Dejà vu? Sì, credo sia ormai un mese che ho scritto un post affermando: I am back. E invece ecco che ho abbandonato tutto nuovamente, ma adesso, affermo e confermo: rieccomi. Rieccomi, non con la nostalgia di chi è stato in qualche modo forzato a trasferirsi Down Under, ma con la positività (vediamo quanto dura!) di chi legge articoli sui quotidiani italiani che ritengono l’Australia IL posto, e Sydney LA città – dopo Melbourne – del momento. E allora, basta lacrime e benvenuto sorriso, di chi deve ritenersi fortunato (mho!). Comunque, settimana scorsa ho visitato un altro evento di design cittadino, una sorta di Macef, anzi meglio direi, tipo Maison Object, ma più piccino e locale, dove ho scoperto tanti, alcuni, piccoli talenti australiani. Inizio con questo progetto sustainable, un’idea semplice ma efficace, sia dal punto di vista estetico che da quello dell’up-cycling. L’artista-designer è Ruth Allen (www.ruthallen.com.au) e il progetto si intitola Sustainable Stubbies. Avete presente quante bottiglie, di vetro, vengono gettate al giorno? Un numero infinito con tanti zeri, e allora perchè non pensare di riutilizzarle e reinventarle? Sì, lo so che esiste la raccolta differenziata, pure qui, ovviamente, ma chissà dove vanno a finire, invece questo di Ruth è un progetto immediato, hands on (a quarant’anni e passa dopo aver lavorato con maestri soffiatori veneziani, aver esposto i suoi pezzi d’arte in tutto il mondo, quest’artista australiana si è trovata a dover sbancare il lunario) . E così grazie a passa parola e connection con i bar e i ristoranti della zona – vive a Melbourne – ha iniziato a raccogliere vuoti di birra, e qui se ne consumano parecchie, di bottiglie di birra, e a lavorarle. Il processo si compone di vari passaggi, ma alla fine il risultato è un piccolo tesoro, unico e irripetibile. Allora, prima si toglie l’etichetta, poi si taglia il collo – se si sta disegnando un bicchiere – con un diamante, altrimenti si forma-deforma anche il collo della bottiglia, poi si rilava e quindi si inseriscono le bottiglie in un forno ad altissima temperatura (circa seicento°), e quindi, finalmente, quando il vetro è morbido e malleabile entra in gioco l’abilità e la sensibilità artistica da maestra vetraia di Ruth. Che con attenzione lavora il vetro, modella i becchi, incide i lati, ma facendo assolutamente attenzione a mantenere scritte, forme o segni caratteristici dei contenitori originali. A questo punto il gioco è fatto, le nuove collezioni – di tumbler, bicchieri da tavola, vasi, caraffe, contenitori – sono pronte a ritornare nelle case e sulle tavole di chi magari prima aveva gustato un’Orangina o un bicchiere di vino speciale. Da un gesto delicato nasce una collezione di un oggetti semplici e quotidiani, manipolati con un twist e un messaggio: di eco-sustainability nella o dalla o conlla bottiglia! Per seguire una tendenza sempre più forte, quella del reclaimed.