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Meritocrazia & Fuga dei Talenti

Creato il 17 febbraio 2011 da Fugadeitalenti

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Pubblico oggi l’intervento che ho fatto una settimana fa al convegno “Guardare al futuro con Merito“, organizzato dai Giovani Imprenditori di Unindustria Bologna. Non mi piace generalmente pubblicare discorsi o relazioni, ma in questa ho cercato di “condensare” i numeri del fenomeno della “Fuga dei Talenti”, e provare a proporre delle soluzioni. Si può quindi considerare come il sunto -per il momento- di oltre tre anni di lavoro. Mi piacerebbe ricevere le vostre impressioni al riguardo.

Due premesse:

-invito tutti a guardare online il bel video che il gruppo di lavoro sul merito, che ha promosso la conferenza, ha realizzato per introdurre l’incontro. Un video che fa dell’”onestà intellettuale” la sua -fondamentale- premessa. Da vedere.

-su temi simili, molto collegati a questo blog, segnalo anche l’interessante editoriale di Alessandro Rosina, pubblicato a fine gennaio su “La Repubblica degli Stagisti”. Cinque motivi per lasciare l’Italia… e cinque per tornare! Lettura da non perdere.

ORA IL TESTO DEL MIO INTERVENTO:

“Decine di migliaia di giovani, tra i 20 e i 40 anni, lasciano ogni anno l’Italia. Le stime ufficiali li collocano oltre i 30mila. E’ però più ragionevole situarli intorno ai 50-60mila, includendo coloro che lasciano il Paese, senza denunciarlo all’anagrafe ufficiale.

La percentuale di laureati, in questa fascia, è molto alta: c’è chi stima possa arrivare fino al 70%. Forse è inferiore, ma sicuramente in crescita: dati Istat segnalano un sostanziale raddoppio dei laureati espatriati nel corso della prima decade degli anni 2000.

Non si tratta solo di ricercatori, come cliché consumati (e di comodo) ci hanno portato a credere fino a qualche anno fa. Emigrano tutti: dal professore al manager, dal medico all’avvocato, dall’ingegnere all’architetto, fino al giornalista. Se ne va il futuro di questo Paese, se ne va chi ha idee nuove di impresa, parla bene l’inglese e le altre lingue del terzo millennio, chi sa utilizzare le nuove tecnologie, internet su tutte. Avete inteso bene, parlo delle famose tre “I”, attraverso le quali la politica aveva promesso una modernizzazione del Paese. Che fine han fatto?

Quel che è peggio, a fronte di un espatrio considerevole e in crescita, soprattutto tra le classi più produttive, l’Italia fa registrare saldi netti in perdita tra la cosiddetta “skilled population”, i laureati. Ce lo ha ricordato l’Economist, circa un mese fa. Sulla base di dati Ocse, ha mostrato come se -nel 2005- il saldo nella bilancia “laureati immigrati-emigrati” fosse positivo in Germania, Francia, e così pure in Spagna e Gran Bretagna, l’Italia risultava l’unico Paese ad avere un saldo negativo. Né va meglio con gli studenti stranieri iscritti alle università italiane: solo il 3% sul totale, contro una media Ocse al 10%.

Insomma, esportiamo risorse umane qualificate, mentre importiamo manodopera non qualificata. Dove va, un Paese così? Quale futuro può avere? Torneremo a fare i cinesi? E per competere con chi, con la Cina? O con l’India?” [...]

CONTINUA A LEGGERE LA RELAZIONE DI SERGIO NAVA IN VERSIONE .DOC

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