Dopo la recente manovra, si legge ancora sulla Chiesa, su Libero (vi prego di notare il leggero paragone tra la Chiesa e le bande criminali...), o su Micromega e Il Fatto Quotidiano.
Lontano dalle campagne mediatiche che si sono scatenate (lontano, perché sovente sono troppo facili, troppo semplicistiche e banali, quando non sono addirittura false), penso che sia legittimo richiedere che ognuno faccia la sua parte e che si paghino le tasse, cioè che si rispettino le leggi.
E allora?
Allora vorrei che tutti fossero bene informati, leggendo non solo gli attacchi alla Chiesa, ma anche qualche risposta (su La bussola quotidiana) per valutare meglio, e si informasse con le leggi alla mano, per capire cosa è necessario fare e chi può farlo: cioè a chi imputare le colpe, perché mi vien difficile immaginare che se c'è una legge, la Chiesa possa cambiarla di sua spontanea volontà...
Andrea Sarubbi ne parla molto bene, distinguendo "la storia", cioè come sono andati i fatti e chi fu a togliere la tassa sui beni della Chiesa e chi li rimise (Prodi, per informazione), e qual è la situazione attuale. La "vulgata", cioè ciò che si crede, proponendo infine qualche "proposta" che faccio mia (e che è simile a quello che scrive il Fatto): che si facciano i controlli per vedere se davvero i luoghi su cui non si paga l'Ici sono a norma di legge: ogni Comune ha i mezzi e gli strumenti per farlo e l'autorità per farsi pagare, e si consideri se è il caso di lasciare la legge così o se cambiarla, tenendo conto che non è solo la Chiesa Cattolica a beneficiare di esenzioni, ma tante altre organizzazioni...
"La storia. Due legislature fa, Berlusconi riforma l’Ici in maniera favorevole alla Chiesa; i radicali denunciano il fatto alla Commissione europea e il governo Prodi, entrato in carica nel frattempo, si impegna a modificare la disciplina. Ad agosto 2006, l’allora ministro Bersani limita l’esenzione alle attività “non esclusivamente commerciali”. I radicali non sono ancora soddisfatti e fanno ricorso alla Corte di giustizia del Lussemburgo, che a sua volta impone alla Commissione europea di verificare se questa legge è contraria alle direttive comunitarie sulla concorrenza: il limite fissato è giugno 2012. Ad oggi, la Commissione non ha ancora espresso il parere definitivo.
La vulgata. Versione popolare: “Mentre un proprietario di appartamento paga l’Ici, la Chiesa – che ha diverse proprietà date in affitto – non lo paga; dunque, bisogna cambiare la legge”. Risposta di Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, nell’editoriale di oggi: non è vero, perché “gli immobili di proprietà di enti religiosi dati in affitto sono assoggettati all’Ici e alle altre forme di tassazione come qualunque altro immobile dato in affitto”; se poi nel concreto ci fosse qualcuno inadempiente, “violerebbe la legge e meriterebbe di essere sanzionato: i Comuni hanno i mezzi per farlo”. Traduco: se un ex seminario è diventato nel frattempo un albergo, e non sta pagando l’Ici, il Comune vada a fare un’ispezione e lo smascheri. Ma non è un problema di inadeguatezza della legge attuale, dice Avvenire.
La platea. Sempre Avvenire ricorda oggi un particolare rimasto fuori dalla polemica: che “le esenzioni previste per le attività solidali e culturali svolte senza l’obiettivo di guadagnarci riguardano non solo la Chiesa cattolica, ma ogni altra religione che abbia intese con lo Stato italiano e ogni altra attività non profit di qualunque ispirazione, laica o religiosa”. Riguardano dunque l’Arci, i patronati, i sindacati, le associazioni sportive di base e così via. Il confine sta nel concetto di non profit: un bar interno a un oratorio o a un circolo dell’Arcigay è un’attività commerciale o no? Nessuno dei due, al momento attuale, paga l’Ici, così come non lo paga il bar all’interno alla società Arvalia Villa Pamphili, che con il rugby toglie i ragazzi dalle strade di Corviale. Tutti questi bar vendono bibite e merendine, come l’esercizio aperto dall’altro lato della strada. Ma fanno attività commerciale o no? Non esclusivamente, e quindi – secondo la legge attuale – sono esenti dall’Ici. È un favore alla Chiesa? Non direi: è un favore al non profit, in generale.
La soluzione. La prima soluzione, in attesa della pronuncia dell’Unione europea, si chiama controllo: se c’è un albergo a 5 stelle mascherato da ente non profit grazie alla presenza di una cappellina, il Comune ha tutti gli strumenti per verificarlo e sanzionarlo. La seconda, nel caso in cui l’Europa dovesse dire che si tratta di violazione della concorrenza, potrebbe essere quella di scorporare le attività: l’oratorio o la parrocchia non paga, il bar interno o una parte della canonica – quella adibita ad abitazione – sì; e lo stesso vale anche per l’Arcigay, la società di rugby e cosi via. Se servisse a rasserenare gli animi, sarebbe un guadagno per la stessa Chiesa. Queste crociate al contrario, invece, non aiutano proprio nessuno."