Estendendo quanto scritto nel post precedente, una considerazione alquanto doverosa deve essere rivolta al simbolo alchemico del Mercurio. Esso rappresenta l'anima volatile, eterea che ha il compito "sim-bolico" di unire il mondo materiale rappresentato dal Sale con quello puramente spirituale, il cui corrispettivo alchemico è lo Zolfo.
Perchè proprio il mercurio è stato scelto per questo gravoso e molto particolare compito? Non è forse esso quell'argento vivo inafferrabile, quel metallo "degenere" che, privo della solidità, sembra molto più attratto dal liquido e dall'aereo, piuttosto che dalla durezza della terra? Esso è dunque un elemento già chimicamente idoneo per svolgere il suo ruolo simbolico senza eccessive riserve; pur tuttavia, Mercurio è anche una divinità greca, la cui caratteristica "funzionale", come abbiamo già detto, era quella di essere il messaggero dell'Olimpo. Un compito apparentemente semplice che però egli svolgeva con quello spirito di "libertà" che più si addice all'artista e molto meno al semplice anello di congiunzione tra due interlocutori.
Insomma, l'approccio, candidamente innocente, di Mercurio appare molto più come una naturale connotazione della sua essenzialità, che come un malizioso tentativo di scombinare volontariamente il senso dei messaggi. Con ciò, ovviamente, non nego la sua predilezione, appunto, per l'ermetico in quanto "confuso", "chiuso all'apparenza", ma nel contempo non posso non considerare che questa tendenza, lungi dall'essere innaturale, è quasi una conditio sine qua non di qualsiasi medium interposto all'interno di un processo di trasmissione del senso.
Alla stessa maniera del Mercurio-Hermes divino, il compito dell'anima, quale veicolo di congiunzione tra materia e spirito, sembra essere fortemente influenzato dall'incapacità di parlare nel contempo la lingua, propriamente detta, della ragione (il logos) e l'immagine atemporale e fortemente condensata che lo "spirito" ci offre. (Premetto che la nomenclatura è aderente a quella degli scritti alchemici ma si discosta da ciò che oggi la psicologia ha battezzato "Anima" e "Spirito").
Resta comunque la constatazione questo mediatore, nello svolgere il suo arduo compito, pone l'individuo di fronte alla congiunzione di due realtà strutturalmente e funzionalmente diverse: la prima, razionale e descrittiva e la seconda, immaginativa e "impulsiva". Ciò non può che provocare un dissesto nel processo di com-prensione, poichè se la prima attende un discorso, la seconda mostra un quadro ipercolorato e iperpopolato; così come, se la ragione tenta il dialogo con lo spirito (o Anima della psicologia analitica), si troverà di fronte ad un guazzabuglio senza logica.
Mercurio è quindi all'opera, e lo fa con estrema solerzia ogniqualvolta è chiamato al suo dovere: trasportando messaggi, ma "destrutturandoli" (anche se di fatto lo sono già) o "componendoli" in modo estremamente variegato e fantasioso. L'opus alchemica, le nozze chimiche, sono perciò simboleggiate da quel dialogo di assensi: "Sì, lo voglio", "Sì, lo voglio" che, superate le differenze attraverso un'integrazione che è primariamente completamento (il logos donato alla sposa e la ricchezza emativa restituita allo sposo), possano far giungere al superamento della necessità di Mercurio-Hermes; divinità (o elemento alchemico) che, lungi dal voler licenziare senza ragione, può finalmente trasferire i messaggi senza dover necessariamente essere accusato di continua e spregiudicata adulterazione del senso.