Crediti: NASA / Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory / Carnegie Institution of Washington
Il caldo insopportabile non concede spazio che a lande desolate, ma se ci fosse qualcosa sulla superficie del pianeta più interno al Sistema solare state pur certi che Messenger lo avrebbe fotografato. Ecco uno scatto della regione polare all’incredibile risoluzione di 5 metri per pixel quando l’orbita della sonda NASA è ormai inferiore ai 200 chilometri.
Mai visto da così vicino. L’immagine di Mercurio, acquisita lo scorso 15 marzo con lo strumento MDIS (Mercury Dual Imaging System) montato sulla sonda dell’agenzia spaziale statunitense Messenger, entra a pieno titolo fra gli scatti con maggiore risoluzione – stiamo parlando di 5 metri per pixel – della superficie del pianeta e mostra un’area di 8.3 chilometri di diametro in prossimità del polo Nord di Mercurio punteggiata di piccoli crateri e morbidi rilievi collinari.
È vero che lo scatto originale è un po’ sgranato ma è un prezzo che bisogna pagare: serve un tempo di esposizione molto breve per avere un’immagine priva di sfocature e la velocità cui Messenger sorvola la superficie del pianeta è davvero altissima.
Immagini come questa sono estremamente rare. In due anni di lavoro la missione Messenger ha raccolto una mole spaventosa di immagini, qualcosa come 150.000 scatti, ma quelle che hanno ottenuto una risoluzione migliore di 10 metri per pixel si contano sulle dita di una mano.
Fra le destinazioni più snobbate dell’intero Sistema solare, vuoi per le temperature da urlo, vuoi per la vicinanza con la nostra stella, Mercurio riserva ancora tante sorprese. Eppure, dalle origini dell’esplorazione spaziale a oggi, sono appena due le missioni ad averlo eletto obiettivo principale: quella del Mariner 10 negli anni Settanta e l’ancora operativa Messenger, entrambe a firma NASA.
Lanciata nell’agosto del 2004, la sonda Messenger (MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry, and Ranging) ha completato lo scorso 20 aprile l’orbita numero 3000. Dal 17 marzo del 2011, giorno in cui la missione ha imboccato l’orbita attorno a Mercurio, la distanza fra sonda e pianeta è andata via via diminuendo. Con grande cautela, vista l’alta superficie del pianeta, e con alti e bassi considerevoli: essendo un’orbita molto ellittica, la distanza dalla superficie ha oscillato fra i 200 km e i 15mila km. Con un periodo di rivoluzione inizialmente di 12 ore, poi sceso a 8 ore nell’aprile del 2012.
Con il 2014 il gioco è diventato ancora più interessante. Mentre il contaorbite segnava il numero 3000, infatti, anche l’altimetro stabiliva un nuovo record: 199 km dal suolo di Mercurio (una quota inferiore a quella cui viaggia la Stazione Spaziale Internazionale, tanto per capirci). Interessante soprattutto dal punto di vista scientifico: più cala la distanza, più aumenta la risoluzione. E naturalmente aumenta anche il numero di orbite quotidiane e con esso la quantità di rilevazioni topografiche utili.
Fonte: Media INAF | Scritto da Davide Coero Borga