda a cui non ci si può – o non ci si vorrebbe – sottrarre. Intendiamoci, siamo felici che l’arte moderna e contemporanea appartengano nel presente ad un patrimonio culturale collettivo e condiviso. I musei, le Fondazioni, le Gallerie – private e pubbliche – offrono la possibilità di arricchirlo sempre più. >>
Resta pur vero che molti di coloro che si affrettano a visitare, non dico le mostre del contemporaneo più spinto, ma anche quelle che ripropongono i più grandi maestri del ’900, spesso escono con la sensazione di aver aggiunto alla propria versatile cultura un nuovo tassello. In realtà accade che talvolta non comprendano nel profondo quale sia la portata rivoluzionaria dei linguaggi espressivi che hanno caratterizzato il XX secolo; dimostrando piuttosto – nel dialogarne – di essere vittime di alcuni diffusi equivoci che stanno alla base delle renitenze che ancora, non di rado, disorientano chi non abbia diffusamente approfondito l’argomento.
Galleria Cortina arte Milano – Agenore Fabbri, Rissa IV, 1957, bronzo, cm 25
Del resto – ammettiamolo – siamo tutti un poco frastornati quando leggiamo gli incassi da capogiro dei report delle maggiori case d’asta. Persino in questi anni (che ormai sfiorano il lustro) di grave crisi le cifre sfiorano i miliardi di dollari.
Quanto possiamo affermare è che – forse proprio in virtù di questa crisi – molte persone che in precedenza non si erano accostate al mercato dell’arte, ora diventano collezionisti. In parte, non vi è dubbio, alla ricerca di nuovi “ripari” per i loro risparmi. Ed è constatabile che, seppur di molto inferiori rispetto ai capitali investiti nella finanza, i soldi che girano intorno all’arte (che sempre più attualmente tange la moda, la pubblicità, la comunicazione in senso lato) sono molti e in vertiginosa crescita.
Ma, come ci si proponeva all’apertura di questa rubrica, non ci preme essere una delle molte voci che diffondono notizie altisonanti.
Vorrei, in questo frangente, più volentieri focalizzare l’attenzione su un aspetto che da tempo, direi qualche anno, mi preoccupa del mercato meno eclatante, quello che coinvolge le gallerie ed i mercanti che invece, ahimè, lamentano la crisi, una crisi vera, reale. Certo l’appassionato “medio”, colui che amava, ogni anno, investire parte dei risparmi in opere che andassero ad allargare la propria collezione che “prendeva l’aria di casa” e diventava, molto più di altri sterili beni di lusso, parte di sé, una seconda anima con cui dialogare quotidianamente, oggi soffre economicamente. Soffre per le ragioni che a tutti sono note e che non è il caso, in questa sede, di ripercorrere e sviscerare. Acquista perciò meno.
Bruno Cassinari, Antibes, 1958 – Bruno Cassinari nel centenario della nascita a Fondazione Corrente di Milano fino al 31 ottobre 2012
Purtroppo, temo, talvolta si senta anche tradito. Tradito dai galleristi che gli hanno venduto certi autori, che, senza dubbio, hanno contribuito a scrivere la storia del Novecento italiano, ma che oggi – nella confusione che talora disorienta anche chi appartiene all’ambiente – paiono essere stati dimenticati anche da coloro che li hanno conosciuti, proposti, imposti. Ben venga perciò una mostra a Forlì sul Novecento, come l’antologica che, a Roma (Complesso del Vittoriano) celebra Guttuso, un artista che, piaccia o meno, è uno dei nostri maggiori ed indiscussi talenti. Lodevole l’iniziativa dell’ amica Nicoletta Colombo, la quale, alla Fondazione Permanente di Milano, insieme ad Annamaria Bianconi, ha curato, in occasione del Centenario della nascita, la retrospettiva dedicata a Bruno Cassinari. Importante la mostra che Stefano Cortina, nella sua galleria milanese in Via Mac Mahon, ha organizzato e dedicato ad Agenore Fabbri.
Benevengano perché ricordano a tutti coloro che hanno in casa le loro opere, che continuano ad emozionarsi di fronte ad esse, che Morlotti, Cassinari, Messina, Funi, Maccari (solo per citarne alcuni) sono stati grandi artisti e lo rimarranno. Anche se oggi si impongono e propongono altri nomi, come è anche giusto e fisiologico che sia. Ma in tutto questo deve sussistere una logica, che non può essere rigidamente deterministica ed imposta univocamente dalle tendenze del momento. Si deve ricordare anche che, perché il collezionista continui a credere nella propria passione, è necessario essere attenti nel sostenere, accanto al nuovo, chi sino a pochi anni fa ha tenuto la ribalta del mercato serio ed abita da tempo le pagine della storia dell’arte ufficiale.
Come ricordava sempre il grande Carlo Cardazzo, “… d’un pittore non è difficile vendere un quadro a venti milioni (ricordiamo che Cardazzo morì nel 1963). E’ difficile venderne cinquanta ad un milione.” Ecco cosa significa essere gallerista. Esercitare la propria forza di persuasione, credendo per primo nell’artista che si consiglia e presenta, conquistando così, con un lavoro serio e coerente nel tempo, la fiducia del pubblico.
Certo, anche negli anni Sessanta si sono accostati, sulle pareti, ai Rosai ed ai Casorati i Fontana, i Dova, i Baj. Oggi magari accanto ad un Fontana si fa spazio ad un Nereo Rotelli, ad un Pignatelli, ad un Guaitamacchi, ad un Pho. Ma ciò non significa rinnegare artisti che, ad un’attenta considerazione, hanno mantenuto le quotazioni raggiunte nel corso dei decenni, le quali testimoniano il loro valore, artistico e storico. Poco importa se negli ultimi tre o quattro anni si sia insinuata l’impressione che il mercato sia cambiato. Tutto cambia, ma nulla si perde.
Jonathan Guaitamacchi, BRITISH BLACK SINAPSI 2012, CM 150 X 330 – esposto alla Galleria GIAMPIERO BIASUTTI, Torino
Corretto, anche nel contesto delle Fiere, esporre sempre Afro, Santomaso, Vedova, Castellani, Scanavino, (indubbi geni). Non lodevole però dimenticare generazioni di artisti (da quelli appartenuti, per esempio a “Corrente”, o alla “Nuova Figurazione”) che comunque mai hanno tradito, e tradiranno, nel medio lungo periodo (cataloghi d’asta alla mano) i loro collezionisti. Il dialogare che spesso avverto fra gli addetti ai lavori, improntato al pessimismo e al timore che possa essere dimenticato tutto un universo artistico, non pare costruttivo. Non può essere così laddove il valore c’era.
Il sospetto di aver fatto un lavoro inutile umilia l’intelligenza e deprime lo spirito.
Inoltre - mi dico – il problema è piuttosto un altro. Quello di continuare a difenderlo il proprio lavoro. In fondo il mercato lo costruiscono tutti coloro che, quotidianamente, operano per l’arte e nell’arte. Soprattutto coloro che non combattono a suon di cifre milionarie, ma nel contesto più contenuto, per questo certamente più ampio e reale, delle gallerie che, sia in città che in provincia, cercano di continuare a rappresentare un punto di riferimento per chi, pur senza risorse da Rockefeller, desidera acquistare opere, nell’auspicio che, anche economicamente, non lo tradiranno. Ed allora siamo noi dell’ambiente i primi a dover continuare ad aver fiducia negli artisti che abbiamo difeso e a non farci condizionare dalle mode, che, si sa, da sempre caratterizzano le fisiologiche oscillazioni del mercato.
Cristina Palmieri
CRISTINA PALMIERI
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MAE Milano Arte Expo [email protected] ringrazia Cristina Palmieri per l’apertura della rubrica Il filo di Arianna dedicata al mercato dell’arte contemporanea e al collezionismo.
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